Se i musulmani chiedono le chiese vuote dell'Europa...
L'imbarazzante proposta di un’organizzazione islamica che ha chiesto alla Chiesa francese di pregare nelle chiese non utilizzate. E se i cristiani in Egitto e Algeria chiedessero l’uso delle moschee la domenica?
Venerdì 11 marzo 2011, con un comunicato, il Collettivo « Banlieuses Respect » ha chiesto alle strutture responsabili dell’organizzazione della Chiesa di Francia “la messa a disposizione delle chiese vuote per le preghiere del venerdì” dei musulmani. Hassan Ben M.Barek, portavoce del Collettivo, ha dichiarato che questa misura permetterebbe “di evitare che i musulmani preghino per strada” e non siano “ostaggi dei politici”. In effetti, da vari anni, ogni venerdì, a fianco delle dozzine di moschee francesi, i musulmani bloccano le strade circostanti per una o due ore, stendono tappeti e stuoie per terra, per pregare. In molti casi, le autorità locali chiudono gli occhi su questa infrazione, e in alcuni casi la polizia è là per garantire la sicurezza proprio di quelli che bloccano le strade.
Questa situazione si allarga sempre di più in Francia (per esempio a Lione, Marsiglia, Montpellier. Montreuil, Nizza, Parigi, Puteaux, Strasburgo, Torcy…). Una situazione che si ritrova in tutto il mondo (Atene,Bruxelles, Birmingham, Cordova, Mosca New York…) e anche in Italia (Albenga, Canicattì, Como, Gallarate, Milano, Modena, Moncalieri, Napoli, Roma…). Nel mondo musulmano questo fenomeno è ben presente, specialmente in Egitto. Il 10 dicembre, a Lione, Marine Le Pen (Fronte Nazionale) aveva denunciato le “preghiere di strada” dei musulmani, il che ha comportato reazioni negative verso la comunità musulmana di Francia.
Farei tre osservazioni:
- la prima sulla causa di questa richiesta, cioè la mancanza di spazio nelle moschee;
- la seconda su una delle conseguenze di questa mancanza di posto, cioè il fatto di bloccare le strade vicine alle moschee;
- la terza sulla soluzione proposta per risolvere questo problema, cioè “la messa a disposizione delle chiese vuote per le preghiere del venerdì”.
Mancanza di spazio nelle moschee
Ci sono a Parigi circa 75 luoghi di culto musulmani, di cui si può trovare il dettaglio in ciascuno dei 20 arrondissements . Moahmmed Moussaoui, presidente del Conseil francais du culte musulman (Cfcm) professore di matematica all’università di Avignone dal giugno 2008, in un intervento molto moderato e riflessivo fatto il 15 dicembre 2009 su Europe 1 afferma che se si calcola il numero dei musulmani in Francia a cinque milioni (altri dicono quattro milioni) e supponendo che il 17% di essi vadano alla moschea il venerdì, ci sarebbero circa 850mila persone. Calcolando che per ogni persona ci vorrebbe un metro per due, sarebbe necessaria una capacità dei luoghi di culto musulmani di 850mila metri quadrati. Attualmente sono circa 250mila. Ci vorrebbe dunque tre volte in più di spazio nelle moschee. Le cifre sono evidentemente fluttuanti. E’ praticamente impossibile stimare il numero dei musulmani in Francia, dal momento che nessun documento francese indica la religione. Quanto alla proporzione dei praticanti, è ancora più difficile da valutare. D’altra parte, è inusuale che le donne musulmane vadano alla moschea per pregare; quelle che vogliono pregare lo fanno più volentieri a casa, il che riduce la superficie necessaria per i luoghi di culto.
Un anno più tardi in un’altra intervista dello stesso Mossaoui, datata 22 dicembre 2010, si può leggere: “uno studi sulla superficie cultuale musulmana afferma che 300mila metri quadrati sono attualmente disponibili in Francia. Ce ne vorrebbe il doppio, secondo il Cfcm. Oggi, 150 progetti sarebbero in corso di costruzione su tutto il territorio”. Il che costituisce “un innegabile recupero” per Massaoui.
Anche supponendo che ci voglia il doppio dello spazio, sta alla comunità musulmana risolvere il problema. Lo Stato o la Chiesa non c’entrano. Lo stesso Mossaoui ha affermato, nell’intervista televisiva del dicembre 2009, che non è lo Stato francese che deve finanziare le moschee, ma i fedeli musulmani con l’aiuto di finanziamenti che vengono dall’estero. D’altronde, se non si vogliono alimentare le reazioni negative verso la comunità musulmana, bisognerebbe riconsiderare la pratica piuttosto generalizzata dei sindaci di concedere dei terreni in enfiteusi (il più sovente per un euro all’anno) per la costruzione delle moschee. L’ordinanza del 21 aprile 2006 ha permesso tali concessioni “in vista dell’attribuzione a un’associazione di culto di un edificio di culto aperto al pubblico”. In molti casi il tribunale amministrativo ha stimato che queste pratiche “sono assimilabili a una sovvenzione mascherata”, il che è contrario alla legge del 1905.
Bloccare le strade vicine alle moschee per pregare
Come abbiamo detto, questo uso è frequente nei Paesi musulmani. In effetti la crescita demografica, come anche un rinnovato fervore religioso, hanno fatto sì che le moschee e i luoghi di preghiera esistenti non siano più sufficienti a contenere tutti i fedeli il venerdì a mezzogiorno. Dato che ci si trova in Paesi musulmani e che la separazione fra religione e politica è praticamente inesistente, i fedeli hanno preso l’abitudine di occupare i marciapiedi e le strade vicine alle mosche, di deviare il traffico.
Da una buona decina di anni questo fenomeno si sviluppa anche in Europa, anche se è perfettamente illegale, dal momento che la strada appartiene a tutti i passanti come agli automobilisti. Questa situazione è riconosciuta come totalmente inaccettabile da tutte le persone ragionevoli, indipendentemente dal principio di laicità. Lo diventa ancora di più se si tiene conto del fatto questa eccezioni non ha più nulla di eccezionale, dal momento che si ripete ogni venerdì. E dal momento che non si applica che a una religione precisa, l’islam, l’impressione di molti è che si tratti di una “invasione” di territorio, di una specie di “conquista” del territorio nazionale da parte dei “musulmani”. Non ci sono motivi per giustificare queste occupazioni.
Al contrario, se un gruppo di cittadini (musulmani, cristiani o di altra religione) chiedesse in forma eccezionale l’occupazione di una strada per un tempo limitato, per una festa o una cerimonia, questo non poserebbe problemi. Mi sembra che la situazione attuale non faccia che rinforzare la reazione di islamofobia, e la giustifichi. E questo mi sembra un punto fondamentale. E’ diventato banale parlare, a torto e a ragione, di “islamofobia”. Ci possono essere certo delle motivazioni più o meno razziste, il che è totalmente inammissibile, anche se accade ovunque. Ma se delle persone, in nome del loro gruppo di appartenenza si comportano in maniera contraria alle leggi e alle norme, o semplicemente agli usi e ai costumi, queste persone sono responsabili della reazioni di rigetto che hanno provocato. Nella fattispecie, i musulmani sono in parte responsabili dell’islamofobia che tende ad allargarsi in tutta l’Europa. E sta ai musulmani stessi protestare contro coloro che prestano il fianco queste reazioni e educare i loro correligionari.
D’altronde, il fatto che il fenomeno della preghiera per strada sia nato e si mantenga soprattutto nei Paesi musulmani, significa che il problema non è proprio dell’occidente, ma dell’islam. Mi spiego: molti giustificano questo comportamento aberrante (l’occupazione di un luogo pubblico da parte di un certo gruppo) col fatto che non c’è posto per questo gruppo. Questo lascia capire che questo gruppo(in questo caso i musulmani) è maltrattato o discriminato. Non è così, perché nei paesi musulmani la situazione è identica, e anche più diffusa. La spiegazione è che il “sistema della preghiera musulmana” non è stato ripensato per la città moderna. Se si applicasse questo sistema ai cristiani, per esempio, le strade sarebbero completamente bloccate. Se tutti i cristiani dovessero obbligatoriamente riunirsi domenica a mezzogiorno, è sicuro che nessuna chiesa potrebbe contenerli. Era questo anticamente un problema, e lo è ancora per la Chiesa copta. Non c’è che una sola celebrazione della messa per chiesa, la domenica, che raccoglie tutta la comunità.
Da qui la necessità di costruire due luoghi di culto sovrapposti (nella Chiesa copta) o di accettare di avere un gran numero di messe per chiesa. Inoltre, durante il Concilio Vaticano II, la Chiesa cattolica ha autorizzato di anticipare la messa domenicale al sabato sera, contrariamente a tutta la Tradizione, per permettere al più grande numero di fedeli di partecipare all’eucaristia. E’ un problema interno alla comunità, che, se è viva, deve trovare delle soluzioni per adattarsi al mondo, e non chiedere al mondo di adattarsi a lei! Infine, nelle decine di video che mostrano musulmani in preghiera per strada, che si possono vedere su Youtube, per esempio, non ho mai visto donne in preghiera. Delle due l’una: o è perché non è conveniente, e allora è altrettanto sconveniente per un uomo; o perché non è un obbligo, pregare venerdì nella moschea, e allora questo vale per tutti. A meno che non sia perché la preghiera pubblica è “una questione per uomini”, probabilmente perché ha, in questo caso, un aspetto “politico”. Messa a disposizione delle chiese vuote per la preghiera del venerdì La proposta del Collettivo dell’11 marzo scorso, che chiede alla Chiesa di Francia la “messa a disposizione delle chiese vuote per la preghiera del venerdì” dei musulmani, è sorprendente. Queste “chiese vuote” sono luoghi consacrati e non verrebbe in mente a un cristiano di utilizzarli per qualche cosa che non siano le funzioni sacre, o per la musica sacra – un’eccezione sempre possibile. Sarebbe impensabile di utilizzarle per celebrare un culto non cristiano. D’altronde, una chiesa che servisse da moschea dovrebbe necessariamente essere ri-arredata per le necessità della preghiera musulmana. Bisognerebbe sopprimere molti elemento tipicamente cristiani e aggiungerne altri tipicamente musulmani. E soprattutto queste “chiese vuote” non sono destinate a restare vuote, ma al contrario a essere occupate non appena possibile da una comunità cristiana o da una comunità monastica, come accade sempre di più ovunque in Europa. Ora sembra difficile che un tale locale, una volta trasformato più o meno in moschea, possa essere “ripreso” e trasformato di nuovo in chiesa. Sarebbe allora un gran danno per la comunità musulmana e rischierebbe di creare molta amarezza e conflitti interreligiosi. I cristiani sarebbero allora accusati di essere islamofobi, revanscisti, irrispettosi della sensibilità musulmana, poco fraterni verso di loro, ecc. Infine, per un istante immaginiamo il contrario. Se in un Paese musulmano (l’Egitto o l’Algeria, per esempio) i cristiani autoctoni (in Egitto) o emigrati (in Algeria) chiedessero ai musulmani di cedere loro una moschea, dal momento che ne hanno tante, o di prestarla per la domenica, o solamente per le grandi feste: Natale, l’Epifania, l’inizio di Quaresima, Pasqua, la Pentecoste e l’Assunzione, quale sarebbe la reazione dei musulmani? In conclusione, mi sembra importante che si stabilisca in Francia e in Europa un nuovo rapporto fra la comunità musulmana e la popolazione europea, un rapporto basato sulla cooperazione, l’amicizia e la stima reciproca. Esistono dalle due parti delle frange estremiste, che bisogna aiutare a de-fanatizzarsi. I musulmani francesi rappresentano meno del 10% della popolazione; altrove in Europa la proporzione è minore. L’islam pone un problema all’Europa, dal momento che non è vissuto semplicemente come una religione, ma anche come una cultura che penetra in tutti i settori della vita quotidiana. Di conseguenza, ci può essere un conflitto di culture. L’Europa ha lavorato, per secoli, a separare religione e società, e tutto è segnato da una cultura cristiana secolarizzata. Penso che la comunità musulmana debba fare uno sforzo serio per accettare che il fenomeno religioso resti, per quanto è possibile, un affare privato. Più l’islam andrà in questa direzione, meno opposizioni troverà. Il che non significa affatto essere meno musulmani, ma, ben al contrario, essere in maniera diversa, più interiore. Chiedere alla Chiesa di mettere a disposizione dei musulmani le chiese attualmente non utilizzate è mettere la Chiesa cattolica in un grande imbarazzo, nel momento stesso in cui lo sforzo dei credenti è quello di ri-evangelizzare quelli che si sono allontanati dalla pratica cristiana. Chiedere allo Stato e alla popolazione delle sovvenzioni sotto la forma dell’enfiteusi, è mettere in imbarazzo lo Stato e la popolazione che vi vedrà necessariamente un sotterfugio. E’ meglio contare sulle proprie forze, e sulla solidarietà dei credenti musulmani (senza però che questo aiuto venuto dall’estero non sia sottoposto ad alcune condizioni). Secondo il presidente del Cfcm ci sarebbero attualmente circa 150 luoghi di culto in costruzione. Bisogna insistere affinché le municipalità non pongano ostacoli ideologici alla costruzione delle moschee, se si adattano alle norme urbanistiche. A mio parere, affinché i musulmani e l’islam non siano vissuti come un corpo estraneo, il grosso sforzo da fare è nella formazione di imam francesi, che siano perfettamente integrati nella cultura e nella mentalità francese, (o più largamente europea). Fino a che l’islam sarà culturalmente “arabo”, finché i musulmani avranno il sentimento che per essere un vero musulmano bisogna riavvicinarsi alla cultura araba originaria, ci sarà malessere. Questa è, secondo me, la vocazione dei musulmani europei: creare un’interpretazione occidentale (francese, europea…) dell’islam, che armonizzi la fede e la spiritualità musulmane con la modernità occidentale, e cioè con la laicità e i diritti dell’uomo. Sono convinto che questo sia possibile, - ed è già in cammino – ma questo presuppone uno sforzo da parte di tutti per giungere a destinazione, e soprattutto il desiderio di volere un islam così concepito. Infine, come suggerivo al punto 3, bisogna forse chiedersi come mantenere il principio della “preghiera di comunità” (salât al-jumu’ah) ripensandone però le modalità per tenere conto delle realtà pratiche e culturali. In altri termini, se c’è conflitto di interessi, bisogna prima di tutto cercare l’obiettivo voluto nella Legge (maqâsid al-shari’ah) piuttosto che nella lettera della shari’ah.
Conclusione
tratto da AsiaNews 15 marzo 2011