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SONDAGGIO

Se gli italiani dicono no ai matrimoni gay

L’Europa lo pretende e il popolo italiano non vede l’ora. Dopo la vittoria dei si al referendum irlandese sui matrimoni gay, pure in Italia le solite fanfare si sono levate a musicare il gaio gingle: ora tocca a noi. Tutte balle, messe i giro dal solito social club gay firiendly della sinistra neo gender e dei diritti extra e tran-sessuali.

Editoriali 31_05_2015
Agli italiani non piace il matrimonio gay

L’Europa lo pretende ei l popolo italiano non vede l’ora. Dopo la vittoria dei si al referendum irlandese sulla legalizzazione dei matrimoni gay, pure in Italia le solite fanfare si sono levate a musicare il gaio gingle: ora tocca a noi. Tutte balle, messe i giro dal solito social club gay firiendly della sinistra neo gender e dei diritti extra e tran-sessuali. L’Europa potrebbe anche chiederlo (ci prova), ma il popolo, almeno quello, non pare proprio pronto a  issare l’arcobaleno sui municipi italiani. Lo rivela un sondaggio effettuato dalla Lorien Consulting, pubblicato da Italia Oggi e ripreso (unico giornale a farlo) dal settimanale Tempi. Che dice due cose per niente irlandesi: la maggioranza degli italiani è d’accordo a definire «matrimonio solo l’unione tra un uomo e una donna» e la stragrande maggioranza è contraria alla possibilità di adozione da parte delle coppie omosessuali.

Il sondaggio della Lorien è stato condotto qualche ora dopo dopo l’esito del voto irlandese, dunque il no all’equiparazione è ancora più significativo perché esercitato controcorrente e a dispetto dell’onda di ritorno mediatica e politica. Le cifre: il 51 per cento giudica negativamente i matrimoni gay, mentre solo il 38 per cento li approva. Tra gli elettori che si auto-definiscono politicamente “moderati” (circa il 69 per cento dei cittadini) la quota dei favorevoli cresce fino al 43 per cento. I sondaggisti tengono a precisare che la stragrande maggioranza degli italiani (76 per cento) ritiene «che si possa definire matrimonio solo l'unione di uomo e donna e che la difesa di questo istituto non significhi essere contro i gay». I favorevoli al matrimonio gay sono invece solo il 40 per cento, percentuale comunque in notevole calo oltretutto (meno 10 per cento) rispetto a un analogo sondaggio effettuato nel marzo scorso. Si possono invece equiparare i diritti delle unioni civili a quelli del matrimonio (56 per cento sul totale degli italiani e 60 per cento per i soli moderati), pur mantenendo due istituti giuridici separati. Esclusa, invece, la possibilità di adozioni da parte delle coppie gay: solo il 24 per cento di favorevoli sul totale e il 18 per cento tra i cattolici praticanti.

Dunque, qualche osservazione conviene farla. Primo: non esiste, se non nella fantasia dei media e delle potenti associazioni gay e Lgbt, un’onda arcobaleno che sta spingendo anche la stragrande maggioranza dei cittadini a chiedere interventi legislativi che introducano i diritto alla parità delle unioni omosessuali al matrimonio tradizionale. Le cifre dicono che queste battaglie non hanno il reale sostegno nella società civile: appartengono a una minoranza chiassosa e a un pugno di sindaci di sinistra a caccia di consensi. Raschiare il barile Lgbt è l’ultima chance per una classe politica e amministrativa (De Magistris a Napoli, Pisapia a Milano e Marino a Roma, tanto per citarne qualcuno) che ha fallito sul piano della buona gestione e del governo delle città. Secondo: il fatto che la maggioranza del campione si sia detta favorevole al riconoscimento dei diritti delle unioni gay, evidentemente indica una cultura non omofoba e di tolleranza sessuale, e forse ignora che la parità è già ampiamente garantita (salvo qualche aggiustamento) dalle leggi già vigenti. Le presunte emergenze omofobiche, quindi, sono quanto di più falso e fantasmatico la sinistra abbia inventato: una messa in scena a soli scopi di bassa macelleria politica. Come la legge Scalfarotto, perseguita solo per estinguere i conti elettorali con le associazioni gay e Lgbt e abolire per legge la libertà di pensiero e di parola, soprattutto quelle dei cattolici. 

Terzo, il tema del riconoscimento dei matrimoni gay non è solo una problema di coppia, apre invece il grande baratro del riconoscimento politico, legislativo e civile dell’indifferenza sessuale. Di conseguenza, della produzione e della manipolazione seriale della vita, della tecno-rapina degli ovuli per la fecondazione, del diritto alla maternità e alla paternità anche in assenza di madri e padri, alla scelta del sesso secondo i desideri e i voleri mai definiti ma continuamente cangianti. Insomma, qui non c’è in ballo solo una distorta concezione della libertà e del diritto a farsi i matrimoni propri (pure un quotidiano come il Foglio pare intellettualmente divertito dall’idea di un referendum all’irlandese), ma di che razza di vita (e di morte) ci stiamo preparando. Eterofobia, unioni gay, fecondazione, mercato degli ovuli e dei gameti, cambio di sesso quando il desiderio urge e il pensiero gender stimola: il catalogo è questo. Per fortuna, pare, gli italiani pare non sono totalmente d’accordo. Qualcuno li prederà sul serio?