Se Biden, già impopolare, subisce pure un impeachment
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Con un voto di 221 a 212, la Camera ha votato per autorizzare ufficialmente l’inchiesta per l’impeachment del presidente Joe Biden. Sospetti che abbia partecipato agli affari del figlio Hunter Biden.
Con un voto di 221 a 212, la Camera ha votato per autorizzare ufficialmente l’inchiesta per l’impeachment del presidente Joe Biden. I numeri dimostrano come la Camera si sia divisa esattamente sulle linee dei partiti, non ci sono Democratici dissidenti che hanno votato a favore dell’indagine sul loro presidente (ma nemmeno Repubblicani che hanno votato contro). L’indagine proseguirà, dunque, su due filoni paralleli: capire quanto il presidente abbia politicizzato le agenzie federali (fra cui l’Fbi) per colpire i suoi avversari e capire quanto fosse invischiato negli affari sospetti del figlio Hunter Biden. Della prima indagine si occuperà la Commissione Giustizia della Camera e della seconda (su Hunter Biden) la Commissione di Sorveglianza.
Secondo i Democratici, chi propone l’impeachment non ha prove consistenti e pensa solo alla vendetta: Trump è l’unico presidente della storia americana che ha subito due impeachment, di cui uno dopo la fine del suo mandato. Ora incriminare Joe Biden sarebbe un modo di pareggiare i conti, prima delle elezioni presidenziali. Ma, a dire il vero, c’è qualcosa di più di un mero sentimento di vendetta.
Hunter Biden è un vero problema per il padre. Dopo che ha rifiutato il patteggiamento, è stato incriminato per presunta evasione fiscale e per il sospetto che abbia mentito sul suo uso di stupefacenti per poter acquistare un’arma. Evasione e possesso illegale di armi sono reati che i liberal spesso rimproverano ai conservatori: un bel contrappasso. Ma non è per questi reati, su cui deve essere ancora processato, che si vuole aprire un’indagine. Bensì per la sua attività illecita di lobbying, in veste di amministratore delegato di aziende straniere, fra cui Burisma, in Ucraina. E non solo: avrebbe fatto affari anche con aziende di Stato cinesi.
Il padre ha sempre detto di non aver mai messo il naso nelle attività del figlio. Ma i testimoni chiamati in audizione dalla Commissione di Sorveglianza alla Camera, fra cui due “gola profonda” dell’Agenzia delle Entrate, hanno invece dichiarato che l’attuale presidente, allora vicepresidente dell’amministrazione Obama, fosse direttamente coinvolto. Anzi: proprio il suo peso politico sarebbe stato alla base degli affari del figlio, che lo usava come garanzia per i suoi interlocutori.
Il figlio del presidente ha rifiutato di testimoniare al Congresso. In compenso, il giorno stesso, 13 novembre, ha organizzato una conferenza stampa di fronte al Campidoglio. «Sono qui oggi per assicurarmi che le indagini illegittime della commissione della Camera sulla mia famiglia non procedano su distorsioni, prove manipolate e bugie - ha dichiarato Hunter Biden - Permettetemi di affermare il più chiaramente possibile: Mio padre non era finanziariamente coinvolto nella mia attività».
Proprio le sue parole, però, hanno destato i sospetti degli osservatori più attenti. Biden (padre) aveva usato formule molto più decise per negare un coinvolgimento, rispetto a quel “non finanziariamente coinvolto”. Il quotidiano New York Post, il primo ad aver scavato nel caso Hunter Biden (e ad aver pagato con una censura massiccia su Twitter) rileva l’ambiguità di questo linguaggio: «È una frase accuratamente composta in linguaggio legalistico, che sembra essere stata scritta e riscritta fino allo sfinimento in uno stato maggiore della campagna elettorale prima di essere gettata nel brodo di autocommiserazione di Hunter. Anche Joe Biden ha passato anni a dire: “Non ho mai discusso con mio figlio o con mio fratello o con chiunque altro qualcosa che avesse a che fare con i loro affari, punto e basta” al comunicato di quest’estate della Casa Bianca: “Il presidente non ha mai fatto affari con suo figlio” - e ora a quest'ultima trasmutazione: Joe “non era finanziariamente coinvolto negli affari di [Hunter]”».
Coscienza sporca? Di sicuro non è un periodo facile per il presidente in carica, giunto ai minimi storici di consensi. Un sondaggio commissionato da Wall Street Journal lo dà indietro di 4 punti rispetto a Trump, se dovesse di nuovo correre contro di lui alle prossime presidenziali. Se dovesse anche subire un impeachment, crollerebbe anche la sua presunta superiorità morale rispetto all’avversario.