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TRA CHIESA E SOCIETA'

Se anche il cardinale dimentica il matrimonio

Bisogna farsene una ragione: la famiglia - quella vera, quella naturale fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna e aperta ai figli – è stata abbandonata da tutti. Dove sta la nostra speranza allora?

Editoriali 27_09_2017

Bisogna farsene una ragione: la famiglia - quella vera, quella naturale fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna e aperta ai figli – è stata abbandonata da tutti. Sulla Conferenza nazionale della famiglia, che si apre domani, riferiamo a parte: basti dire che si tratta di una farsa che sancisce il totale disinteresse della politica per la cellula fondamentale della società. Resta qualche parlamentare in ordine sparso a tenere la posizione, ma è chiaro che con la legge Cirinnà la famiglia – dal punto di vista dello Stato – è già il passato.

Ma ormai anche gli uomini di Chiesa hanno rinunciato a difendere la famiglia. Non solo abbiamo ancora presente come la segreteria della CEI (Conferenza episcopale italiana) e la Santa Sede abbiano snobbato, anzi ostacolato, i Family Day; ma si continua a fare di tutto per smantellare la famiglia naturale, diluendola in formule sempre più vaghe per farci rientrare di tutto. Ormai non si contano più vescovi, teologi e intellettuali cattolici che fanno a gara a “valorizzare” le unioni omosessuali. Del resto è stato un cavallo di battaglia anche di Avvenire ai tempi del dibattito sulla legge Cirinnà: le unioni omosessuali incrementano quella solidarietà di cui la nostra società ha tanto bisogno, ci insegnava il direttore del quotidiano della CEI. Nella prassi pastorale poi, anche le convivenze sono diventate un valore.

Se poi leggiamo la lunghissima intervista rilasciata ieri alla testata americana Crux da monsignor Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la Vita e Gran cancelliere dell’Istituto Giovanni Paolo II, ora diventato “teologico” e ribattezzato “per le Scienze del Matrimonio e della Famiglia”, si capisce che anche per le coppie divorziate e risposate ormai non c’è più alcun problema. Tutto è famiglia, così niente più è famiglia. E monsignor Paglia ha anche la faccia tosta di attribuire a san Giovanni Paolo II l’inizio di questa rivoluzione, di cui papa Francesco sarebbe il miglior interprete.

Vale allora la pena ricordare ancora una volta che la difesa e la promozione della famiglia naturale, secondo il progetto di Dio, era la preoccupazione più seria che san Giovanni Paolo II aveva, consapevole com’era che intorno alla famiglia si gioca la battaglia decisiva per l’umanità, una battaglia in cui sono impegnate le potenze celesti. E questione centrale è proprio la definizione di famiglia: per questo san Giovanni Paolo II urlava a gran voce contro il tentativo, nei documenti internazionali, di usare il termine “famiglie” invece di “famiglia”; per questo tanta importanza al matrimonio e alla generazione dei figli. La sua Teologia del Corpo, unita alle riflessioni sull’amore e la responsabilità, offriva poi una visione positiva e affascinante per aiutare le coppie a conformarsi a ciò cui Dio le chiama.

Oggi tutto appare dimenticato, e si ripetono ormai dei rituali richiami alla famiglia con sempre minore convinzione e frequenza. In questo quadro anche il cenno alla famiglia e alla sua importanza per la società, contenuto nella Prolusione pronunciata lunedì dal cardinale Gualtiero Bassetti al Consiglio permanente della CEI, suona come un flebile sussurro, soffocato dalle parole sui migranti, la carità, il lavoro. Si noti peraltro che anche il cardinal Bassetti, nel definire la famiglia ha “dimenticato” il matrimonio: ormai bastano un uomo e una donna (chissà per quanto ancora) e magari dei figli. Altro che princìpi non negoziabili, in pochi anni è stato svenduto tutto, senza neanche negoziarlo.

Bisogna dunque prendere atto della situazione: le famiglie sono rimaste sole. Non è motivo per disperarsi ma per diventare più coscienti anzitutto del compito a cui si è chiamati. E non è nella politica o nel sociale che ci si deve aspettare le risposte, sebbene questi siano importanti campi di impegno. Non è lì la nostra speranza. Ce lo aveva detto molto chiaramente san Giovanni Paolo II nella Familiaris Consortio: «Famiglia, diventa ciò che sei!». In che modo? «Nel disegno di Dio Creatore e Redentore la famiglia scopre non solo la sua “identità”, ciò che essa “è”, ma anche la sua “missione”, ciò che essa può e deve “fare”». «Risalire al “principio” del gesto creativo di Dio è allora una necessità per la famiglia», diceva ancora san Giovanni Paolo II. Preghiera, ricorso frequente ai sacramenti dell’Eucarestia e della Riconciliazione sono il fondamento di questo percorso. E poi, comunità di famiglie finalizzata alla missione, per  «annunciare con gioia e convinzione la «buona novella» sulla famiglia». Solo da qui si può ricominciare.