EDUCAZIONE
Scuola statale, quanto mi costi
In una buona scuola paritaria
di Milano la retta è inferiore del 30%
rispetto a quanto lo Stato esige per
far funzionare peggio le proprie.
Attualità
19_01_2012
Un servizio di Salvio Intravaia pubblicato ieri su la Repubblica porta alla ribalta il problema delle spese che le scuole statali sono costrette a sopportare e che esse riversano in buona misura sulle famiglie degli alunni iscritti.
Il budget a cui si riferisce il quotidiano riguarda le attività complementari e del tutto facoltative per le famiglie (anche se obbligatorie per le scuole), proposte agli alunni per “ampliare l’offerta formativa”, vale a dire in aggiunta alle normali e obbligatorie attività didattiche tradizionali.
Il servizio precisa che in tutti i licei di dieci grandi città italiane i genitori sono costretti a versare dal 18% al 82% delle spese previste per l’anno scolastico.
È il prezzo, più o meno salato a seconda delle quantità di attività erogate, che la famiglia paga all’ideologia della scuola intesa come “luogo di tutte le opportunità”, nella quale si deve stare il più a lungo a possibile nell’arco della giornata e della settimana, dove, secondo le teorie pedagogiche correnti, avvengono le scelte e gli incontri decisivi, in una parola la scuola che sostituisce la famiglia e la società esaurendo in se stessa il mondo degli adolescenti e dei giovani: ora si scopre che tutto questo ha un costo.
Costi evitabilissimi se agli alunni fosse lasciato il loro tempo, per studiare in pace, per frequentare amici e associazioni sportive, per andare all’oratorio e al cinema, per stare in famiglia con fratelli e genitori.
Quel che dovrebbe sorprendere è che in questo budget le scuole statali facciano rientrare spese legate alla quotidiana vita scolastica e che dovrebbero essere assimilate alle attività obbligatorie: carta igienica, detersivi per pulizie , ecc. messe a carico delle famiglie, che nulla dovrebbero in tal senso. È come se, saliti su un treno, oltre al biglietto di viaggio, ci chiedessero denaro per accedere alle toilette, per svuotare i cestini, per usare il portabagagli.
Ora, quel che si dovrebbe dire è che questo budget extra si aggiunge al “grosso” della spesa nella scuola statale, vale a dire gli stipendi dei docenti e del personale amministrativo e tecnico, il riscaldamento e la gestione degli immobili, gli affitti per le strutture non di proprietà dello Stato, le attrezzature didattiche in genere: per questo tutti gli italiani che pagano le tasse spendono ogni anno una somma di denaro i cui importi sono noti: per studente all'anno ammontano a 5.828 euro nella scuola dell'infanzia, 6.525 nella primaria, 7.232 nella secondaria di primo grado e 7.147 nella secondaria di secondo grado. Quindi il genitore di un alunno di liceo che paga le tasse sa che la scuola di suo figlio costa 7.147 euro all’anno e scopre che questi soldi non bastano, tanto è vero che deve versare un extra che può variare da scuola a scuola, di difficile determinazione a inizio anno, ma comunque sicuramente da versare entro la fine dell’anno.
Da notare che, nonostante tutta questa profusione di denaro pubblico e privato, la scuola statale fa acqua: la riprova sono gli abbandoni, durante il corso degli studi, da parte di un numero crescente di alunni e l’aumento delle iscrizioni nella scuola pubblica non statale. Il numero complessivo di coloro che escono dalla scuola (statale) ogni anno è di quasi 190mila alunni, di cui circa 70mila si iscrivono poi a scuole non statali o seguono corsi di formazione professionale (gestiti dalle regioni).
Va detto che anche nelle scuole paritarie i costi delle attività di complemento sono, ovviamente, a carico dei genitori, ma a loro carico sono anche gli oneri ben più imponenti, gli stessi che la scuola statale fa pagare a tutti i cittadini, (compresi quelli che mandano i propri figli nelle scuole pubbliche non statali), cioè gli stipendi dei docenti e tutto quanto visto sopra.
Ciononostante, in una buona scuola paritaria, a Milano, la retta per le famiglie si aggira su importi mediamente inferiori del 30% a quanto lo Stato chiede ai cittadini per far funzionare le sue scuole.
Quindi una scuola statale costa di più e funziona peggio. Perché?
Per rispondere a questa domanda occorrerebbe rivolgerne un’altra ai presidi di scuola statale e chiedere loro che cosa invidiano ai presidi di una scuola non statale.
La stragrande maggioranza risponderebbe: ”La facoltà di scegliere gli insegnanti, così come avviene nella scuola paritaria non statale”.
Parole sulle quali meditare da parte di chi deve scegliere la scuola per i propri figli.
Il budget a cui si riferisce il quotidiano riguarda le attività complementari e del tutto facoltative per le famiglie (anche se obbligatorie per le scuole), proposte agli alunni per “ampliare l’offerta formativa”, vale a dire in aggiunta alle normali e obbligatorie attività didattiche tradizionali.
Il servizio precisa che in tutti i licei di dieci grandi città italiane i genitori sono costretti a versare dal 18% al 82% delle spese previste per l’anno scolastico.
È il prezzo, più o meno salato a seconda delle quantità di attività erogate, che la famiglia paga all’ideologia della scuola intesa come “luogo di tutte le opportunità”, nella quale si deve stare il più a lungo a possibile nell’arco della giornata e della settimana, dove, secondo le teorie pedagogiche correnti, avvengono le scelte e gli incontri decisivi, in una parola la scuola che sostituisce la famiglia e la società esaurendo in se stessa il mondo degli adolescenti e dei giovani: ora si scopre che tutto questo ha un costo.
Costi evitabilissimi se agli alunni fosse lasciato il loro tempo, per studiare in pace, per frequentare amici e associazioni sportive, per andare all’oratorio e al cinema, per stare in famiglia con fratelli e genitori.
Quel che dovrebbe sorprendere è che in questo budget le scuole statali facciano rientrare spese legate alla quotidiana vita scolastica e che dovrebbero essere assimilate alle attività obbligatorie: carta igienica, detersivi per pulizie , ecc. messe a carico delle famiglie, che nulla dovrebbero in tal senso. È come se, saliti su un treno, oltre al biglietto di viaggio, ci chiedessero denaro per accedere alle toilette, per svuotare i cestini, per usare il portabagagli.
Ora, quel che si dovrebbe dire è che questo budget extra si aggiunge al “grosso” della spesa nella scuola statale, vale a dire gli stipendi dei docenti e del personale amministrativo e tecnico, il riscaldamento e la gestione degli immobili, gli affitti per le strutture non di proprietà dello Stato, le attrezzature didattiche in genere: per questo tutti gli italiani che pagano le tasse spendono ogni anno una somma di denaro i cui importi sono noti: per studente all'anno ammontano a 5.828 euro nella scuola dell'infanzia, 6.525 nella primaria, 7.232 nella secondaria di primo grado e 7.147 nella secondaria di secondo grado. Quindi il genitore di un alunno di liceo che paga le tasse sa che la scuola di suo figlio costa 7.147 euro all’anno e scopre che questi soldi non bastano, tanto è vero che deve versare un extra che può variare da scuola a scuola, di difficile determinazione a inizio anno, ma comunque sicuramente da versare entro la fine dell’anno.
Da notare che, nonostante tutta questa profusione di denaro pubblico e privato, la scuola statale fa acqua: la riprova sono gli abbandoni, durante il corso degli studi, da parte di un numero crescente di alunni e l’aumento delle iscrizioni nella scuola pubblica non statale. Il numero complessivo di coloro che escono dalla scuola (statale) ogni anno è di quasi 190mila alunni, di cui circa 70mila si iscrivono poi a scuole non statali o seguono corsi di formazione professionale (gestiti dalle regioni).
Va detto che anche nelle scuole paritarie i costi delle attività di complemento sono, ovviamente, a carico dei genitori, ma a loro carico sono anche gli oneri ben più imponenti, gli stessi che la scuola statale fa pagare a tutti i cittadini, (compresi quelli che mandano i propri figli nelle scuole pubbliche non statali), cioè gli stipendi dei docenti e tutto quanto visto sopra.
Ciononostante, in una buona scuola paritaria, a Milano, la retta per le famiglie si aggira su importi mediamente inferiori del 30% a quanto lo Stato chiede ai cittadini per far funzionare le sue scuole.
Quindi una scuola statale costa di più e funziona peggio. Perché?
Per rispondere a questa domanda occorrerebbe rivolgerne un’altra ai presidi di scuola statale e chiedere loro che cosa invidiano ai presidi di una scuola non statale.
La stragrande maggioranza risponderebbe: ”La facoltà di scegliere gli insegnanti, così come avviene nella scuola paritaria non statale”.
Parole sulle quali meditare da parte di chi deve scegliere la scuola per i propri figli.