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OLTRE LA PROTESTA

Scuola, ricominciare da un compito

E' iniziata una nuova stagione di proteste nella scuola, un rito che dura da 40 anni. Ma è ora di rispondere
alla domanda su cosa è la scuola.

Attualità 10_10_2011
proteste nella scuola

Le manifestazioni di piazza che hanno visto e vedranno nelle prossime settimane come protagonisti studenti, docenti e addetti della scuola, pur motivate da disagi reali (classi affollate, strutture inadeguate o carenti, stipendi bassi dei docenti e del personale), appaiono, agli occhi dei più come un rito scontato e piuttosto ripetitivo, anche se clamoroso nel momento in cui accadono.


Se si leggono le dichiarazioni degli organizzatori o dei partecipanti intervistati, l’obiettivo primario resta la volontà di dire basta al governo in carica “che continua a distruggere la scuola, l'Università, la ricerca e il nostro futuro, continuando a far pesare la crisi soltanto sui più deboli e mantenendo intatti i privilegi di pochi”. Accanto a questo, altri obiettivi suonano identici a quelli di quarant’anni fa. Dicono gli studenti: ”Diritto allo studio, edilizia scolastica, welfare studentesco, didattica alternativa sono solo alcune delle nostre rivendicazioni di cui abbiamo dibattuto e che continueremo ad approfondire nelle nostre scuole e nei luoghi di partecipazione”.

Sempre, da quarant’anni a questa parte, tutti i ministri della Pubblica istruzione hanno dovuto affrontare questi “problemi” e, se la soluzione pare ancora così lontana non può essere certo addossata come una colpa all’attuale ministro, al quale, semmai, in tempi di ristrettezze economiche, è toccato il compito di non allargare più i cordoni della borsa.

Piuttosto c’è da notare come, di fronte a tutte queste manifestazioni, come di fronte alla gran parte degli argomenti che riguardano la scuola, la gran parte delle persone, quella che non è direttamente coinvolta nelle agitazioni in corso, avverte un senso di noia misto a impotenza e passa ad altro.


Perché?

Innanzitutto perché il mondo della scuola è percepito come un fardello, inevitabile ma noioso, da parte degli alunni. A scuola bisogna andarci, lo sanno tutti, ma la cosa migliore è uscirne quanto prima, ovviamente con il diploma in mano. Ricorda molto da vicino il servizio militare obbligatorio: si cominciavano a contare i giorni che mancavano “all’alba”, fin dalla prima notte in caserma.

Voglio dire che, per molti, anche se non per tutti, la scuola è inutile. Ti dà un diploma, ma non ti dà un lavoro; ti obbliga al rispetto formale di orari, valutazioni, esami, ma non mantiene quello che promette.

Il quadro è completo se si aggiunge che per molti, troppi, docenti essa è solo un luogo di lavoro con paga bassa e soddisfazioni nulle, mentre un buon numero di genitori non ha alcuna stima dei professori e del loro lavoro.

Con queste false idee in testa che si coagulano a formare quella, altrettanto falsa, di una scuola nella quale “un sacco di gente non ha nulla da fare”, è facile pensare che la scuola si possa prestare facilmente a fare da grancassa per manifestazioni che, con il pretesto di rivendicare qualcosa di almeno parzialmente pertinente, servano in realtà altri scopi di natura differente. Da qui lo scarso interesse dei più.


Ma questo è anche l’indizio del problema più profondo che attanaglia la scuola: pochi, infatti,  saprebbero rispondere con sicurezza alla domanda “che cos’è e a cosa serve la scuola”.

Sono nozioni andate perdute e malamente sostituite da altre con coloriture ideologiche o tecnocratiche a secondo del proponente di turno. Ma la confusione regna sovrana.

Come ciò sia accaduto, e perché, meriterebbe ulteriori e più complesse considerazioni, che qui non affronto.


Provando però a rispondere alla domanda, la scuola dovrebbe insegnare a cercare la verità, grazie allo sforzo costantemente educativo dei docenti e all’impegno nello studio dei discenti, in esso opportunamente stimolati dai genitori.

Provate a rileggere questa frase e calcolate a quanti anni luce di distanza si trovi rispetto alle teorie dominanti e alla realtà che ci circonda.


Ecco, forse questo è il compito che ci tocca per cominciare a impostare la soluzione del problema e ridurre la distanza: con i nostri figli, con i nostri alunni rinnovare lo sforzo per dire loro che, contrariamente a quanto sentono dire, la verità esiste, che merita di essere cercata e vissuta e che, anche nella scuola, la si può ancora incontrare.


E non è un compito da poco.