Scuola, il vescovo sfida Renzi: "Non pago l'Ici"
L'Arcivescovo di Ferrara Negri annuncia che non pagherà gli arretrati Ici delle parrocchie che ospitano scuole per l'ammontare di 100mila euro: "Il cattolico Renzi non mi ha ancora risposto, ma è in gioco la libertà di educazione". Intanto il sistema paritario rischia il collasso. La Foe: "Governo insensibile: anche per le donazioni agli istituti, il Miur si trattiene il 10%".
“E io non pago”. Assume i contorni del martirio bianco quello che l’arcivescovo di Ferrara Luigi Negri sta vivendo in uno scontro con il Comune destinato a diventare un precedente pericoloso per la sopravvivenza delle scuola paritarie italiane. Che il governo Renzi non sia mai stato tenero nei confronti delle scuole cattoliche è un dato di fatto. Ma che sul caso Ferrara si giochi buona parte della sopravvivenza di un pezzo di sistema pubblico scolastico, come appunto sono le scuole paritarie, è materia che la politica ha il compito urgente di affrontare, pena la chiusura di migliaia di scuole dell’infanzia ed elementari ormai vicine al collasso economico e finanziario.
Nei giorni scorsi il vescovo Negri aveva annunciato l’intenzione di non far pagare alle parrocchie della diocesi che ospitano in loro strutture oltre 1600 bambini, un arretrato di Ici risalente al 2010 e che ammonta a 100mila euro.
«Non paghiamo – aveva detto Negri -, abbiamo fatto tutti i ricorsi perché noi le leggi le conosciamo non come loro, ma meglio di loro». Anche se il sindaco di Ferrara Tiziano Tagliani si è detto d’accordo con il vescovo, dagli uffici del comune estense, grazie alla “mano” di un esponente politico radicale, era partita la procedura per chiedere il versamento di 100mila euro di imposta comunale sugli immobili arretrati alle scuole paritarie gestite dalla diocesi. Una decina di parrocchie ferraresi, a cui fanno capo scuole paritarie, si erano viste intimare il pagamento dell’ingente somma. A quella stangata Negri aveva risposto scrivendo una lettera al premier Matteo Renzi.
«Secondo la linea politica di questo governo, e di quelli precedenti, fino alla solita sentenza creativa della Corte di Cassazione, non siamo tenuti a pagare», ha aggiunto l'Arcivescovo. «Le parrocchie che hanno affittato parte dei loro stabili a scuole, che non possono essere rubricate sotto enti di profitto, non sono mai state tenute al pagamento di queste cose».
Ma Renzi non ha ancora risposto. Ieri, sentito dalla Nuova BQ, Negri ha ribadito che “Renzi non mi ha ancora risposto e non credo che lo farà mai. Ma io rivendico il diritto della Chiesa ad essere trattata così come i governi che si sono succeduti si sono impegnati in passato. Se il governo ha cambiato idea deve dirlo e motivarlo”.
Ma è chiaro fin da subito è che il problema non è solo economico. “E’ un problema di libertà educativa e culturale, determinante per la vita democratica del Paese: se non siamo liberi di educare verranno meno alcuni principi fondamentali della società”. Negri si dice in attesa di risposta: “Non riesco ancora a capacitarmi di come un capo del governo che si dice cattolico non abbia ancora preso carta e penna per rispondermi”.
A Ferrara è a rischio la sopravvivenza di 25 istituti che ospitano 1640 bambini, ma Negri ha individuato il peccato originale di questa storia nella “sentenza creativa della Cassazione che lo scorso luglio ha deciso che le scuole di Livorno dovessero pagare. Creativa perché è venuta in mente a un gruppetto di giudici sulla questione particolarissima dell'assessore di Livorno che ha bloccato tutto il Paese. Io non ci sto - ha aggiunto - voglio che il governo dica qualcosa e il governo è Renzi. Spero che mi risponda, ma non credo che lo farà. È indecente che non venga affrontato il problema della libertà della scuola e della libertà d'educazione. Invece di aprire a un pluralismo effettivo per i giovani che stanno andando a schifìo perché non hanno proposte, invece di fare un’azione di rilancio positivo della scuola ci mettiamo a prendere 100mila euro da una parte, perché?!», aveva dichiarato alla Nuova Ferrara. «Non so come finirà - aveva poi ribadito su Radio 24 - Se le nostre scuole chiudessero, quello che starà peggio non sarà l'Arcivescovo di Ferrara, ma il Comune che si troverà 1.600 bambini a cui non so cosa potrà dare. Forse una porzione di Nutella. Chi ha in mano un'amministrazione deve fare i conti non solo con la burocrazia statale, ma con l'esigenza del popolo».
Ma il caso Ferrara è sintomatico di un problema. Anche Marco Masi, presidente della Foe (Federazione Opere Educative) che gestisce in tutt’Italia 500 scuole paritarie, dalle materne alle superiori, è sconcertato: “Questo susseguirsi di provvedimenti dei Comuni di richieste di risorse mette ancora più in difficoltà le scuole – spiega alla Nuova BQ -. La richiesta dell’Ici di anni lontani è del tutto infondata, anche perché l’Ici che i comuni chiedono per il 2009 e 2010 è retta dalle stesse norme in vigore dal 1992: non si capisce perché il Comune chieda l’Ici quando per anni non ha chiesto nulla”. Masi ricorda poi che le due sentenze della Cassazione di Livorno, che stanno facendo da “apriscatola” non sono definitive, quindi “non costringono affatto i Comuni a pretendere quelle somme”.
Il problema di fondo è il fatto che “la legislazione ignora e penalizza le scuole paritarie. Il risultato nel breve sarà la riduzione di queste scuole e il governo dimostra di non avere a cuore questa problematica che lo riguarda direttamente”. La poca considerazione del Governo è sancita anche dal recente annuncio dell’introduzione dello school bonus.
“Iniziativa lodevole, perché a fronte di erogazioni liberali agli istituti, al donatore viene riconosciuto un credito di imposta anche fino al 60%. Il problema è che chi dona deve erogare i soldi su un capitolo di entrata del Ministero della Pubblica Istruzione, il quale, trattiene un 10% della somma per destinarlo ad altre scuole bisognose, ma questo passaggio non ha senso per le scuole paritarie. E anche se volessi fare una donazione alla scuola del mio comune, dovrei comunque passare dal Ministero. Si tratta di un monopensiero statalista, scritto per disincentivare l’istituto delle donazioni alle scuole che invece andrebbe incentivato”.
Ma l’emorragia sembra inarrestabile: Virginia Kaladich, presidente della Fidae, Federazione istituti attività educative, nei giorni scorsi ha lanciato l’allarme: «Le paritarie, quindi le scuole non statali, erano nel complesso 13.625 all'inizio dell'anno scolastico 2013-2014. Oggi siamo a quota 13mila. Vuol dire che abbiamo perso oltre seicento realtà in due anni circa. Un disastro».
Un declino che colpisce anzitutto le materne. Il Giornale ha sentito Antonio Trani, presidente della Fism, Federazione italiana scuole materne cattoliche che, solo per le scuola dell’infanzia ha sciorinato numeri preoccupanti: “Erano 10.050 nel 2013-2014, oggi siamo a quota 9.650. Con 400 chiusure in due anni e una tendenza all'aumento».
Cifre impietose. Un ragazzo delle elementari costa allo Stato, se va in una struttura statale, 7.366 euro l'anno. Ma lo Stato dà per ogni giovane che frequenta la paritaria 787 euro. Una miseria, che si va a sommare alla partita del recupero Ici.
Le scuole cattoliche sono a un bivio: se il governo non introducesse un cambio di passo, certificherebbe la morte della libertà di educazione.