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IL FILOSOFO

Scruton ci ricordava quanto conta la bellezza nella civiltà

Sir Roger Scruton, il filosofo britannico morto la settimana scorsa, era noto per essere un tenace difensore dell’importanza assoluta della bellezza. Dal suo punto di vista, nell'ultimo secolo, tutte le forme d'arte occidentali hanno progressivamente rinunciato al perseguimento della bellezza, soprattutto a causa dell'ateismo

Cultura 20_01_2020 English
Roger Scruton

Sir Roger Scruton, illustre studioso di estetica, filosofia politica, libertà e cultura occidentale, è tornato alla casa del Creatore domenica scorsa. Scruton era famoso, fra le altre cose, per aver diretto un’università clandestina per dissidenti cecoslovacchi nel periodo in cui il loro paese era sottomesso al regime comunista, insegnando loro la filosofia, la storia e la letteratura occidentali. Era un accanito difensore della creatività dell’economia di mercato. Era diventato il principale promotore intellettuale dei valori conservatori giudaico-cristiani nei paesi anglosassoni, dopo la morte del grande filosofo americano Russell Kirk. Soprattutto, Roger Scruton era noto per essere un tenace difensore dell’importanza assoluta della bellezza.

Più e più volte si era ritrovato in rotta di collisione con i nichilisti della cultura contemporanea, spiegando perché è importante coltivare la bellezza nella vita di tutti i giorni. Non ha mai esitato a difenderne l’importanza cruciale nel sostegno ad una società morale, virtuosa e (ancor più importante) creativa, non distruttiva, che pone Dio al centro al atto creativo. Non molti fra i filosofi contemporanei, pragmatici o relativisti, potrebbero fare questo collegamento sublime ed esistenziale, invece sì lo fece Scruton e senza risparmiare nessuna parola.

Per Roger Scruton, la civiltà occidentale contemporanea ha praticamente rinunciato alla dedizione alle vere forme della bellezza. Contrariamente ai secoli passati, l’arte di oggi segue percorsi inquietanti, ispirati dalle inclinazioni egocentriche degli artisti per la casualità, l’egoismo, la superficialità o semplicemente la praticità. Questa è la vera causa della bruttezza contestata da Scruton, visto che la cattiva arte, sempre che si possa ancora chiamare “arte”, non riflette la profondità e l’ampiezza dello spirito umano. La vera forma d’arte dovrebbe e potrebbe tentare di imitare il genio creativo di Dio con la più alta espressione estetica dell’uomo.

Nel suo documentario della BBC Perché la bellezza conta, Scruton parlò apertamente dell’imbruttimento dell’ecosistema artistico dell’uomo, dunque i luoghi in cui si vive e in cui si lavora, vilificati da quelli che , secondo lui, erano “vandali” dell’arte:

“Ovunque si volti lo sguardo, si vedono bruttezza e mutilazioni. Gli uffici e le stazioni dell’autobus sono stati abbandonati, solo i piccioni che defecano per terra vi trovano dimora. Ogni cosa è vandalizzata, ma non si deve dar la colpa ai vandali. Sono cose costruite da vandali, mentre coloro che vi aggiungono graffiti hanno solo completato l’opera.”

Per Scruton, l’arte bella non è solo una spruzzata casuale di colore su tela o su una parete urbana. Non è l’assordante cacofonia di note musicali scoordinate. Non è un urinale firmato da un presuntoso pop artist esposto al Metropolitan Museum di New York. Non è una struttura anonima, disadorna e utilitaria nei grigi centri direzionali o nei quartieri residenziali in cui le case paiono fatte con lo stampino. In sintesi: la bellezza non è il prodotto di un disordine irrazionale, bensì di un ordine razionale e del Mistero divino.

Se l’arte si basa sul criterio dell’utilità, paradossalmente sarà successivamente abbandonata e verrà considerata  inutile. Proseguendo la sua passeggiata per una zona sordida della città inglese di Redding, Scruton nota, nel suo documentario: “questo palazzo è sigillato da anni e nessuno trova un modo di usarlo. Nessuno sa come utilizzarlo perché nessuno vuole viverci. Nessuno vuole starci, perché è così… brutto”.

La bella arte è piuttosto un qualcosa di così intricato, acuto, così altamente ordinato, geniale, che pare che qualcuno di più grande intelligenza dell’uomo ne sia l’autore. L’arte più alta creata dall’uomo pare arrivare da Dio stesso che prende la mano dell’artista e lo aiuta direttamente con la Sua conoscenza e capacità per compiere un artefatto di straordinario, meraviglioso splendore. L’arte bella ci riempie di quella sorta di stupore e meraviglia che implica la sua impossibilità nel reame delle umane capacità. Serve solo ad ispirare nuove creazioni meravigliose e a cercare la presenza di migliori creatori. La bellezza lastrica la via della contemplazione paradisiaca e del vivere con Dio nella vita eterna.

Per Scruton, a partire dagli anni ’20, fino al bollente spirito del 1968, da lui stesso vissuto da studente a Parigi, la tradizione artistica occidentale è esplosa in correnti autodistruttive quali il nichilismo, l’erotizzazione e il funzionalismo.

L’annichilimento della bellezza è stato ulteriormente favorito dal marxismo culturale che ha abbassato l’arte e la musica popolari alle esigenze della propaganda politica ed ha usato l’architettura per erigere piatte, impersonali, strutture adatte a burocrazie statali gigantesche e ancor più impersonali, esecutrici insensibili del comunismo. La cultura atea marxista, in particolare, mirava a sradicare la bellezza, precisamente perché la bellezza era una forza spirituale di contemplazione del divino e di ispirazione per il pensiero creativo, il contrario della mentalità servile e insensata basata sul comando e sul controllo.

L’Occidente, in meno di 50 anni, si è rintanato in un mondo marxista piatto, grigio, scialbo, ateo, che disprezza la forma umana e il suo spirito elevato che cerca la bellezza paradisiaca. Si è rinunciato a quest’ultima in cambio della creazione di un “paradiso” terreno sicuro, noioso, burocratico. L’arte e l’architettura contemporanee trascinano l’animo umano in una ricerca del senso dell’esistenza volgare, auto-referenziale, relativa e, quel che è peggio, priva di Dio.

Scruton non vedeva personalmente alcun conflitto fra le più alte forme dell’arte e le più alte manifestazioni della fede. Per lui, l’arte e la religione non erano assolutamente rivali. Al contrario: “Il sacro e il bello procedono assieme, mano nella mano, due porte che ci conducono nello stesso luogo, in quel luogo in cui troviamo casa”, diceva Scruton alla fine del suo documentario.

Ora sappiamo perché, fino al suo ultimo respiro, perché è stata importante l’esistenza di Roger Scruton e lo sarà fino alle generazioni a venire. La sua eredità consiste soprattutto in questa proposizione condizionale: se perdiamo la bellezza, perdiamo la cultura, dunque anche il culto, la venerazione di Dio. Non perderemmo semplicemente qualsiasi forma di cultura, ma soprattutto quella cultura creativa, contemplativa alla ricerca di Dio.

*Pubblicato su Acton PowerBlog, con il titolo Why Scruton Matters