Scout, finita l'attenzione all'antropologia cristiana
Dopo il caso Staranzano ci scrive un capo scout che esterna la sua amarezza per la piega presa dal movimento a cui non interessa più l'antropologia cristiana. "Ora che sul quotidiano dei Vescovi si afferma che su tematiche come l’amore omosessuale “la riflessione ecclesiale non è del tutto matura e i pareri sono diversi” come posso dire ad un ragazzo che le istanze della comunità LGBT non potranno mai realizzare, in nessun caso, il bisogno di felicità profonda dell’uomo?".
Caro direttore,
sono un capo scout e scrivo in merito alla vicenda di Staranzano, sulla quale siete tornati recentemente commentando il comunicato dell’Arcivescovo di Gorizia e il relativo articolo di Avvenire.
Devo dire che i fatti mi avevano molto amareggiato già nel momento in cui si sono verificati.
Devo però riconoscere con dispiacere che un episodio del genere non mi stupisce molto. Sono anni e anni che all’interno della mia associazione non viene prestata una particolare attenzione alle tematiche che riguardano l’antropologia cristiana. Penso che sul lungo termine gli effetti non possano che essere questi, ovvero, che in qua e in là per l’Italia emergano casi di educatori che fanno scelte in contrasto con il Magistero.
La novità dell’Arcivescovo che “evita il ruolo del giudice” però complica le cose ad un livello superiore.
Mi spiego meglio. In passato è successo più volte che alcuni capi del mio gruppo si scontrassero su aspetti fondamentali della vita cristiana con altri membri dell’associazione, passando tante volte per i tipi antipatici con l’indice puntato.
Adesso che un Vescovo immerge la patata bollente nella nebbiosità del discernimento, come posso da capo, dire ad un altro capo convivente che non è opportuno che faccia l’educatore, perché non dà una immagine limpida di cristiano ai ragazzi che ha la presunzione di educare?
Adesso che sul quotidiano dei Vescovi si afferma che su tematiche come l’amore omosessuale “la riflessione ecclesiale non è del tutto matura e i pareri sono diversi” come posso dire ad un ragazzo che le istanze della comunità LGBT non potranno mai realizzare, in nessun caso, il bisogno di felicità profonda dell’uomo?
Devo dire che in questo contesto l’obiettivo di educare ad una vita cristiana diventa una impresa titanica.
Ad un ragazzo ho bisogno di poter dire che esiste un ventaglio di scelte che lui può fare e che lo aiuteranno a essere felice e che ce ne sono altre che lo allontaneranno dalla meta.
Parlando scoutisticamente non posso pensare di mettere un ragazzo su un sentiero, dargli una pedata nel sedere e dirgli: «Forza, quella è la strada. Tieni presente che la riflessione su nord e sud all’interno dello scoutismo non è del tutto matura, perciò uno vale l’altro. Ci vediamo al rifugio. Se non arrivi stai tranquillo, “si possono cogliere aspetti di grazia” anche in assenza di acqua.»
In chiusura vorrei aggiungere un pensiero. Tutte le volte che la mia associazione fa una brutta figura di fronte al resto del mondo cattolico mi sento a disagio e mi chiedo che idea si possono fare gli altri della realtà scoutistica. Ecco, vorrei dire che nonostante tutti i problemi che abbiamo (e che temo ormai siano diventati trasversali a tante realtà cattoliche) lo scoutismo rimane un metodo educativo eccezionale, completo e ricco. Il problema è che molti capi non si accorgono che non è fine a se stesso. Un coltellino rimane un pezzo di acciaio finché non lo prende una mano che sa come usarlo.
Grazie per l’attenzione.
(lettera firmata)