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Schönborn, il cambio di rotta come metodo per "sopravvivere"

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A 80 anni il cardinale Christoph Schönborn esce dalla scena politica ecclesiastica. Ritratto dell'arcivescovo che dai tempi di San Giovanni Paolo II partì contro contraccezione, aborto e omosessualità e finisce oggi come principale interprete delle novità teologiche introdotte con Bergoglio. Per seguire la corrente e non venire tagliato fuori. 

Editoriali 25_01_2025

Il cardinale arcivescovo di Vienna Christoph Schönborn ha compiuto ottant’anni il 22 gennaio ed è uscito dalla scena della politica ecclesiastica ufficiale. Certamente si sentirà ancora parlare di lui, gli emeriti sono infatti spesso più loquaci degli ordinari. In ogni caso il suo tempo è in scadenza.

I giornali non parlano di tutti i cardinali e arcivescovi che compiono ottant’anni. Di Schönborn invece si sente il bisogno di parlarne, come di un caso interessante. Questo capita quando l’ottantenne rappresenta il simbolo di qualcosa, è stato, lungo la sua carriera, più di se stesso, ha incarnato un “tipo” sia umano che ecclesiale, in qualche modo ha denotato un’epoca. Parlarne, allora, non ha solo un significato biografico individuale, non si tratta di fare la storia di qualcuno, ma dare uno spaccato della Chiesa in un certo periodo.

La sua epoca è quella della transizione al pontificato di Francesco. Il cardinale è un uomo di studi, domenicano di formazione, fatto cardinale da Giovanni Paolo II e considerato “molto vicino” a Benedetto XVI. Sulle questioni di punta care al mondo ecclesiale di lingua tedesca egli aveva sempre mantenuto una posizione equilibrata, senza scivoloni in avanti. Tenendo conto che era stato ordinato sacerdote dal cardinale König, quello che aveva portato Karl Rahner al Concilio, e che la diocesi di Vienna durante il suo lungo episcopato (1995-2025) ha vissuto grandi tensioni di disobbedienza da parte di gruppi ecclesiali di base, si può dire che la sua gestione sia stata di stigma per le novità eccessive e di sostanziale mantenimento della linea dei pontificati di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI, navigando in essi senza scossoni.

Il 27 marzo 2008 in un intervento su Kath.net, prese una dura posizione su contraccezione, aborto e omosessualità, sostenendo che su queste tematiche l’Europa aveva detto tre volte di “no” al proprio futuro. Nell’anno seguente, in una conferenza stampa a Vienna, parlò di fallimento dei vescovi cattolici per non aver sostenuto Paolo VI sull’Humanae vitae, sicché in seguito la Chiesa non ha avuto il coraggio di opporsi ad aborto e omosessualità. Si era anche fatto sentire, in questo caso in modo forse eccessivo, sulla questione degli abusi nella Chiesa, ma del resto egli si poggiava sulla linea dura di Ratzinger-Benedetto. Di famiglia nobile, colto, equilibrato, molto bene inserito nelle Congregazioni vaticane, il cardinale sembrava essere un punto di riferimento di una certa qual affidabilità nel mondo ribollente dell’Europa centrale.

Poi vennero i cambiamenti di rotta, catalizzati dal sinodo in due tempi sulla famiglia (2014-2015), del quale fu un protagonista, e dall’Esortazione Amoris laetitia. Con due famose interviste di Antonio Spadaro su La Civiltà Cattolica del settembre 2015 e del luglio 2016, egli si propose come interprete ufficiale della controversa Esortazione. Egli stesso, del resto, l’aveva presentata in Sala stampa vaticana e papa Francesco, in una delle sue risposte date in aereo ai giornalisti, aveva rimandato proprio a Schönborn quanti chiedevano la corretta interpretazione di un testo dalle molte ambiguità.

In queste interviste e in altri interventi, il cardinale diede prova di aver fatte proprie in pieno le novità di Amoris laetitia: parlò di un “sinodo storico”, celebrò il metodo del discernimento, disse che compito della Chiesa è «osservare, accompagnare, discernere», disse che partire dalla sola dottrina era come procedere per ricette mentre ogni caso è diverso dall’altro. Ma già nel 2014, in una intervista rilasciata a Gian Guido Vecchi sul Corriere della Sera, egli aveva enunciato l’ingannevole criterio principale della nuova morale della vita familiare: «In ogni situazione si può sempre vedere ciò che manca oppure ciò che già c’è … Se manca qualcosa non significa che non ci siano cose positive». In questo piccolo-grande errore c’è tutta la differenza con l’epoca precedente.

A questi seguirono altri passi rivelatori, come l’accoglienza del transessualismo durante la commemorazione delle vittime dell’Aids del 1 dicembre 2017 nella cattedrale di Santo Stefano: «Nel giardino variopinto del Signore c’è spazio per tutte le moltitudini». Più di recente si è dichiarato insoddisfatto del Responsum del febbraio 2021 con cui la Dottrina della Fede vietava le benedizioni delle coppie omosessuali, concordando con la posizione contraria stabilita dall’Istruzione Fiducia supplicans (18 dicembre 2023) del medesimo Dicastero.

Si è trattato di opportunismo? La prorogatio di ben cinque anni al suo “pensionamento” - fatto inusitato nell’attuale pontificato – è stata un “premio di fedeltà”? In ogni caso non può essere tutto lì. Infatti, c’è anche chi addirittura nega che ci sia stata una svolta, tentando di fare di Schönborn una prova della continuità tra Francesco e i due pontificati precedenti. Forse, più semplicemente, queste cose si spiegano in un altro modo. Anche nella Chiesa le ondate delle novità teologiche – i “venti di dottrina” - sono come delle alluvioni dirompenti, che si diffondono, penetrano ovunque, condizionano, dettano la linea, si impongono e creano conformismo. Molti sono indotti a seguire la corrente per dire di esserci e non venire tagliati fuori, per avere la certezza di pensare con il loro tempo.