Scelte sbagliate messaggi sospetti
Le reazioni politiche e dei mercati all'annuncio del ritorno di Berlusconi appaiono sproporzionate e alquanto sospette. Ora le possibilità di un Monti bis aumentano, e anche la Cei spinge per questa soluzione, ma senza chiarire i criteri con cui appoggiare questa soluzione.
Sia detto subito a scanso di equivoci: consideriamo il ritorno in campo di Silvio Berlusconi una scelta sciagurata, sia come decisione in sé sia per il modo con cui ci si è arrivati. Detto questo, però, non si può non fare a meno di notare un certo paradosso in quello che sta accadendo nelle ultime ore. Soltanto ieri ci sono state dichiarazioni pesantissime – e inammissibili - da parte di diversi rappresentanti europei, con un terremoto sui mercati: Borsa in picchiata e spread che riparte in alto. Senza contare che in radio e tv pare che ci si senta liberi – e anzi, in dovere - di scatenarsi in apprezzamenti e insulti di ogni genere, con l’attrice Luciana Littizzetto che ora rischia di pagare per tutti.
Ma se guardiamo ai fatti, le reazioni dei mercati sono state così sproporzionate rispetto alla realtà, da suscitare qualche domanda. Berlusconi ha deciso di tornare in campo, è vero, ma in fondo le sue possibilità di vittoria alle prossime elezioni sono vicine allo zero. E seppure il presidente del Consiglio Mario Monti si è visto costretto a dimettersi, le elezioni anticipate si svolgeranno appena un paio di mesi prima della scadenza naturale della legislatura: per quanto l’eventualità possa essere irritante, non saranno certo due mesi nella data elettorale a fare la differenza. E quanto alle preoccupazioni per la possibile instabilità politica dopo le elezioni, il ritorno di Berlusconi aggiunge poco alla situazione. Come abbiamo detto, le possibilità di affermazione elettorale del Cavaliere sono molto remote, per cui ben difficilmente sarà decisivo per formare il futuro governo, ma anche se fosse si tratta per ora soltanto di possibili scenari.
E allora perché un terremoto? In fondo i mercati non si erano mossi qualche settimana fa quando fu proprio il presidente del Consiglio Monti a dire di non poter garantire sul nuovo governo, sfiduciando con una battuta tutto il (futuro) parlamento italiano. E nessun nervosismo neanche quando Pierluigi Bersani ha vinto le primarie del Pd contro Renzi: se l’obiettivo dei mercati è che l’Italia continui la politica economica intrapresa da questo governo, avrebbero dovuto preoccuparsi di questo risultato, visto che in coppia con Bersani correrà quel Nicki Vendola che ha posto in cima al suo programma l’abbandono dell’«agenda Monti». Invece niente: se una sinistra già sicura di vincere le elezioni dice a Monti di farsi da parte e invoca una grossa sterzata per quanto riguarda la politica economica, non succede nulla; se Berlusconi torna per lanciare una sfida, non dando neanche la certezza di candidarsi in prima persona, succede il finimondo. Evidentemente c’è qualcosa che non quadra in queste reazioni, tanto da far nascere il sospetto che il diritto degli italiani a scegliere il governo sia in qualche modo limitato dall’alto.
Di certo comunque c’è il fatto che, grazie a questa improvvida uscita di Berlusconi, aumentano le pressioni su Monti per porsi a capo di una aggregazione di forze moderate che, oltre a Casini, potrebbe raccogliere anche quei cattolici (ma non solo) che si trovano a disagio in un Pdl alla deriva ma anche in un Pd che guarda più a sinistra che al centro. E’ anche la strada che ha suggerito abbastanza esplicitamente il presidente della Conferenza Episcopale Italiana, cardinale Angelo Bagnasco, che in una intervista pubblicata ieri dal Corriere della Sera, ha candidato con decisione Monti a succedere a se stesso.
Allo stato attuale probabilmente è vero che tra una sinistra in cui prevale la vecchia nomenclatura e un centro destra in balia di capricci personali e con voglia di laicismo – come spiegava ieri Stefano Fontana da queste colonne -, il panorama non offre prospettive migliori di un Monti bis. Ma è quantomeno curioso che il presidente dei vescovi italiani, nel prendere una posizione così aperta e impegnativa, non si curi minimamente di proporre e spiegare quei princìpi e criteri che sono alla base dell’impegno dei cattolici in politica, e il cui accoglimento – almeno come possibilità di espressione – è condizione per la partecipazione a qualsiasi formazione politica. Forse dipende anche dai giornalisti che intervistano, ma a volte si ha la spiacevole sensazione che siano gli stessi vescovi a non credere veramente a ciò che afferma il Magistero.