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Il caso

Scambio di prigionieri, le domande irrisolte

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Il caso che ha coinvolto Mohammed Abedini e Cecilia Sala ha riacceso le discussioni sullo scambio di prigionieri. Sorgono due domande: chi ci ha guadagnato? In futuro gli Stati-canaglia ne approfitteranno?

Attualità 15_01_2025
Screenshot da ImagoEconomica

Scusate se vado di sghimbescio, ma a me non pare tutto questo grande successo diplomatico. Riassumo: su input statunitense l’Italia ha arrestato un esperto strategico per l’Iran, cui gli ayatollah tenevano talmente da indurli a operare un astuto ricatto. Ottenuto il permesso dagli americani, il nostro governo (che peraltro gode del mio voto, in mancanza di meglio) ha ceduto e consentito allo scambio. Il risultato, però, è meramente questo: gli ayatollah si sono ripresi un – a quanto pare importante – esperto strategico, noi abbiamo avuto in cambio una giornalista di cui quasi nessuno prima aveva sentito parlare. La quale, per giunta, è di incerto orientamento ideologico: staremo a vedere come si porterà in futuro. Domanda da cento milioni di dollari: chi ci ha guadagnato veramente?

Ora, lo scambio di prigionieri e di ostaggi è una pratica antica come la storia umana. Ma nell’era mediatica deve essere incartato e infiocchettato nel cellophane perché qualche esperto (si fa per dire) in comunicazione crede ancora che il popolo beva tutto. E sia. Ma c’è un’altra domanda che urge, stavolta da un miliardo di dollari: quanti altri Stati-canaglia mangeranno la foglia e adotteranno la medesima tattica dal momento che, con l’Italia, la cosa paga sempre? I più scafati avranno cura di arrestare con un’accusa qualsivoglia italiano/a possibilmente di sinistra, sapendo che da noi i sinistri hanno una capacità di strepito stratosferica e possono contare sui media più importanti nonché su praticamente tutti i nani&ballerine e infine sulla piazza. Italiani in giro per il mondo ce ne sono migliaia, e anche gli Stati-canaglia non sono pochi.

Ai tempi di Sigonella, diciamolo, non ci abbiamo fatto una bella figura, anche se gli orfani di Craxi continuano a esaltare l’episodio come atto di grande indipendenza dagli Stati Uniti. Che però proclamò la nostra totale dipendenza dai terroristi palestinesi. Poi, si aggiunsero i khomeinisti, e coprimmo le nostre statue nude per non offendere i loro casti occhi in visita. Ecco, capisco le necessità elettorali e la nostra delicata posizione sullo scacchiere internazionale. Ma, non so voi, da questa vicenda mi sento in qualche modo preso un po’ in giro. E torno a scusarmi se non ci trovo niente da festeggiare.