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IMMIGRAZIONE

Sbarchi, rischio emergenza sanitaria

Poliomelite e tubercolosi sono le minacce più serie che arrivano dall'immigrazione, che sta introducendo nel nostro paese malattie che qui erano già state debellate. Per la polio l'Oms ha dichiarato l'emergenza sanitaria mondiale. 

Cronaca 16_06_2014
Sbarchi

Nei primi 4 mesi del 2014 - dati Frontex - gli sbarchi di immigrati in Italia sono aumentati dell'823% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. E da inizio maggio ad oggi le cose stanno andando ancora peggio. Già a fine aprile il direttore immigrazione del ministero dell'Interno, Giovanni Pinto, affermava che il sistema di accoglienza è al collasso, e «le popolazioni locali sono inoltre indispettite dal continuo arrivo di stranieri». Buona parte della responsabilità di questa situazione la si deve all'operazione Mare Nostrum, rifinanziata nei giorni scorsi, che sta incentivando le partenze dalle coste della Libia. Una delle conseguenze di questa situazione è che c'è sempre meno possibilità di controllare effettivamente chi arriva: tra i rischi di questa situazione c'è la possibilità di una emergenza sanitaria, come evidenzia l'articolo che qui proponiamo.


A fronte delle migliaia di persone che stanno sbarcando da giorni sulle coste italiane, molti si interrogano con preoccupazione se questi disperati che provengono da paesi con gravi problemi sanitari e che viaggiano in condizioni igieniche scadenti non siano portatori di malattie diffusibili. Questa domanda, più che lecita, spesso viene soffocata dalle reprimende dei fautori dell’immigrazione senza limiti, dell’”avanti tutti”, che vi vedono una “cultura del sospetto” nei confronti del migrante, anticamera di discriminazione e razzismo.

Che il timore della diffusione di malattie portate dalle persone che sbarcano dall’Africa sia più che giustificato, e che di conseguenza reclami interventi di vigilanza e controllo, è confermato da una recente presa di posizione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms), un organismo autorevole in ambito sanitario, non certo sospettabile di xenofobia e razzismo, viste le sue posizioni spesso di progressismo radicale in ambito sanitario e bioetico. L’Oms ha dichiarato l’emergenza sanitaria internazionale per la Poliomielite. Non una malattia esotica o tropicale, ma la vecchia Polio di cui nel nostro paese qualche anziano ricorda ancora con timore il nome. Una malattia che in Europa da anni era pressoché scomparsa. 

Ma a  seguito della diffusione straordinaria del virus polio registrata in questi primi mesi del 2014, e del rischio di salute pubblica che questa pone a livello internazionale proprio per i vasti flussi migratori in corso, e della conseguente necessità di intervenire con azioni coordinate, il 5 maggio scorso il Direttore Generale dell’Oms ha dichiarato un’emergenza di sanità pubblica di rilevanza internazionale (come sancito nel Regolamento sanitario internazionale).  

La decisione è stata presa dopo la valutazione effettuata dal Comitato di emergenza riunitosi appositamente il 28 aprile 2014. Hanno partecipato alle discussioni anche le nazioni in cui permane la circolazione di virus polio: Afghanistan, Camerun, Guinea equatoriale, Etiopia, Israele, Nigeria, Pakistan, Somalia e Siria.

La conclusione del Comitato di dichiarare l’emergenza sanitaria mondiale è stata unanime e rappresenta il massimo livello di allarme sanitario possibile. È solo la seconda volta nella storia dell’Oms (la prima è stata con la pandemia influenzale 2009-10) che viene dichiarato questo tipo di emergenza.

Le motivazioni dell’allarme sono nella continua esportazione di casi di polio da Paesi ancora endemici a Paesi vicini: nel 2013 il 60% dei casi erano da importazione, ed è provato che abbiano contribuito a questa diffusione i viaggiatori adulti. Questo trend è continuato nei primi mesi del 2014. Una diffusione internazionale del virus è avvenuta da 3 dei 10 Paesi endemico-epidemici: in Asia centrale (dal Pakistan all’Afghanistan), in Medio oriente (dalla Siria all’Iraq) e in Africa centrale (dal Camerun alla Guinea equatoriale). 

Le altre nazioni che presentano una circolazione di virus polio (Afghanistan, Guinea equatoriale, Etiopia, Iraq, Israele, Somalia e specialmente la Nigeria) devono sottostare a  misure di profilassi, avendo il dovere di far sì che i propri cittadini non siano in condizioni di poter diffondere il virus viaggiando. Implicitamente l’Oms ammette che molte nazioni che non riportano casi di poliomielite potrebbero avere sacche di popolazione suscettibile all’infezione.

Ma allo stesso tempo, nella dichiarazione, l’Oms riconosce il diritto dei Paesi polio-free (tra cui evidentemente c’è anche il nostro) a non importare il virus. Si potrebbe aggiungere che lo stesso diritto (riconosciuto dall’Oms come tale) dovrebbe valere anche per altre malattie.

Se molti, riguardo ai migranti africani, pensano a malattie letali ma fortunatamente circoscritte come Ebola, o come la Malaria o la Febbre Gialla, i dati epidemiologici ci dicono che queste persone in realtà stanno introducendo nel nostro paese malattie che qui erano state debellate e per le quali anche la guardia sanitaria era stata un po’ abbassata. È il caso della Tubercolosi. La Tbc, o Tisi, è stata a lungo in Occidente la principale malattia infettiva causa di morte. È una malattia contagiosa che si trasmette per via aerea mediante un batterio, il Mycobacterium tuberculosis. Il contagio può avvenire per trasmissione da un individuo malato, tramite saliva, starnuto o colpo di tosse. Per trasmettere l’infezione bastano pochissimi bacilli anche se non necessariamente tutte le persone contagiate dai batteri della Tb si ammalano subito. Il sistema immunitario, infatti, può far fronte all’infezione e il batterio può rimanere quiescente per anni, pronto a sviluppare la malattia al primo abbassamento delle difese. 

Nonostante sia una malattia prevenibile e curabile, la Tb costituisce oggi una delle emergenze sanitarie più drammatiche, tanto da essere stata dichiarata emergenza globale nel 1993 dall’Oms per l’enorme carico sanitario, economico e sociale che la accompagna. La Tubercolosi è una malattia fortemente associata alle condizioni in cui vivono le persone. L’abbassamento delle difese immunitarie, infatti, può dipendere dal fatto di vivere in condizioni igieniche molto scarse e di soffrire di uno stato di malnutrizione e cattive condizioni generali di salute. 

Secondo l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, per esempio, le decine di milioni di rifugiati che vivono in condizioni molto precarie in diversi Paesi del mondo, a seguito di guerre o di catastrofi naturali, sono a rischio molto alto di sviluppare Tb. La necessità di tenere sotto controllo la Tb nei campi profughi e rifugiati, soprattutto in zone dove l’incidenza della malattia è già molto alta come in Africa, costituisce quindi una priorità assoluta. Inoltre la Tb tende a interagire in modo drammatico con il virus Hiv e la combinazione delle due infezioni è letale: una malattia accelera il decorso dell’altra. L’Hiv indebolisce il sistema immunitario. Chi è sieropositivo e viene infettato da tubercolosi si ammala di Tb molto più facilmente di chi è infetto ma non sieropositivo. La Tb è infatti la principale causa di morte tra le persone sieropositive. In Africa, l’Hiv è il fattore che di fatto ha determinato l’incremento d’incidenza della Tb negli scorsi 10 anni.

Quanti sono i sieropositivi per Hiv e Tb che sono entrati in questi anni nel nostro paese? Non lo sappiamo: non sono mai stati effettuati dei test di ingresso nei migranti, e la diffusione di queste malattie, dal momento che possiamo supporre che una certa percentuale delle persone arrivate fosse positiva, è certamente avvenuta senza che ci fossero misure di controllo. 

Solo a fronte di questa ultima consistente ondata di arrivi è stata disposta dal Ministro della Salute Lorenzin l’effettuazione di test di controllo per la Tb. Una misura apprezzabile, anche se un po’ tardiva.

In conclusione, non si può non sottolineare che, per un Sistema Sanitario come il nostro, già messo duramente alla prova dalle varie spending review, il costo di questi interventi sanitari di prevenzione - e ci si limita alla prevenzione, per non parlare dell’assistenza farmaceutica, dei ricoveri, della diagnostica - è senz’altro molto oneroso.

Non sarebbe il caso di cominciare a pensare seriamente ad una diversa politica di assistenza ai profughi e ai migranti?