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RAI E POTERE

Saviano, una vittima? No, è stato sempre al sole del potere

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La Rai cancella il programma di Roberto Saviano, Insider, dopo gli insulti a Salvini e Meloni. Nel frattempo la sinistra fa le barricate, assieme allo scrittore. Ma Facci ha subito lo stesso. E senza barricate.

Politica 28_07_2023
Roberto Saviano

Le infinite polemiche sul controllo politico della Rai e sulla presunta militarizzazione della tv pubblica da parte delle forze di maggioranza, questa volta coinvolgono Roberto Saviano. Lo scrittore ha definito Matteo Salvini “ministro della Mala Vita”, ma non è nuovo ad affermazioni del genere, perché anche nel recente passato aveva bollato Meloni e Salvini come “bastardi”. La Rai, applicando il codice etico aziendale, ha cancellato il suo programma Insider. Le 4 puntate (registrate) sarebbero dovute andare in onda su Rai 3 tra novembre e dicembre. Si sarebbe trattato di trasmissioni dedicate alla lotta alla mafia.

La sinistra ha reagito con veemenza parlando di censura. Addirittura i parlamentari Dem che fanno parte della Commissione Antimafia, insieme con il vicepresidente Federico Cafiero de Raho (in quota M5s), vorrebbero parlarne in quella sede, come se una discussione sul palinsesto della tv pubblica potesse svolgersi in una Commissione che si occupa di contrasto alla malavita e alla criminalità organizzata, anziché nella Commissione parlamentare di vigilanza Rai.

E’ stato lo stesso Saviano in alcune interviste pubblicate ieri a parlare di censura politica nei suoi confronti. Lo scrittore, nel criticare il governo, ha rincarato la dose, sostenendo che questa decisione è figlia di una vendetta della destra per il caso Facci (Filippo Facci, il giornalista di Libero che avrebbe dovuto avere un programma in Rai e che poi se lo è visto togliere dopo che in un suo articolo aveva offeso la ragazza della quale il figlio di Ignazio La Russa avrebbe abusato).

Accostare i due casi appare quanto mai inopportuno per una serie di ragioni. Facci era stato di certo inelegante nel passaggio sulla ragazza (aveva scritto che “si era fatta prima di essere fatta dal figlio di La Russa”), ma poi aveva chiesto scusa per quella sua uscita infelice e, nonostante questo, non è stato perdonato. Saviano è stato recidivo nelle offese ai leader del centrodestra, con accuse infamanti delle quali sta anche rispondendo nei tribunali, e dunque avrebbe dovuto abbassare i toni. Invece nelle ultime ore sta contribuendo, con le sue parole, ad alzare la temperatura dello scontro.

Per anni Saviano ha pontificato dagli studi della tv pubblica, assumendo chiare posizioni politiche e mancando di rispetto, anche di recente, ai vincitori delle ultime elezioni politiche, votati dalla maggioranza degli elettori. Dunque non si comprende perché con i soldi dei cittadini dovrebbe essere finanziato il programma di una persona faziosa come lui, che non si limita a dare voce alle vittime di mafia e a fare luce sugli inquietanti meccanismi di funzionamento dei rapporti tra clan mafiosi, ma che insinua il sospetto che ad essere coinvolti in quelle trame siano esponenti di una sola parte politica.

Facci è stato semplicemente leggero nelle sue esternazioni su un episodio ancora tutto da chiarire ma sulla chiusura del suo programma la destra non ha assolutamente fatto le barricate. Ha accettato di buon grado una decisione aziendale. Adesso sia Saviano che la sinistra dovrebbero accettare una seconda decisione aziendale, non politica, per un altro episodio deprecabile, anche se non sovrapponibile al primo.

In verità nelle ultime ore si è aperto uno spiraglio che potrebbe preludere a un colpo di scena, certamente non auspicabile. La Presidente della Rai, Marinella Soldi è intervenuta in difesa della trasmissione di Saviano augurandosi “un supplemento di riflessione interna”, in quanto si tratterebbe di “un prodotto nello spirito del servizio pubblico che parla di mafia e di legalità”. Peccato però che Saviano abbia insultato anche ieri l’amministratore delegato Rai, Roberto Sergio, definendolo “un passacarte”.

Non si comprende perché Saviano, la Annunziata, Fazio e altri che hanno sbattuto la porta andandosene dalla Rai oppure si sono messi nelle condizioni di venire allontanati dalla tv pubblica debbano avere la libertà di offendere, non solo chi governa il Paese, ma anche chi gestisce il servizio pubblico e cerca di rappresentarlo nel migliore dei modi e invece esponenti del centrodestra non possano intervenire a difesa del pluralismo dopo decenni di squilibrio della programmazione fortemente sbilanciata in favore della sinistra.

Riformare la Rai non deve significare semplicemente ridurre o eventualmente azzerare il canone, ma soprattutto intervenire una volta per tutte sull’influenza indebita esercitata dalla politica. Le divisioni tra partiti fanno perdere di vista il concetto stesso di servizio pubblico. Un’azienda che è finanziata con i soldi di tutti gli italiani dovrebbe essere pienamente rispettosa del pluralismo sociale e fortemente meritocratica anziché basare il suo funzionamento sulla lottizzazione degli spazi e sulla cooptazione degli accoliti o sull’epurazione dei nemici.