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Santissima Trinità

Nel De Trinitate, per definire la relazione d’amore interna al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo, sant'Agostino scrisse: «Le persone divine non sono più di tre: la prima che ama quella che nasce, la seconda che ama quella da cui nasce e la terza che è lo stesso amore». Aggiungendo poi: «Ecco sono tre: l’Amante, l’Amato e l’Amore»

Santo del giorno 04_06_2023 English Español

Fides omnium christianorum in Trinitate consistit, «la fede di tutti i cristiani si fonda sulla Trinità», insegnava sant’Agostino sul mistero più grande che possa esistere. Un mistero da noi professato ogni volta che ci facciamo il segno della croce e contenuto nella formula del Battesimo che Gesù stesso trasmise agli apostoli con un comando solenne: «Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo» (Mt 28, 19). Il termine «Trinità» per esprimere l’unione delle tre Persone divine compare per la prima volta negli scritti di san Teofilo di Antiochia (c. 120-185) e poi di Tertulliano. Ma tra gli autori dei primi secoli della cristianità fu proprio sant’Agostino (354-430) colui che più cercò di approfondire il mistero trinitario.

La tradizione, ripresa da una vasta iconografia, riferisce che mentre Agostino passeggiava sul litorale laziale, meditando sulla Trinità, vide un fanciullo che attingeva ripetutamente con la mano l’acqua del mare e la versava in una piccola buca sulla spiaggia. Sentendosi chiedere il perché di quella strana azione, il fanciullo rispose che voleva versare tutto il mare nella buca. «Ma ciò è impossibile!», gli disse Agostino, che si sentì replicare: «È più facile per me riuscire a versare tutta l’acqua del mare in questa piccola fossa, che per te spiegare l’imperscrutabile mistero della Santissima Trinità». Detto questo, l’angelo sparì.

Nel suo capolavoro sulla dottrina trinitaria, il De Trinitate, Agostino, per definire la relazione d’amore interna al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo, scrisse: «Le persone divine non sono più di tre: la prima che ama quella che nasce, la seconda che ama quella da cui nasce e la terza che è lo stesso amore». Aggiungendo poi: «Ecco sono tre: l’Amante, l’Amato e l’Amore». In un altro suo scritto, il vescovo di Ippona usò un’altra bella immagine, in questo caso rivolta a ogni anima e alla scelta che ne determinerà la sorte eterna: «Ciascuno è ciò che ama. Ami la terra? Sarai terra. Ami Dio? Che cosa devo dire? Che tu sarai Dio? Io non oso dirlo per conto mio. Ascoltiamo piuttosto le Scritture: Io ho detto: voi siete dèi, e figli tutti dell’Altissimo [cfr. Sal 81, 6; Gv 10, 34]. Se, dunque, volete essere dèi e figli dell’Altissimo, non amate il mondo, né le cose che sono nel mondo».

Prima e dopo l’opera del vescovo di Ippona, la Chiesa ha sempre cercato di formulare nel modo più chiaro possibile la sua fede trinitaria, sia per difenderla dalle eresie (che non sono certo opinioni innocue bensì inganni che minano alle fondamenta la possibilità stessa di una retta conoscenza di Dio da parte dell’uomo e con ciò ne mettono a repentaglio la salvezza, rischiando di allontanarlo da Lui) sia proprio per arrivare a una migliore intelligenza della Santissima Trinità, il fine per il quale siamo stati creati. Non per nulla i primi quattro concili ecumenici (Nicea nel 325, Costantinopoli nel 381, Efeso nel 431, Calcedonia nel 451) sono dei capisaldi della vera fede, di cui il Credo è un’altissima sintesi.

Già nell’Antico Testamento si possono rinvenire le tracce dell’essere trinitario di Dio. Un esempio è la straordinaria manifestazione divina ad Abramo alle Querce di Mamre (Genesi 18), dove si ha la prima immagine di Dio Uno e Trino. Ma solo con la venuta di Cristo tra gli uomini nella pienezza dei tempi e la Pentecoste i fedeli inizieranno ad avere accesso a questo mistero. Spiega il Catechismo: «L’intimità del suo Essere come Trinità Santa costituisce un mistero inaccessibile alla sola ragione, come pure alla fede d’Israele, prima dell’incarnazione del Figlio di Dio e dell’invio dello Spirito Santo» (CCC 237).

Per questo motivo la Chiesa celebra la solennità della Santissima Trinità nella prima domenica dopo la Pentecoste (fu Giovanni XXII, nel 1334, a estendere la festa liturgica a tutta la Chiesa), punto d’inizio della sua missione salvifica tra i popoli. Una missione che deve condurre l’uomo a Dio, Amore e Verità, nostro principio e nostro fine, che faceva dire a santa Caterina da Siena: «Tu, Trinità eterna, sei come un mare profondo, in cui più cerco e più trovo, e quanto più trovo, più cresce la sete di cercarti. Tu sei insaziabile; e l’anima, saziandosi nel tuo abisso, non si sazia, perché permane nella fame di Te, sempre più Te brama, o Trinità eterna».

Per saperne di più:

Catechismo della Chiesa Cattolica, punti 232-267