Sant’Antonio Maria Zaccaria
«È proprio dei grandi cuori mettersi al servizio degli altri senza ricompensa e combattere non in vista della paga», diceva il fondatore dei Barnabiti sant’Antonio Maria Zaccaria (1502-1539), tra i protagonisti della Riforma cattolica.
«È proprio dei grandi cuori mettersi al servizio degli altri senza ricompensa e combattere non in vista della paga», diceva il fondatore dei Barnabiti sant’Antonio Maria Zaccaria (1502-1539), tra i protagonisti della Riforma cattolica.
Antonio Maria nacque a Cremona da una famiglia nobile e rimase orfano del padre ad appena due anni. Venne allevato teneramente dalla giovanissima madre (era diciottenne quando rimase vedova), che ne curò soprattutto la formazione cristiana. Fin dalla fanciullezza dimostrò il suo amore per gli ultimi, come quando – in una fredda giornata d’inverno – tornò a casa senza mantello, che aveva messo sulle spalle di un povero. Studiò filosofia e medicina e per circa tre anni praticò la professione medica, curando gratuitamente gli indigenti e confortandoli nell’anima.
Già nel periodo da medico, Antonio avvertiva l’urgenza di spiegare le Sacre Scritture e trasmettere le verità di fede a grandi e piccoli, in un’epoca contraddistinta dalla nascita delle eresie di Lutero. Grazie probabilmente anche al consiglio del domenicano Battista da Crema, maturò la decisione di farsi sacerdote. Intraprese quindi gli studi teologici. Il 20 febbraio 1529 ricevette l’ordinazione sacerdotale. L’anno seguente, su invito della contessa Ludovica Torelli, di cui fu cappellano e in seguito direttore spirituale, si trasferì a Milano. Qui – con l’aiuto dei nobili Bartolomeo Ferrari e Giacomo Morigia, che abbracciarono poi il sacerdozio – fondò nei pressi della chiesa di San Barnaba la Congregazione dei Chierici regolari di San Paolo, che furono chiamati Barnabiti dai milanesi. Così scrisse ai suoi primi confratelli in una lettera d’esortazione: «Corriamo come matti non solo a Dio, ma ancora verso il prossimo, il quale è il mezzo che riceve quello che non possiamo dare a Dio, non avendo Egli bisogno dei nostri beni».
I Barnabiti divennero presto noti alla popolazione per alcuni tratti distintivi: erano «tutti giovani» preti (come annotò un cronista dell’epoca), che vivevano in povertà e giravano per le strade dedicandosi alla predicazione e alle penitenze pubbliche. Nelle intenzioni di Antonio, il nuovo ordine aveva il fine di «rianimare lo spirito ecclesiastico e lo zelo per le anime tra il clero», denunciando i vizi morali e indicando la via per avvicinarsi a Dio. Il santo voleva ridare vigore alla pietà popolare e riaccendere i cuori con l’amore per Gesù. Diffuse perciò sia l’usanza di suonare le campane alle tre di venerdì pomeriggio, in ricordo della morte in croce di Nostro Signore, sia l’adorazione continua dell’Eucaristia attraverso la devozione delle Quarantore. Negli anni seguenti fondò pure un istituto di religiose, le Angeliche di San Paolo, e uno di laici sposati, i Maritati di San Paolo.
Con il suo apostolato, mirante alla riforma del clero e all’edificazione del popolo, preparò quindi il terreno al Concilio di Trento (1545-1563). Non vi poté partecipare perché il 5 luglio 1539, quando aveva circa 36 anni e mezzo, avvenne la sua nascita in Cielo, per una malattia contratta dopo innumerevoli fatiche e penitenze.
Oltre ad alcune lettere e alle costituzioni dell’Ordine barnabita, ci sono rimasti sette suoi ispiratissimi sermoni, di cui uno intitolato Di una causa della negligenza e tiepidezza nella via di Dio: la tiepidezza è il «massimo degli ostacoli» da superare per giungere al «nostro fine», cioè Dio. Riprendendo la distinzione biblica tra precetti e consigli, molto presente nel Vangelo e nelle lettere paoline, Antonio avverte che la mancata ricerca della perfezione, specie se programmatica (del tipo «purché salvi l’anima mia, basta»), è un pericolo per l’anima. Dunque, per vincere questa tiepidezza, esorta: «Vuoi tu non rompere i precetti? Osserva i consigli. Vuoi tu non far peccati mortali? Fuggi i veniali. Vuoi tu ancora fuggire i veniali? Lascia qualche cosa lecita e concessa».