sant’Antonio Maria Gianelli
Nato e cresciuto in un’epoca di accelerata secolarizzazione, tra Rivoluzione francese e Risorgimento, sant’Antonio Maria Gianelli (1789-1846), fondatore delle Figlie di Maria Santissima dell’Orto, fu un mirabile esempio di sacerdote e vescovo acceso di carità per il prossimo e consapevole dell’urgenza di rilanciare un’adeguata formazione cristiana, volta alla salvezza delle anime.
Nato e cresciuto in un’epoca di accelerata secolarizzazione, tra Rivoluzione francese e Risorgimento, sant’Antonio Maria Gianelli (1789-1846), fondatore delle Figlie di Maria Santissima dell’Orto, fu un mirabile esempio di sacerdote e vescovo acceso di carità per il prossimo e consapevole dell’urgenza di rilanciare un’adeguata formazione cristiana, volta alla salvezza delle anime. I suoi genitori erano umili contadini liguri, con sei figli, e fu grazie alla bontà della signora Nicoletta Assereto, proprietaria dei terreni dove il padre del santo lavorava come mezzadro, che il diciottenne Antonio poté andare a studiare al seminario di Genova. Il giovane studiò retorica, teologia dogmatica e morale. Per conto proprio, inoltre, volle approfondire la conoscenza della sacra liturgia. Si dedicò alla predicazione e all’insegnamento, scrivendo anche un galateo ad uso dei seminaristi.
Le sue virtù non passarono inosservate. Il 21 giugno 1826 l’arcivescovo di Genova Luigi Lambruschini lo nominò arciprete della chiesa di San Giovanni Battista, a Chiavari, e nella lettera inviata ai fedeli scrisse: “Vi mando il più bel fiore del mio giardino”. Allo stesso tempo lo aveva eletto vicario di un’area con 110 parrocchie, dove Antonio poté esercitare tutto il suo zelo apostolico. Riformò i seminari e fondò numerose accademie per l’approfondimento della Sacra Scrittura, privilegiando lo studio di san Tommaso d’Aquino per la teologia dogmatica e di sant’Alfonso Maria de’ Liguori per la morale. Nel 1827 riunì attorno a sé giovani sacerdoti, posti sotto la protezione del grande santo napoletano e perciò detti Liguoriani, e li indirizzò alle missioni rurali, per accrescere la fede tra gli abitanti delle campagne. Sempre sotto la sua guida, due anni più tardi nacquero le Figlie di Maria Santissima dell’Orto, oggi comunemente dette Gianelline, che si dedicarono all’educazione cristiana delle ragazze abbandonate e all’assistenza dei malati.
Si spendeva per queste opere di carità, conducendo al contempo una vita di mortificazione e preghiera. Indossava il cilicio, si flagellava spesso, adorava il Santissimo Sacramento e nutriva un amore filiale per la Beata Vergine. La sua fiducia nella Provvidenza era contagiosa. Il 25 agosto 1835, mentre anche in Liguria infuriava il colera, Antonio guidò una processione penitenziale con il Cristo Nero, un crocifisso ligneo medievale, per chiedere a Dio di risparmiare Chiavari dall’epidemia. Settemila fedeli, intonando inni sacri e preghiere, seguirono il sacerdote fino alla Madonna dell’Orto: e mentre l’uomo di Dio predicava di fronte al santuario una moltitudine di rondini iniziò a volteggiare attorno al Cristo Nero, che rimase esposto alla venerazione dei fedeli per ottanta giorni, al termine dei quali il santo organizzò una seconda processione per ringraziare il Signore di aver preservato la città dal contagio.
Nel 1838 venne nominato vescovo di Bobbio, sede della celebre abbazia fondata nel 614 dall’irlandese san Colombano, di cui Antonio scrisse una Vita. In questa diocesi continuò la sua opera riformatrice, rimuovendo gli ecclesiastici indegni e promuovendo l’insegnamento del Catechismo. Tra i suoi allievi ebbe anche il filosofo Cristoforo Bonavino (1821-1895), che gli procurò un grande dolore per il suo rinnegamento della dottrina cattolica: “Se continuate in questa guisa, voi non potrete recare che gravi dispiaceri alla Chiesa e voglia Iddio che non diventiate apostata”, lo ammonì il santo. Bonavino, che dopo la morte del Gianelli venne sospeso a divinis ed entrò nella massoneria, tornò nel grembo della Chiesa sei anni prima di morire, ringraziando la Madonna per averlo salvato dalla dannazione eterna e parlando così del suo antico maestro: “La sua vita può dirsi che fosse un atto continuo e perpetuo di fede, di speranza e di carità verso il prossimo. Tutte le sue azioni, come tutte le sue parole, tutti i suoi pensieri, come tutti i suoi affetti, avevano un solo e stesso principio, un solo e stesso fine: la gloria di Dio e la salvezza delle anime”.