Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
San Colombano a cura di Ermes Dovico

Santa Rosalia

La Santuzza, come la chiamano i palermitani, visse da eremita dopo aver lasciato tutto per consacrarsi a Dio.

Santo del giorno 04_09_2023 English Español

Sul Monte Pellegrino, il promontorio simbolo di Palermo, si trova un santuario ricavato all’interno di una grotta naturale trasudante acqua. È lì che santa Rosalia (c. 1130-1170), per i palermitani «la Santuzza», visse l’ultima fase della sua vita terrena. La tradizione riferisce che Rosalia era nata in una famiglia dell’alta nobiltà, e cioè dal conte Sinibaldo de’ Sinibaldi e da Maria Guiscardi, la quale aveva stretti legami di parentela con la dinastia normanna degli Altavilla. La fanciulla venne cresciuta nella fede cristiana ed educata tra la villa paterna e la corte di Ruggero II. Era molto bella e intorno ai 15 anni un nobile di nome Baldovino la chiese in sposa. Il giorno prima delle nozze, mentre si specchiava, vide riflessa l’immagine di Gesù sofferente, come sarà rivelato alla serva di Dio Maria Roccaforte (1597-1648), una mistica benedettina di Bivona (provincia di Agrigento), che era devotissima di Rosalia e per conoscerne la vita aveva offerto preghiere e digiuni alla Madonna.

La giovane comprese chiaramente la volontà di Dio su di lei. Si ripresentò al Palazzo Reale con le trecce tagliate, declinò l’offerta di matrimonio, rese nota la sua vocazione e lasciò tutto, ritirandosi nel vicino monastero basiliano del Santissimo Salvatore. Le continue visite dei genitori e dell’ex promesso sposo, che cercavano di dissuaderla, la convinsero che era giunto il tempo di lasciare Palermo. Consegnò alle monache una lettera in greco e una croce di legno e trovò rifugio nei possedimenti paterni a Santo Stefano Quisquina, distante un’ottantina di chilometri dal capoluogo siciliano, presso una grotta che aveva visitato in tenera età. Visse in quell’antro per sette anni, dedicandosi alla penitenza e alla contemplazione di Dio. Ma dopo essere stata scoperta da alcuni abitanti del luogo cambiò rifugio e per altri cinque anni dimorò in una caverna sul Monte delle Rose, nel territorio di Bivona.

Trascorsi in tutto 12 anni, l’ancora giovane Rosalia fece ritorno nella sua Palermo stabilendosi fino al giorno della sua nascita al Cielo, un 4 settembre (intorno al 1170), nella già citata grotta sul Monte Pellegrino, dove si trovava una piccola chiesa in stile bizantino retta da monaci benedettini. Il suo culto iniziò presto ed è attestato da almeno il 1196, in un Codice appartenuto presumibilmente a Costanza d’Altavilla, nonché in un’antica tavola lignea e in un altare del XIII secolo. Palermo le dedicò pure due cappelle, ma nel tempo la sua venerazione andò affievolendosi, fino a uno straordinario ritorno di fiamma nel 1624. Fu allora che la Provvidenza volle rischiarare le virtù di quella sua umilissima figlia, che aveva scelto di vivere nel nascondimento per consacrarsi interamente a Dio.

In quell’anno, mentre Palermo veniva afflitta dalla peste, un’ammalata di nome Girolama Gatto fu guarita per intercessione della santa e, dopo aver ricevuto in visione precise indicazioni da Rosalia, riferì ai frati francescani il punto esatto dove si trovavano le sue reliquie, ritrovate poi il 15 luglio. Una quarantina di giorni dopo due muratori palermitani in trasferta a Santo Stefano Quisquina trovarono in una grotta un’iscrizione in latino, che recitava: «Io Rosalia, figlia di Sinibaldo della Quisquina e [del Monte] delle Rose, per amore del mio Signore Gesù Cristo ho deciso di abitare in questo antro». Il 13 febbraio 1625 Rosalia apparve al saponaro Vincenzo Bonelli, che aveva perso la giovanissima moglie per la peste ed era salito sul Monte Pellegrino con l’intento di suicidarsi.

La santa lo esortò a pentirsi e gli chiese di informare il cardinale e arcivescovo Giannettino Doria che le ossa ritrovate l’anno prima erano veramente le sue. Aggiunse che dovevano essere portate in processione perché la Beata Vergine le aveva promesso che l’epidemia si sarebbe fermata al passaggio delle reliquie, durante il canto del Te Deum. Come prova della verità delle sue parole, garantendogli la salvezza dell’anima, Rosalia disse a Bonelli che lui stesso avrebbe contratto all’improvviso la peste e ne sarebbe morto dopo aver riferito tutto al cardinale Doria, che - in ragione della serie di eventi - gli avrebbe creduto. E così fu. La processione solenne si svolse il 9 giugno 1625 e da allora la peste iniziò a regredire rapidamente, fino a scomparire del tutto. La nobile eremita venne eletta patrona di Palermo, divenendo in breve una delle tre sante siciliane più popolari, accanto alle due grandi martiri dell’antichità, sant’Agata e santa Lucia.