Santa Giovanna della Croce, mano della Provvidenza
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Al secolo Giovanna Delanoue, a 27 anni, dopo l’invito di una pellegrina, consacrò la sua vita ai poveri. Da allora iniziò ad assistere ogni tipo di bisognosi e Dio operò miracoli attraverso di lei. Fondò le Suore di Sant’Anna della Provvidenza.
«Visita coloro che vivono come animali nelle stalle scavate nella collina, porta nutrimento e vestiti, lava i loro abiti e se necessario dà loro i suoi, si preoccupa di riscaldare questi precari rifugi, distribuisce con larghezza a quelli che passano, comincia ad accoglierli in casa propria, poi attrezza successivamente tre case che le vengono prestate e le chiama “Provvidenza”, per ricevervi bambini orfani, giovani ragazze abbandonate a sé stesse, donne in miseria, vecchi, indigenti di ogni tipo, colpiti dalla fame e dal freddo, insomma tutti coloro che nel giorno del giudizio potrebbero dirle: avevo fame, sete, ero nudo, malato, senza dimora. Non vuole fare distinzione tra i poveri meritevoli e non. Li soccorre tutti, ma vuole anche farli partecipare ai lavori, insegnare un lavoro ai bambini e alle ragazze»: questo è il ritratto che san Giovanni Paolo II fece il 31 ottobre 1982, per la canonizzazione di santa Giovanna (Jeanne) Delanoue (1666-1736), in religione Giovanna della Croce, di cui oggi ricorre la memoria liturgica.
Il carattere della spiritualità della santa evidenziato dal papa polacco è quello della carità. E la memoria, allora, corre a uno dei testi più belli delle Sacre Scritture, l’inno alla carità di san Paolo di Tarso. Le parole dell’Apostolo delle genti, infatti, ben si confanno alla biografia di questa santa purtroppo troppe volte dimenticata: «Se parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sarei come bronzo che rimbomba o come cimbalo che strepita» (1Corinzi 13,1). Questi versi riescono a donarci un altrettanto efficace ritratto della santa nata a Saumur, in Francia, sulle rive della Loira, il 18 giugno 1666. Anche la sua vita è stata un inno alla carità, all’amore verso i deboli e i bisognosi.
L’infanzia di Giovanna Delanoue fu segnata da un grave lutto: perse il padre all’età di soli sei anni. Malgrado la sua giovane età, fu in grado di aiutare la mamma nel lavoro in merceria, per poter mantenere la famiglia. È a 27 anni che Giovanna incontra profondamente il Signore. È importante soffermarci su quanto le accadde: prima di tutto si trattò di un invito (sembra quasi che il Signore stesso le abbia chiesto di seguirlo); secondo dato, fu un invito che riguardava i poveri, i bisognosi. Un invito, quindi, quasi profetico per tutto il suo cammino a seguire.
Una fedele pellegrina giunta al santuario di Notre-Dame-des-Ardilliers (a Saumur), Francesca Souchet, le chiese di consacrarsi ai poveri. Era una sorta di chiamata quella che avvenne: il Signore si serve sempre di persone accanto a ognuno di noi per far comprendere il disegno che ha in mente per ciascuno. L’incontro con quella donna devota colpì profondamente Giovanna, che si domandò cosa volesse Dio da lei. Si narra di una visione della Vergine Maria che le annunciò la sua missione. Giovanna, allora, rispose al Signore con il suo “eccomi”. Da questo momento in poi, con quella consacrazione ai poveri e con quel dialogo avuto con la Vergine, nacque e si approfondì in lei, sempre più, una conversione del cuore: da abile commerciante che era, si tramutò in donna attenta ai bisogni di ogni povero che incontrava sulla strada della piccola cittadina di Saumur. Cominciò addirittura a visitare i bisognosi nelle loro vetuste case: portava loro vestiario e cibo. Un mutamento che, in una certa misura, ricorda tanto quello di san Francesco d’Assisi, anche lui commerciante. La santità è sempre un’onda che propaga altre onde di santità: un vasto oceano in cui i limiti dello spazio e del tempo si confondono proprio come le onde del mare.
Pian piano la giovane santa cominciò anche ad accogliere nella sua casa gli indigenti della città che grazie al suo impegno trovarono un tetto, un focolare d’amore dove scaldarsi, dove poter sentire il loro cuore accolto e avvolto da un cuore ancora più grande: quello del Signore. Secondo suor Maria Laigle, confidente della santa, «mille occasioni hanno fatto vedere come la divina Provvidenza moltiplicasse il denaro nella sua borsa e il pane nella sua casa» per poter offrire a ogni povero pane e amore. Questo desiderio di accogliere i poveri crebbe nel tempo: Giovanna pensava ad ampliare la sua casa. Ma questo sogno non era facile da realizzare. Come fare? Ecco, allora, la Provvidenza venirle incontro. Accadde qualcosa di imprevedibile: il 15 settembre 1702, giorno della festa di Nostra Signora des Ardilliers, una frana rase al suolo undici case di Fenet, un quartiere tra la Loira e Côteau. Tra queste case vi era anche quella di Giovanna Delanoue. Una delle sue orfanelle fu tratta fuori dalle macerie, esanime. Tutti i poveri si strinsero attorno alla santa che aveva perduto sì le mura della propria abitazione, ma non certamente il coraggio, né tantomeno la fiducia in Dio.
Giovanna cercò rifugio dapprima nella scuderia dei sacerdoti dell’Oratorio di Saumur, per poi riuscire ad affittare una casa di tre stanze con una cantina: era un luogo perfetto per poter accogliere più persone. Intanto nella piccola cittadina della Loira la fama della donna cominciava a diffondersi: avvenne che una giovane ragazza chiese alla Delanoue di prenderla con sé perché voleva aiutarla nelle opere di carità. Poco dopo se ne aggiunse un’altra; poi, un’altra ancora, fino ad arrivare al numero di quattro: fu questo il nucleo embrionale della congregazione delle Suore di Sant’Anna della Provvidenza (oggi chiamate Ancelle dei Poveri di Jeanne Delanoue), le cui costituzioni furono approvate nel 1709 dal vescovo di Angers. Per la sua comunità la fondatrice divenne suor Giovanna della Croce: invece di prendere il titolo di superiora si considerò soltanto «la prima serva dei poveri». Una gerarchia della carità, dunque: unica regola fondamentale quella di essere accoglienti con i poveri, servirli con amore.
Questa incredibile forza di carità crebbe sempre di più, tanto da varcare i confini della città di Saumur: nel 1715 circa, la nuova congregazione poteva contare ben quaranta ausiliarie, donne che offrivano la propria esistenza all’aiuto dei poveri. Alla sua morte, avvenuta il 17 agosto 1736, la fondatrice delle Suore di Sant’Anna della Provvidenza lasciò una dozzina di comunità, ospizi e piccole scuole. Tra le vie, le viuzze, negli angoli dei palazzi di Saumur si sentiva una sola voce: «La Santa è morta». Il popolo l’aveva già canonizzata.