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Santa Francesca Saverio Cabrini

Ultima di 13 figli, fondò le Missionarie del Sacro Cuore di Gesù e anni dopo partì per gli Stati Uniti, dove fece erigere scuole, orfanotrofi, collegi femminili, case di riposo, asili, ospedali. La sua forza era la preghiera.

Santo del giorno 22_12_2023 English Español

La fede incrollabile nei disegni di Dio fu il tratto distintivo di santa Francesca Saverio Cabrini (1850-1917), rinvenibile già nella scelta del nome da religiosa, quando al nome di battesimo aggiunse «Saverio» in onore del grande missionario spagnolo che aveva dato tutto per Cristo, annunciandolo nelle terre più lontane e difficili dell’Oriente. Ultima di 13 figli di una famiglia contadina benestante, era nata a Sant’Angelo Lodigiano, rimanendo presto orfana di entrambi i genitori e divenendo suora dopo il diploma da maestra elementare. Per proseguire la missione del suo santo ispiratore, Francesca voleva partire per la Cina, ma seppe comprendere che la volontà divina su di lei era un’altra. Fu prima il vescovo di Lodi, che ne aveva intuito le doti organizzative e le virtù, a consigliarle di fondare un istituto religioso per assistere i moltissimi italiani emigrati in America. La giovane riuscì a riunire alcune compagne attorno a sé e nel 1880 fondò le Missionarie del Sacro Cuore di Gesù, costituendo case in Lombardia e poi a Roma.

La prospettiva della missione estera si concretizzò grazie a un altro vescovo, il beato Giovanni Battista Scalabrini. Pur declinando la sua proposta di affiancare il ramo maschile della congregazione da lui fondata, accettò la direzione di un asilo e una scuola a New York. Nel frattempo, era stato Leone XIII in persona a sostenere l’opportunità della via dell’America. «L’istituto è ancora giovane - le disse il Santo Padre - ha bisogno di mezzi: andate negli Stati Uniti, ne troverete, e con essi un grande campo di lavoro. La vostra Cina sono gli Stati Uniti, vi sono tanti italiani emigrati che hanno bisogno di assistenza». Partì nel 1889, compiendo la prima di una ventina di traversate oceaniche in un’infaticabile opera al servizio dei bisogni materiali e spirituali dei connazionali all’estero: «Gli italiani qui sono trattati come schiavi… bisognerebbe non sentire amor di patria per non sentirsi ferita», scriveva degli italoamericani, che aiutò a inserirsi nel tessuto statunitense senza rinunciare alla loro identità e risvegliandone la fede cattolica.

Assistita dalle suore e dai benefattori attratti dal suo carisma, tra cui alcuni italiani ricchi che coinvolse nella carità, Francesca si prese cura di ogni gruppo sociale fragile o bisognoso di formazione, dagli orfani agli ammalati, dai giovani agli anziani. Fu così che tutti presero a chiamarla Mother Cabrini. Fondò scuole, orfanotrofi, collegi femminili, case di riposo, asili, ospedali a New York e Chicago, estendendo la sua opera fino alla California, poi in Argentina e poi ancora nelle grandi capitali europee, come Londra, Madrid, Parigi. A chi la lodava per il successo delle sue iniziative, rispondeva sincera: «Tutte queste cose non le ha fatte forse il Signore?». Era in Lui che trovava la forza per superare ogni difficoltà, come emerge limpidamente dai suoi scritti: «Se alcuna cosa mi sembrerà ardua e pesante, raddoppierò la mia confidenza e abbandono nel mio Diletto, cercando di prendere riposo assoluto nel Cuore divino».

La devozione al Sacro Cuore di Gesù e l’amore per l’Eucaristia alimentato dalle lunghe contemplazioni davanti al tabernacolo, con cui cercava di accendere le sue religiose, erano la sorgente della sua operosità. «Se io mi occupassi solo di cose esteriori, per buone e sante che siano, diverrei debole e languente; col rischio di perdermi, qualora mi mancasse il sonno dell’orazione», ammoniva, indicando che il suo servizio a Dio nel prossimo nasceva dall’anima ristorata dalla preghiera contemplativa e da un’intensissima vita interiore, che è l’aspetto più facilmente oscurato quando si parla dei grandi santi capaci di trasformare il mondo come Francesca Cabrini. Per questo Pio XII, che la canonizzò e proclamò «Celeste patrona di tutti gli emigranti», aveva ben ragione a dire che «fra le sue virtù eroiche, eroicissima era in lei la carità di Cristo». È l’intima unione con Nostro Signore la virtù che più di ogni altra ha animato la sua opera, per la quale gli italoamericani la chiamano semplicemente «la nostra santa».

Per saperne di più:

Sulla figura eroica di santa Francesca Saverio Cabrini, discorso di Pio XII (9 luglio 1946)