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La figura

Santa Chiara della Croce, una vita unita a Gesù

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Originaria di Montefalco, questa mistica e religiosa agostiniana (1268-1308), celebrata il 17 agosto, partecipò per anni ai dolori di nostro Signore. L’autopsia rivelò che il suo cuore portava tutti i segni della Passione.

Ecclesia 16_08_2025
Santa Chiara da Montefalco (affresco di Benozzo Gozzoli)

Un cuore, ardente, in mano. E poi, un volto semplice, delicato. Un sorriso che affascina, cattura e rasserena: è questa l’immagine di santa Chiara della Croce (1268-1308), nata e morta a Montefalco (provincia di Perugia) e di cui domani, 17 agosto, ricorre la memoria liturgica. Chiara, un nome che in territorio umbro richiama subito alla memoria un’altra santa, sicuramente più popolare: santa Chiara d’Assisi (1194-1253), di cui abbiamo celebrato la memoria pochi giorni fa, l’11 agosto.

Il verde delle colline umbre invade, tutto intorno, il piccolo paese di Montefalco, circondato da vigneti e oliveti. In questa terra nacque, nel 1268, Chiara. Una vita, quella di questa santa, segnata fin da subito dal Signore. A soli sei anni lasciò la sua casa per seguire la sorella Giovanna che già aveva detto sì a Dio: si trovava in un reclusorio, dedita alla preghiera e alla contemplazione. Intorno al 1280, il padre, vedendo che attorno alle due figlie si stava formando un sempre più folto nucleo di ragazze desiderose di condividere assieme la preghiera, costituì un reclusorio più grande. Fu quello l’incipit dell’attuale monastero di Montefalco.

C’era bisogno però di una regola per queste vergini così desiderose di sposare Cristo: la scelta cadde sulla Regola di sant’Agostino e fu così istituito un monastero. Era il 1290. L’anno dopo, alla morte di Giovanna, superiora delle religiose, venne eletta proprio Chiara a ricoprire il ruolo della sorella. La comunità delle religiose viveva un periodo di grande profondità spirituale: il carisma della superiora incideva sulle anime e sui cuori delle consorelle. Ma Chiara dovette anche affrontare una prova spirituale ardua, un’aridità e un silenzio di Dio che si protrasse per undici anni, dal 1288 al 1299: se il Signore le aveva concesso, prima, innumerevoli grazie spirituali (tra queste, quella del dialogo diretto con Lui), in quel periodo era come se invitasse Chiara a cercarlo di nuovo, con maggiore forza e fede. Nascondersi per essere ritrovato. E così fu: Gesù voleva condividere con Chiara la sua Passione. Nel 1294, in un’apparizione, fu detto alla santa: «Ho cercato un luogo forte per piantare questa croce: qui e non altrove l’ho trovato». Quel “luogo” era il cuore di Chiara.

La Passione di Cristo, dunque, aveva trovato “casa” nel cuore di santa Chiara. Unione fortissima e profonda quella tra il cuore di Chiara e quello di Cristo. Tutto ciò è testimonianza dell’ardore spirituale della santa di Montefalco, che andrebbe riscoperto.

Un cuore che dialoga e che ingloba un altro Cuore: immagine che rende bene il rapporto speciale che Chiara di Montefalco ebbe con il Signore. Ma tutto ciò – è importante ricordarlo – non è solamente un’immagine spirituale del loro rapporto perché a suffragare il dialogo di Passione che ebbero Cristo e Chiara ci viene in aiuto il corpo della stessa santa che, poco dopo la morte, avvenuta il 17 agosto 1308, venne sottoposto a un’autopsia. Nel suo cuore, come riferiscono le fonti dell’epoca, furono trovati tutti i segni della Passione di Gesù: il crocifisso, il flagello, la colonna, la corona di spine, tre chiodi, la lancia e la canna con la spugna intrisa di aceto offerta a Cristo. Inoltre, nella cistifellea, furono ritrovate tre sfere: tutte uguali sia di peso che di misura. Erano posizionate a forma di triangolo: il segno della Santissima Trinità. Dopo alcune indagini da parte delle autorità ecclesiastiche del luogo, la straordinaria notizia arrivò a Roma. Il 18 giugno 1309, Berengario di Donadio, originario di Saint-Affrique (nell’attuale Occitania), vicario del vescovo di Spoleto, Pietro di Monticchiello († 1320), ottenne dal vescovo stesso la possibilità di cominciare un’indagine sulla vita della religiosa agostiniana. Le sue pagine costituirono, quindi, quella che oggi viene chiamata positio. L’iter per la canonizzazione di Chiara da Montefalco prese così avvio, concludendosi quasi sei secoli più tardi, nel 1881, quando papa Leone XIII la proclamò santa.

L’indagine di Berengario sottolineò i doni che il Signore aveva elargito a questa giovane donna, bella e affascinante, che aveva deciso di consacrare l’intera esistenza a Dio. Due pilastri da sottolineare: l’ascesi e il misticismo che hanno sempre contraddistinto le sue giornate, tranne il periodo di silenzio di Dio cui abbiamo accennato prima. Estasi, soprattutto: era un’anima rivolta a Cristo. Da ciò le visioni, gli incontri con Gesù. La maggior parte di questi incontri con il Signore facevano riferimento al Calvario e alla sua Passione, ma non solo. L’amore di Cristo per gli uomini era un altro “tema” ricorrente: come quando si palesò davanti a lei nella figura di agnello con lo sguardo colmo di amore e tenerezza.

Nel monastero di Montefalco c’è un affresco realizzato da Benozzo Gozzoli (1420 ca. - 1497). È un’immagine alquanto esplicativa della biografia della santa, del suo animo. Ha fra le mani un grande cuore che sembra essere la fusione di due cuori. Tiene stretto il tutto vicino al suo petto. Nell’altra mano una croce in legno, semplice, disadorna, simbolo della sua semplicità e povertà. Ciò che colpisce di più è il tenere stretto a sé quel cuore: è l’abbraccio di Dio che Chiara da Montefalco ha voluto accogliere. Lo ha tenuto stretto a sé, quasi gelosa di questo Amore. Chiara volge lo sguardo a noi, nel mirabile affresco, come a invitarci ad accogliere ogni giorno quell’abbraccio.