San Tommaso Becket, martire
Per buona parte della sua vita era stato un uomo di mondo, ma quando Dio lo chiamò a essere pastore di anime san Tommaso Becket (ca 1119-1170) si batté fino al martirio per difendere la libertà della Chiesa, senza cedere a compromessi con il potere.
Per buona parte della sua vita era stato un uomo di mondo, ma quando Dio lo chiamò a essere pastore di anime san Tommaso Becket (ca 1119-1170) si batté fino al martirio per difendere la libertà della Chiesa, senza cedere a compromessi con il potere.
Nato a Londra da genitori originari della Normandia, si era formato studiando le discipline del trivio e del quadrivio prima nella prioria di Merton e poi in una scuola londinese. Completati i primi studi, l’arcivescovo di Canterbury Teobaldo di Bec gli affidò importanti missioni a Roma, gli fece studiare diritto canonico a Bologna e Auxerre e alcuni anni dopo, nel 1154, lo nominò arcidiacono di Canterbury. Vista l’efficienza del suo collaboratore, Teobaldo lo consigliò a re Enrico II per il posto vacante di lord cancelliere, incarico che Tommaso ottenne nel gennaio 1155.
Da cancelliere assecondò l’opera di riforma del sovrano, volta a ristabilire l’autorità monarchica (indebolita dal predecessore di Enrico II) limitando l’indipendenza dei proprietari terrieri. Da braccio destro del re, Tommaso si attirò anche le critiche di religiosi e fu accusato di trascurare i suoi doveri di arcidiacono. Quando morì Teobaldo, per Enrico II fu naturale proporlo al clero come nuovo arcivescovo di Canterbury, convinto che Tommaso avrebbe continuato a sostenere la sua politica. Ma il futuro santo stava già cambiando e avvertì il sovrano: «Se Dio mi permettesse di essere arcivescovo di Canterbury, perderei la benevolenza di vostra maestà e l’affetto di cui mi onorate si trasformerebbe in odio, giacché diverse vostre azioni volte a pregiudicare i diritti della Chiesa mi fanno temere che un giorno potreste chiedermi qualcosa che non potrei accettare». Alla fine, solo l’intervento del nunzio apostolico convinse Tommaso a divenire arcivescovo, consacrato il 3 giugno 1162.
Il cambiamento fu totale. La frugalità nei pasti, la preghiera, la lettura della Bibbia, la carità a poveri e ammalati accompagnarono le sue giornate e presto emerse lo scontro che aveva predetto. Enrico II cercò di influenzare altri vescovi inglesi e propose l’approvazione di alcuni diritti reali che avrebbero limitato la libertà della Chiesa, i cui membri furono invitati a giurare di obbedire ai “costumi del reame”. Dopo un tira e molla che si protrasse per mesi si arrivò alle Costituzioni di Clarendon, con le quali il re estendeva la sua giurisdizione all’ambito ecclesiastico e pretendeva di dover dare la sua approvazione alle nomine più importanti nella Chiesa: Tommaso, riflettendo sulle conseguenze di quelle norme, fu di fatto il solo a opporre una ferma resistenza e venne processato per oltraggio al re. Riuscì a fuggire in Francia, dove visse in esilio per sei anni e nel frattempo ottenne il sostegno di papa Alessandro III, mentre Enrico emanava editti contro di lui.
I delegati papali riuscirono a trovare un accordo con il re per il ritorno di Tommaso dall’esilio, ma quest’ultimo già immaginava quale sarebbe stata la sua sorte: «Sono tornato per morire in mezzo a voi», disse ai fedeli. Il contrasto con la corte si riacuì nel giro di poche settimane. Sebbene permanga il dubbio sulle parole esatte pronunciate da Enrico II («Chi mi libererà da questo prete turbolento?», è la versione più comune), che in seguito si umiliò con una pubblica penitenza presso la tomba del martire, quattro cavalieri le interpretarono come un invito all’eliminazione fisica dell’arcivescovo. Lo raggiunsero così nella cattedrale e lo uccisero di spada (il fatto ha ispirato il dramma “Assassinio nella cattedrale” di Eliot) all’ora dei vespri del 29 dicembre 1170: «Per il nome di Gesù e la protezione della Chiesa, sono pronto ad abbracciare la morte», furono le ultime parole di Tommaso, la cui tomba divenne in breve uno dei maggiori luoghi di pellegrinaggio dell’Inghilterra. Anche i quattro cavalieri, presto scomunicati da Alessandro III, mostrarono segni di pentimento e si recarono dal papa, che ordinò loro di servire per 14 anni in Terrasanta.
Patrono di: clero secolare