San Sebastiano
Il contesto storico in cui avvenne il martirio di san Sebastiano - patrono di arcieri, atleti, militari, tappezzieri e vigili urbani - è legato alla ripresa delle persecuzioni sotto Diocleziano, che guidò l’Impero romano dal 284 al 305.
La prima traccia scritta a noi nota dell’antichissimo culto di san Sebastiano si trova nella Depositio martyrum del 336, un calendario in uso nella Chiesa di Roma con i giorni di sepoltura dei martiri, da cui si ricava la data del 20 gennaio. Si ha notizia della sua venerazione anche nel Commento al salmo 118 di sant’Ambrogio (340-397), secondo cui il martire era cresciuto a Milano e si era trasferito poi a Roma. Risale invece al secolo successivo la prima Passio sul santo, attribuita ad Arnobio il Giovane, seguita nel tempo da altre agiografie, tra cui quella riportata nella Legenda Aurea del beato Jacopo da Varagine.
Il contesto storico in cui avvenne il suo martirio è legato alla ripresa delle persecuzioni sotto Diocleziano, che guidò l’Impero romano dal 284 al 305 e si fece presto affiancare da Massimiano. Secondo le fonti agiografiche, Sebastiano aveva intrapreso la carriera militare e si era guadagnato la stima di Diocleziano e Massimiano, all’oscuro della sua fede cristiana, fino a essere scelto come tribuno della coorte pretoria, di stanza a Roma per la protezione dell’imperatore. Grazie al suo ruolo, quando iniziarono a infuriare le persecuzioni, agendo con prudenza il santo poté aiutare i cristiani imprigionati e provvedere alla sepoltura dei martiri.
Un giorno furono arrestati due fratelli cristiani, Marco e Marcelliano, per i quali il padre Tranquillino riuscì a ottenere una dilazione della condanna impegnandosi a convincere i figli a onorare gli dei pagani. Tra le sofferenze del carcere e le pressioni, i due giovani erano sul punto di cedere quando intervenne Sebastiano a fortificarli nella fede: “Fortissimi soldati di Cristo, non vogliate deporre la corona eterna per misere lusinghe”. Parlò poi ai genitori della certezza che i figli, perseverando nella testimonianza di Cristo, avrebbero preparato per loro la via del Paradiso; mentre il santo faceva questi discorsi nel buio della cella, i presenti videro una luce illuminare il suo capo e irradiarsi in tutta la stanza. Al prodigio assistette anche Zoe, moglie del capo della cancelleria imperiale, che stava accompagnando il marito Nicostrato nella visita delle carceri: la donna, muta da sei anni, s'inginocchiò davanti a Sebastiano, che implorò l’aiuto di Dio, le fece il segno della croce sulle labbra e la guarì.
Il fatto fu accompagnato da una serie di conversioni, seguite nel giro di poco tempo dal martirio di Marco e Marcelliano, trafitti dalle lance, Tranquillino, lapidato, e Zoe, soffocata dal fumo di un rogo. Intanto, Sebastiano, che san Caio (papa dal 283 al 296) aveva proclamato “difensore della Chiesa”, venne messo in prigione e poi condotto dall’imperatore che gli disse: “Io ti ho sempre tenuto fra i maggiorenti del mio palazzo e tu hai operato nell’ombra contro di me, ingiuriando gli dei”. Fu allora legato a un palo sul Palatino e colpito da così tante frecce che i soldati lo credettero morto, lasciandone il corpo sul colle, in pasto agli animali selvatici.
La vedova di san Castulo martire, Irene, e la serva Lucina andarono a recuperare il corpo di Sebastiano per dargli una degna sepoltura, ma si accorsero che era ancora vivo e lo curarono. Quando il santo guarì, si presentò, senza timore della morte terrena, davanti a Diocleziano e Massimiano mentre i due andavano a venerare il Sol Invictus nel tempio fatto costruire da Eliogabalo, e li ammonì a convertirsi. Superata la sorpresa di vedere l’ufficiale ancora vivo, Diocleziano ne ordinò la flagellazione. Il cadavere del martire fu poi gettato nella Cloaca Massima, ma in seguito a un sogno fu subito recuperato da Lucina e sepolto ad Catacumbas, cioè nel luogo che già nel primo millennio venne ridenominato Catacombe di San Sebastiano.
Patrono di: arcieri, atleti, militari, tappezzieri, vigili urbani; invocato contro la peste