IL CASO
San Raffaele, ora pro nobis
I rischi dell'intervento della Segreteria di Stato vaticana, con i problemi etici legati alle controverse ricerche biomediche svolte al San Raffaele.
Attualità
21_07_2011
Il suicidio di Mario Cal, il vicepresidente del San Raffaele esautorato tre giorni prima dal nuovo cda dell’ospedale fondato da don Luigi Verzè e gravato da un miliardo di debiti, ha riportato sulle pagine dei giornali e sui servizi dei Tg il clima che si respirava negli anni Ottanta.
Gli elementi ci sono tutti: un ospedale indicato come uno dei punti d’eccellenza nazionale che è anche il luogo dove va a farsi curare il presidente del Consiglio Berlusconi; un sacerdote intraprendente che vuol far vivere gli uomini almeno 120 anni e ha messo in piedi non soltanto un centro di ricerca avanzatissimo ma anche strutture e iniziative giudicate da più di qualcuno come un tantino megalomani; un miliardo di euro di debiti che sembrano essere comparsi tutto ad un tratto, ma che certo non possono essere il frutto degli errori gestionali degli ultimi sei mesi; il suicidio del braccio destro di don Verzè, il suo più stretto collaboratore, sposato e appartenenente ai «Sigilli», l’associazione dei fedelissimi. E infine la Santa Sede, rappresentata dagli uomini di fiducia del cardinale Segretario di Stato Tarcisio Bertone, che ha deciso di tentare di salvare il San Raffaele dal fallimento e ha rinnovato il suo consiglio d’amministrazione, estromettendo Mario Cal e relegando a un incarico onorifico lo stesso don Verzè.
Il Vaticano ha deciso di intervenire nel San Raffaele – ospedale che, ricordiamo, non è mai stato «cattolico» - mettendolo nelle mani del manager della sanità, il bertoniano Giuseppe Profiti, presidente del Bambin Gesù di Roma. Insieme con lui sono arrivati l’ex ministro della Giustizia del primo governo Prodi, il costituzionalista Giovanni Maria Flick (anche lui vicino a Bertone: il cardinale ha tentato, finora invano, di metterlo alla guida anche dell’Istituto Toniolo, la «cassaforte» dell’Università Cattolica, per sottrarlo all’influenza dell’arcivescovo di Milano Dionigi Tettamanzi); l’imprenditore genovese Vittorio Malacalza; il presidente dello Ior Ettore Gotti Tedeschi.
È proprio la presenza di quest’ultimo ad essere più impegnativa. Gotti Tedeschi rappresenta infatti la «banca vaticana», l’Istituto per le Opere di Religione, più volte finito nel mirino delle cronache e delle inchieste negli ultimi decenni. Gotti Tedeschi, per volontà del Papa e del cardinale Bertone, ha operato una profonda riforma nella direzione della trasparenza, e l’adozione da parte della Santa Sede delle norme internazionali antiriciclaggio ha rappresentato un traguardo importante in questo senso. Ora però, entrando nel cda del San Raffaele, il presidente dello Ior impegna la Santa Sede stessa - innanzitutto a livello di immagine - in un’operazione dai contorni ancora incerti e sfuggenti.
È vero che il Vaticano ha preso il controllo dell’ospedale fondato da don Verzè senza sborsare un euro. L’impegno ad un aumento di capitale esiste, ma è subordinato a una verifica dei conti, dei bilanci, delle società collegate: insomma, prima di impegnare economicamente l’Istituto per le Opere di Religione, con tutto ciò che comporta, la Santa Sede vuole vederci ben chiaro.
Il suicidio di Mario Cal è piombato come un macigno su questa vicenda. I nuovi arrivati nel cda, gli uomini di fiducia del cardinale Bertone, non l’avevano neanche incontrato venerdì 15 luglio quando sono arrivati a Milano per formalizzare il passaggio di consegne che ha portato il controllo del San Raffaele nelle mani di Profiti. E si racconta che all’ormai ex vicepresidente, braccio destro di don Verzè, fosse stato soltanto chiesto tramite un biglietto di lasciare l’ufficio, cosa che Mario Cal si preparava a fare. Anche se, va detto, non sarebbe uscito del tutto di scena, in quanto avrebbe continuato ad avere per tre anni un ruolo diretto nella gestione delle società estere legate a don Verzè, come attesterebbe un documento del 29 giugno 2011.
Prima di suicidarsi, Cal ha lasciato una breve lettera alla moglie, scrivendole: pago per errori non miei. A che cosa si riferiva? Chi avrebbe commesso questi errori? Mario Cal si è visto costretto ad assecondare le immaginifiche e dispendiose iniziative di don Verzè (basta vedere la cupola alta 60 metri e la struttura interna del nuovo edificio del San Raffaele per rendersene conto, per non parlare dell’hotel in Sardegna, delle piantagioni di manghi e meloni in Brasile o della società neozelandese proprietaria del jet privato su cui era solito viaggiare il prete manager)?
La fine, drammatica, del braccio destro di don Verzè, getta una luce sinistra sul dissesto finanziario del San Raffaele. E certamente provocherà una cautela ancor maggiore da parte degli uomini del cardinale Bertone, venuti da Roma a Milano per salvare il salvabile.
Il progetto del cardinale è quello di creare un polo di eccellenza a livello europeo, che connetta il San Raffaele, il Bambin Gesù di Roma e Casa Sollievo della Sofferenza a San Giovanni Rotondo (questi ultimi due ospedali già gestiti da manager di fiducia del Segretario di Stato). Ed è più che probabile che anche il tentativo di prendere il controllo dell’Istituto Toniolo alla vigilia dell’arrivo del nuovo arcivescovo di Milano, il cardinale Angelo Scola, in modo da evitare che il nuovo pastore ambrosiano fosse coinvolto, facesse parte dello stesso progetto, così da inglobare anche il Policlinico Gemelli dell’Università cattolica in questo nuovo polo.
Un acuto osservatore di cose vaticane, don Filippo di Giacomo, sul quotidiano L’Unità ha scritto che ciò che Bertone vuole salvare del San Raffaele è soprattutto la ricerca universitaria sulle biotecnologie: il fiore all’occhiello dell’opera di don Verzè, che ha visto lavorare, incontrarsi e confrontarsi ricercatori di diverse tendenze. È anche probabile che, nell’intraprendere la nuova joint-venture, il Vaticano non abbia raccolto informazioni approfondite sulle tecniche applicate al San Raffaele e sugli insegnamenti impartiti, non sempre in linea con gli insegnamenti della Chiesa. Ma se l’operazione andrà in porto, e soltanto in questo caso, il problema si porrà.
Lo Ior, insieme a una non meglio precisata «charity» internazionale (attorno alla quale permane un alone di mistero), valutati i conti, potrebbe dunque salvare l’ospedale dal fallimento – i soldi per gli stipendi finiranno a giorni – per poi rilanciarlo. È stato detto che l’impegno finanziario per l’Istituto presieduto da Gotti Tedeschi potrebbe essere di duecento milioni di euro. Un’operazione che susciterebbe comunque qualche perplessità anche negli ambienti ecclesiastici, visto che giungerebbe in un momento finanziariamente non facile per il Vaticano: c’è chi si chiede se non sia rischioso implicare così direttamente la Santa Sede e in ultima analisi lo stesso Pontefice, dato che un’operazione di questa entità sarebbe difficilmente attribuibile soltanto al Segretario di Stato.
Il suicidio di Cal a tre giorni dall’estromissione dal cda ha complicato non poco le cose. Il nuovo consiglio d’amministrazione presieduto da Giuseppe Profiti ha rilasciato uno scarno comunicato nel quale si esprime «dolore e sgomento per il gesto così grave e imprevedibile compiuto dal dottor Mario Cal, che accresce la consapevolezza sulla delicatezza e sulla gravità dell’attuale situazione in cui si trova la Fondazione e sulla necessità del massimo impegno da parte del Consiglio, con la piena partecipazione e guida spirituale del presidente don Luigi Maria Verzè, per il pronto risanamento del San Raffaele».
Molti dubbi saranno fugati nel momento in cui i nuovi gestori del San Raffaele, decidendo di investirci, presenteranno un progetto e saranno dunque chiari il significato e le finalità dell’operazione, soprattutto da parte della Santa Sede.