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LA FIGURA

San Raffaele di San Giuseppe, cantore di Maria

Dopo una vita raminga, i lavori forzati in Siberia e un lungo travaglio interiore, Giuseppe Kalinowski entrò, a 42 anni, nell’Ordine del Carmelo, assumendo il nome di fra Raffaele di San Giuseppe. All’origine la devozione per la Madonna, che lo guidò in modo provvidenziale.

Ecclesia 15_11_2022

15 novembre 1907, Wadowice: nel convento carmelitano della cittadina polacca, sale al Cielo san Raffaele di San Giuseppe, del quale oggi ricorre la memoria liturgica. Quel convento, fondato dallo stesso santo, diventerà importante per il cammino spirituale di un altro uomo «venuto dal Signore», san Giovanni Paolo II che - nel suo libro Dono e Mistero (1996) - lo ricorderà con queste parole: «A Wadowice c'era un monastero carmelitano, la cui fondazione risaliva ai tempi di san Raffaele Kalinowski. Gli abitanti di Wadowice lo frequentavano in gran numero. (...) Fu così che, tanto nella chiesa parrocchiale quanto in quella del Carmelo, si formò la mia devozione mariana». È il mirabile e sorprendente intreccio delle vite dei santi; e un comune “filo” sembra dipanarsi e legarle insieme, in maniera misteriosa e provvidenziale: è il “filo” color del cielo e del mare, quello del manto della Vergine Maria.

La devozione mariana di san Raffaele di San Giuseppe, al secolo Giuseppe Kalinowski, affonda le sue radici nella fanciullezza, fin da quando il piccolo Giuseppe, rimasto orfano di madre a soli due anni, viene portato dal padre Andrea, nobile polacco, al cospetto dell’immagine di Nostra Signora della Misericordia venerata nella cappella della Porta dell’Aurora, porta d’ingresso della città di Vilnius, capitale della Lituania; la cappella non è lontana dall’abitazione natale e i pellegrinaggi verso questo luogo santo accompagneranno l’intera sua giovinezza; sarà proprio davanti a questa sublime effigie della Madonna - così ricca di storia, sconvolgente per la sua sublime bellezza d’oro e d’argento - che il cuore del giovane si aprirà alla preghiera; immaginando questa scena, lo sguardo di Giuseppe fisso a questa icona così colma di tenerezza e regalità, non possono che venire in mente i versetti del Salmo 131: «Io sono tranquillo e sereno come un bimbo svezzato in braccio a sua madre, come un bimbo svezzato è in me l’anima mia» (Sal 131, 2). L’anima del piccolo Giuseppe incominciava a colmarsi di un amore del tutto esclusivo verso la Madre celeste: iniziava in questo modo, quasi inconsapevolmente, il suo eterno legame con la Vergine Maria. Un legame che porterà - molti anni dopo - a un frutto inaspettato: la sua entrata nell’Ordine del Carmelo, all’età di 42 anni, dopo una vita alquanto raminga.

La sua vocazione, infatti, giungerà dopo un travaglio interiore le cui tappe vengono ben descritte nelle sue Memorie. Dopo aver frequentato la scuola di Agronomia a Hory-Horki (1851-1852), studia ingegneria all'Accademia del Genio Militare di San Pietroburgo (1853-1857) dove diviene ingegnere, assumendo anche il grado di tenente. Sono questi gli anni più difficili per la sua travagliata ricerca interiore: «Cerco lo spirito e trovo sempre la materia», scriveva. Ma la tappa fondamentale della sua ricerca esistenziale-spirituale è da trovarsi nel 1859, quando viene chiamato alla progettazione della ferrovia Kursk-Kiev-Odessa: in questo periodo di ricerca, «determinante per la maturazione della sua più profonda identità, e perfino per il suo più personale carisma» (p. Antonio M. Sicari in Riflessi di Dio, I Santi del Carmelo, Edizioni OCD, 2009), sarà decisivo un piccolo libro di preghiere mariane che aveva avuto in dono: «La lettura di questo libro risvegliò in me un sentimento di fiducia verso la Madonna. Com’è grande la sua intercessione per noi». Il figlio, dopo lungo peregrinare, incontrava nuovamente la Madre, e la vita di Giuseppe poteva cambiare, finalmente, rotta.

Anno 1863, inizia l'insurrezione in Polonia contro l’impero zarista; Kalinowski si dimette dall'esercito russo e diviene Ministro della Guerra del governo rivoluzionario; il 24 marzo 1864, viene arrestato dalla polizia zarista e viene condannato alla pena capitale, poi commutata in dieci anni di lavori forzati in Siberia. «Il mio primo pensiero era quello della preghiera, poi la meditazione e, quando ottenni i libri di devozione, ebbi una grande consolazione», così scrive nelle Memorie di quel periodo in Siberia che, seppur colmo di stenti e di grandi prove, diventa per lui una palestra dell’anima: la fede in Dio cresce, matura e si rinforza; l’unica luce a risplendere nella tenebra della cella è quella dell’immagine della Vergine Maria scolpita nella sua memoria così come l’aveva vista da bambino, con quell’oro splendente che diviene, per Kalinowski, speranza e materno calore nella gelida Siberia: «Il mondo può privarmi di tutto, mi resterà sempre un nascondiglio a lui inaccessibile: la preghiera».

Nel 1874, il trentanovenne Giuseppe è finalmente libero, ma per potersi sostenere economicamente deve trovare un impiego; giunge a Parigi dove diviene precettore del principino polacco Augusto Czartoryski, futuro beato nel 2004. Anche in questa occasione la Vergine Maria fu fortemente presente nella sua vita: strumento della Madonna, infatti, diverrà la zia del principino, la religiosa carmelitana Saveria Czartoryska; questo incontro spingerà Giuseppe ad entrare - nel 1877 - nell’Ordine carmelitano, mutando il nome in fra Raffaele di San Giuseppe. È questo l’inizio di un nuovo percorso, prosieguo del precedente: la devozione mariana dell’uomo Giuseppe Kalinowski sfocia nella profondità spirituale di fra Raffaele di San Giuseppe; il suo animo in perenne ricerca approda al porto sicuro di Maria; a Lei dedicherà tutta la missione sacerdotale. Celebri, di questo periodo, i suoi scritti spirituali in cui «non esitò a sottolineare l'importanza del ruolo della B.V. Maria nel mistero di Cristo e della Chiesa, e quindi anche nella vita di ogni cristiano, ma soprattutto nella vita dei carmelitani che era solito chiamare “doppiamente figli di Maria”» (Szczepan T. Praskiewicz, Gli scritti del beato Raffaele Kalinowski, in Teresianum 40, 1989/2).

Le parole che usa Kalinowski sono di un’incredibile forza evocativa; vengono usate immagini che hanno tutto il sapore di una letteratura dall’alto spessore teologico: «Su questo consenso: “avvenga in me ciò che hai detto” è sorto il legno della Croce, attraverso il quale Dio ha redento il mondo; è scaturita la sorgente dalla quale sino alla fine dei tempi si riverseranno le grazie sull’umanità; si sono spalancate le porte del Regno di Dio, chiuse sino allora. Il Redentore ha iniziato a dimorare sugli altari; splendono i miracoli della potente intercessione della Vergine Maria, Madre di Dio». E in questa divina maternità, san Raffaele di San Giuseppe - in un discorso del 1906, rivolto ai confratelli carmelitani - intravede la luminosa e universale espansione dell’amore senza tempo e luogo: «Maria, con la sua maternità, è come un libro nel quale si dà a leggere al mondo la Parola eterna, Gesù, il Signore. Per quel che riguarda noi, Maria, in virtù della sua maternità, divenne Madre di tutti gli uomini».