Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
Cristo Re a cura di Ermes Dovico

San Paolo VI

15 anni di pontificato in una delle epoche più difficili per la Chiesa, lacerata da crescenti spinte moderniste e dal rifiuto dell'obbedienza. Come disse al tramonto della sua vita terrena, nel suo ministero petrino (che gli causò molte sofferenze, specie dopo l'Humanae Vitae) cercò di preservare due pilastri: la fede e la vita umana

Santo del giorno 29_05_2021 English Español

«Tutta la vita di Paolo VI fu piena di […] adorazione e venerazione verso l’infinito mistero di Dio», disse Giovanni Paolo II all’Angelus del 3 agosto 1980. E aggiunse: «Proprio così vediamo la sua figura nella luce di tutto ciò che ha fatto e insegnato; e la vediamo sempre meglio, a misura che il tempo ci allontana dalla sua vita terrestre e dal suo ministero». Il ministero di san Paolo VI (1897-1978) ebbe il suo culmine nei 15 anni di pontificato in una delle epoche più difficili per la Chiesa. La Sposa di Cristo si vide lacerata all’interno da crescenti spinte moderniste e contestata all’esterno da un mondo sempre meno incline a riconoscerne l’autorità in tema di fede e di morale.

Secondogenito di tre fratelli, Giovanni Battista Montini nacque in provincia di Brescia e crebbe in una famiglia di solida fede cattolica. Il padre, Giorgio, era impegnato in campo politico-sociale (parlamentare, si ritirò dopo l’ascesa del fascismo) e gli insegnò, come ricorderà il santo, «a non preferire mai la vita alle ragioni della vita»; la madre, Giuditta Alghisi, gli trasmise «il senso di raccoglimento, della vita interiore, della meditazione che è preghiera».

Il 29 maggio 1920 venne ordinato sacerdote e il giorno dopo celebrò la sua prima Messa. Di vasta cultura, si laureò in filosofia, diritto canonico e diritto civile. Per otto anni, fino al 1933, fu assistente ecclesiastico nazionale della Federazione universitaria cattolica italiana (Fuci), orientando gli studenti verso l’approfondimento culturale alla luce della fede. Intanto, nel 1924, era iniziata la sua trentennale collaborazione con la Segreteria di Stato. In questi trent’anni diventò così uno dei più stretti collaboratori di Pio XI e poi di Pio XII, che, ancora cardinale, aveva assunto la guida della Segreteria di Stato nel 1930. Durante la Seconda Guerra Mondiale, Montini si occupò più volte di far arrivare gli aiuti della Chiesa, a nome di papa Pacelli, agli ebrei.

L’1 novembre 1954, Pio XII lo nominò arcivescovo di Milano. Per Montini, dopo il lungo impegno nella diplomazia, era la prima grande esperienza pastorale. La diocesi ambrosiana soffriva la diffusione di una visione atea e marxista, soprattutto nel mondo del lavoro. Lui cercò di rievangelizzarla, si interessò alle condizioni dei lavoratori e diede avvio alla costruzione di oltre cento chiese.

Giovanni XXIII fu un altro pontefice con cui ebbe un rapporto privilegiato. Papa Roncalli stimava molto Montini e al suo primo concistoro lo creò cardinale. Montini venne coinvolto nei lavori preparatori del Concilio Vaticano II. E poi, quando Giovanni XXIII morì, il suo nome venne visto da subito come il più accreditato tra i papabili, stante la sua figura di riformatore moderato. Il Conclave lo elesse il 21 giugno 1963. Paolo VI venne incoronato nove giorni dopo, scrivendo un appunto che suona profetico: «Forse il Signore mi ha chiamato e mi tiene a questo servizio non tanto perché io vi abbia qualche attitudine, o affinché io governi e salvi la Chiesa dalle sue presenti difficoltà, ma perché io soffra qualche cosa per la Chiesa, e sia chiaro che Egli, non altri, la guida e la salva».

Questa sofferenza, innanzitutto interiore, raggiunse l’apice per ciò che seguì alla pubblicazione dell’Humanae Vitae (25 luglio 1968), cioè l’enciclica controcorrente che ribadì, in pieno Sessantotto, la visione cattolica della vita e quindi dell’amore umano. Davanti a chi spingeva per il via libera alla “pillola”, Paolo VI riaffermò l’inscindibilità del significato unitivo e procreativo dell’atto coniugale. E previde le nefaste conseguenze (l’aumento delle infedeltà coniugali, il degrado morale, la riduzione della donna a mero oggetto di piacere, la contraccezione di Stato, ecc.) che la cultura degli anticoncezionali avrebbe prodotto. L’enciclica, la sua settima e ultima, attirò le ire delle conferenze episcopali più progressiste. Segno di un’epoca che attaccava la virtù dell’obbedienza e, con essa, lo stesso primato papale.

Altro nodo fu la riforma liturgica, che andò ben oltre le indicazioni generali del Concilio. Il nuovo Messale Romano nacque dal lavoro del Consilium, di cui Annibale Bugnini fu segretario e regista. Venne promulgato da Paolo VI il 3 aprile 1969. Se è vero che il Santo Padre era favorevole alla riforma nel suo insieme, è pur vero che non ne condivideva diverse deformazioni. Ad alcune cercò di porvi rimedio, mentre di altre storture si accorse (preso com’era da mille incombenze) solo a cose fatte, con i libri liturgici già stampati. Pare che la famosa frase sul «fumo di Satana» entrato «nel tempio di Dio» (29 giugno 1972) si riferisse proprio alle deformazioni subite dalla liturgia, come confidò un suo cerimoniere, monsignor Virgilio Noè.

Devotissimo di Maria, la proclamò Madre della Chiesa con l’allocuzione del 21 novembre 1964 davanti ai Padri conciliari.

Convinto che la Chiesa dovesse dialogare con il mondo, forse a volte peccò di ottimismo ma non concepì mai questo dialogo come un cedimento sulla verità (l’Humanae Vitae docet). Tutt’altro. Scriveva nel 1977 a Jean Guitton: «Ciò che mi colpisce, quando considero il mondo cattolico, è che all’interno del cattolicesimo sembra talvolta predominare un pensiero di tipo non cattolico, e può avvenire che questo pensiero non cattolico all’interno del cattolicesimo diventi domani il più forte. Ma esso non rappresenterà mai il pensiero della Chiesa. Bisogna che sussista un piccolo gregge, per quanto piccolo esso sia».

Tornò alla Casa del Padre il 6 agosto 1978, festa della Trasfigurazione. Poco più di un mese prima, il 29 giugno, solennità dei Santi Pietro e Paolo, mentre «il corso naturale della nostra vita volge al tramonto», aveva tracciato un bilancio dei suoi 15 anni da papa. Ricordò allora che il suo ministero petrino si era fondato su due pilastri: la tutela della fede e la difesa della vita umana. Sarà per questo che i due miracoli grazie ai quali Paolo VI è stato proclamato santo hanno riguardato due bambini (un americano e un’italiana, Amanda) nel grembo materno. A Dio è piaciuto così.

Per saperne di più:

Raccolta di discorsi, encicliche, lettere, omelie, ecc.

Paolo VI. Il Papa del dialogo e del perdono, di padre Antonio Maria Sicari, Ares, 2018

Una culla per Amanda. Il miracolo di Paolo VI, di Andrea Zambrano, Ares, 2018