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ANNO GIUBILARE

San Girolamo Emiliani, 500 anni di libertà

Si inaugura domenica l'anno giubilare dedicato al fondatore dei Padri Somaschi, che un miracolo della Madonna liberò dalle catene. 

Attualità 23_09_2011
san girolamo emiliani

27 settembre 1511: Girolamo Miani (o Emiliani), patrizio veneziano, si presentò di prima mattina alle porte di Treviso, la Venezia della terraferma, nel territorio della Repubblica. La città era assediata dalle truppe della Lega di Cambrai, alleanza di varie potenze europee infastidite dalle ripetute manifestazioni dell'orgoglio veneziano.

Ufficiale militare, il Miani era incaricato della difesa di un importante passaggio sul Piave, il castello di Quero, tutt'ora esistente. Il 27 agosto precedente, aiutato dalla diserzione di vari difensori del castello, l'esercito nemico ebbe la meglio. Il castellano era stato fatto prigioniero. La vita gli era stata risparmiata, forse nella speranza di un riscatto o di uno scambio di prigionieri di alto lignaggio. In catene, il Miani seguiva gli spostamenti dell'esercito nemico. Ma della sua liberazione, nessun segno.

Sconfitto, tradito, abbandonato. Aveva appena venticinque anni: troppo presto per vedere i giovanili sogni di gloria e di successo infrangersi sugli scogli della dura realtà. Lo sconforto della prigionia inquinava l'anima. Non c'era più futuro. Tanto più che, seppur nutrito nella fede cattolica come tutti i rampolli della nobiltà veneziana, l'aveva da tempo relegata a funzioni formali e sociali, preso com'era dall'ordito dei suoi progetti di gloria e dall'allegra compagnia degli amici con cui lo tesseva.

La fede. Nel buio totale di quei giorni, l'umile luce accantonata era l'unica che ancora ardeva. Le luminarie abbaglianti delle promesse del mondo, che prima comandavano l'intera attenzione, avevano esaurito il loro olio.
Il giovane Girolamo si aggrappò a quella luce. Ricordava la Madonna Grande di Treviso, tanto cara a tutti i Veneziani. Quella notte fece un voto. La Vergine lo aiutò a fuggire e lo accompagnò alle porte di Treviso. Al suo santuario depose le catene della sua prigionia e testimoniò la sua liberazione per intervento della Madre celeste.

Ma quella notte non fu solo una fuga miracolosa dall'esercito nemico. La Vergine aveva liberato il Miani dalle catene che imprigionavano la sua anima.

San Girolamo, come oggi lo conosciamo, divenne uno degli attori della Riforma Cattolica, accanto a grandi santi del suo tempo come Sant'Ignazio di Loyola, San Francesco Saverio, San Gaetano Thiene, Sant'Antonio Maria Zaccaria, ed anche Papa Paolo IV (che, da vescovo, era stato suo direttore spirituale), ed altri, con alcuni dei quali era legato da spirituale amicizia.

La sua liberazione divenne libertà per tanti altri.
Si aggregò alla Confraternita del Divino Amore, crogiolo di santi, che aveva come primo scopo la riforma dei suoi membri. Espresse il suo impegno servendo, con i confratelli, gli ammalati incurabili: i reietti della società del tempo. In quei malati le catene del corpo potevano essere solo alleviate, ma quelle dell'anima venivano sciolte.
Desiderava una Chiesa riformata, risplendente di santità; liberata, appunto, dai legami mondani a cui vari suoi membri la incatenavano.

La sua sete di un cristianesimo rinnovato sul modello della prima comunità di Gerusalemme contagiò altri. Lui, laico, divenne guida e riferimento di numerosi laici e sacerdoti: la Compagnia dei Servi dei Poveri, riconosciuta poi da San Pio V come Chierici Regolari di Somasca (dal nome del villaggio lombardo dove San Girolamo visse l'ultimo periodo della sua vita e morì). Compagni che trovarono la loro libertà al seguito della sua.

Orfano lui stesso da giovane età, notò subito altre catene da sciogliere: i ragazzi che, persi i genitori in guerre e carestie, vagavano per le calli veneziane vivendo di espedienti. Li prese con sé, diventò il loro papà. Con loro formò un bozzetto di Chiesa riformata che attrasse l'attenzione della gente, toccò i cuori e cambiò le vite. Questo lavoro diventò la specialità sua e dei suoi compagni, e la diffuse ovunque i vescovi lo chiamarono.

La riforma protestante guadagnava terreno. San Girolamo usciva nelle campagne, e con l'aiuto dei suoi ragazzi offriva istruzione circa la fede cattolica spesso sopita e sconosciuta.
Morì di peste l'8 febbraio 1537, giorno in cui si osserva la sua memoria liturgica. Una vita spesa a spezzare catene e condividere la libertà ricevuta.

I suoi compagni, ora conosciuti come Padri Somaschi ed affiancati lungo i secoli da alcune congregazioni femminili, hanno continuato questo lavoro di liberazione fino ad oggi, in varie parti del mondo. Catene di varie fogge e latitudini hanno continuato a spezzarsi: oppressione, ignoranza, solitudine, povertà, emarginazione, violenza, droga, malattia. Ma soprattutto, la bellezza e la verità della fede ha liberato innumerevoli persone dalla schiavitù del peccato e della menzogna.

Il 27 settembre 2011 ricorre il quinto centenario della liberazione di San Girolamo Miani per mano della Madonna. 500 anni di libertà: un traguardo degno di essere celebrato.
Il Santo Padre Benedetto XVI ha inviato un suo messaggio in cui riconosce nell'amore la caratteristica principale di tutto l'operare di San Girolamo, e la indica come un'urgenza tutt'ora attuale.

Il Superiore Generale dei Padri Somaschi inaugurerà l'anno giubilare il 25 settembre nello stesso luogo dove la prima testimonianza della liberazione è stata resa nota: il santuario della Madonna Grande di Treviso. Il Salmo 116 provvede il motivo centrale: “Hai spezzato le mie catene”. Vari avvenimenti seguiranno durante il corso dell'anno.
Quell'anelito di riforma, di autenticità cristiana, ha attraversato i secoli. Oggi, nell'appello di Papa Benedetto a combattere la dittatura del relativismo, è impossibile non notare nuove poderose catene da spezzare, per una Chiesa ancora più bella e fedele alla sua missione. Il lavoro non manca. 500 anni di libertà, e non è ancora finita.