San Girolamo e i Salmi, una ricchezza che salva
Nella sua traduzione in latino delle Sacre Scritture, il santo celebrato oggi revisionò con grande cura la versione dei Salmi allora diffusa. Da essi sapeva trarre tesori di sapienza. E in generale il suo approccio alla Bibbia rivela il profondo rispetto che bisogna avere per il testo sacro.
Celebrando la memoria di san Girolamo (347-420) il 30 settembre di ogni anno, dobbiamo fare memoria di come questo grande santo favorì la Chiesa riguardo alla sua forma di preghiera più diffusa, quella dei Salmi. Infatti, egli revisionò la versione dei Salmi in uso al suo tempo e una delle sue revisioni, il “Salterio gallicano” (così chiamato perché si diffuse prima nelle Gallie), fu adottata nella liturgia.
L’infaticabile opera di san Girolamo per i Salmi, e per la Bibbia in generale, ci insegna come dobbiamo essere scrupolosi nell’uso della Parola di Dio, come essa non debba essere considerata come qualunque parola umana. Papa Benedetto XVI, in una sua catechesi su san Girolamo nel 2007, getta una luce su questo santo nella sua funzione di traduttore: «È interessante rilevare i criteri a cui il grande biblista si attenne nella sua opera di traduttore. Li rivela egli stesso quando afferma di rispettare perfino l’ordine delle parole delle Sacre Scritture, perché in esse, dice, “anche l’ordine delle parole è un mistero” (Ep. 57,5), cioè una rivelazione. Ribadisce inoltre la necessità di ricorrere ai testi originali: “Qualora sorgesse una discussione tra i Latini sul Nuovo Testamento, per le lezioni discordanti dei manoscritti, ricorriamo all’originale, cioè al testo greco, in cui è stato scritto il Nuovo Patto. Allo stesso modo per l’Antico Testamento, se vi sono divergenze tra i testi greci e latini, ci appelliamo al testo originale, l’ebraico; così tutto quello che scaturisce dalla sorgente, lo possiamo ritrovare nei ruscelli” (Ep. 106,2)».
Un rispetto per il testo sacro che è appropriato e dovuto. I Salmi, come detto sopra, sono la forma di preghiera più importante, che condividiamo anche con gli ebrei e con le altre confessioni cristiane. In essi ci viene insegnato il modo di rivolgerci a Dio non solo per le occasioni liete, ma anche per i momenti di sofferenza, di angoscia, perfino di ira. I Salmi compendiano tutto quello che è umano, non mutilano l’uomo volendolo vedere solo pacifico, ma lo prendono per quello che è, con le sue grandezze e con le sue miserie. Nei Salmi noi parliamo a Dio che nel contempo ci parla, Egli ci insegna le parole con cui è appropriato rivolgersi a Lui, parole di lode ma anche di abbandono nella sofferenza o di invocazione nella battaglia. L’uomo dei Salmi piange, loda, invoca, lotta, spera.
San Girolamo sapeva trarre dai Salmi tesori di grande sapienza, come in questo passaggio tratto dall’Omelia ai neofiti sul Salmo 41: «Voi che vi siete rivestiti di Cristo e, seguendo la nostra guida, mediante la parola di Dio siete stati tratti come pesciolini all’amo fuori dei gorghi di questo mondo, dite dunque: In noi è mutata la natura delle cose. Infatti i pesci, che sono estratti dal mare, muoiono. Gli apostoli invece ci hanno estratti dal mare di questo mondo e ci hanno pescati perché da morti fossimo vivificati. Finché eravamo nel mondo i nostri occhi guardavano verso il profondo dell’abisso e la nostra vita era immersa nel fango, ma, dopo che siamo stati strappati ai flutti, abbiamo cominciato a vedere il sole, abbiamo cominciato a contemplare la vera luce ed emozionati da una gioia straordinaria, diciamo all’anima nostra: “Spera in Dio: ancora potrò lodarlo, lui, salvezza del mio volto e mio Dio” (Sal 41, 6)».
Che profondità di sapienza cristiana si può ottenere quando si legge la Scrittura in armonia con la Tradizione della Chiesa, una profondità e ricchezza che nutre il nostro cammino e che ci aiuta ad innalzare lo sguardo dal “profondo dell’abisso” fino alle vette più alte della sacra montagna.