San Giovanni Evangelista
Indicato come il teologo per antonomasia, san Giovanni è stato raffigurato con il simbolo dell’aquila proprio perché egli, che nell’Ultima Cena aveva posato il capo sul petto del Signore per consolarlo e sapere chi lo avrebbe tradito, contemplò l’immensità del Verbo divino e la tratteggiò nei suoi scritti come nessun altro prima
È impresa ardua trovare qualcuno che si sia addentrato nel mistero di Dio fatto uomo al pari di san Giovanni Evangelista (c. 10 - c. 104), «quel discepolo che Gesù amava», il più giovane dei Dodici e colui che visse più a lungo, indicato dalla tradizione cristiana come il teologo per antonomasia. Nei secoli è stato raffigurato con il simbolo dell’aquila proprio perché egli, che nell’Ultima Cena aveva posato il capo sul petto del Signore per consolarlo e sapere chi lo avrebbe tradito, contemplò l’immensità del Verbo divino e la tratteggiò nei suoi scritti come nessun altro prima.
È lui l’autore del quarto e ultimo Vangelo, il più profondo per riflessione teologica, con un prologo che è un inno alla divinità di Cristo, Verbo che si è fatto carne. È lui l’autore di tre lettere canoniche rivolte alla primitiva comunità cristiana, messa in guardia sul peccato e lo spirito dell’anticristo, che rifiuta il Padre e il Figlio e «viene, anzi è già nel mondo». Ed è sempre lui l’autore dello scritto che chiude il canone biblico, l’Apocalisse, o Libro della Rivelazione, il più profetico di tutto il Nuovo Testamento e colmo di richiami alle profezie dell’Antico, in cui Giovanni condivide le sue visioni sul combattimento escatologico alla fine dei tempi, con il grandioso segno della Donna vestita di sole (Ap 12,1) che precederà il trionfo di Cristo e di coloro che avranno perseverato nel Suo nome, rinunciando alle seduzioni di Satana e ottenendo la ricompensa eterna di abitare nella Gerusalemme celeste.
Era un contemplativo con un carattere ardente, come rivela il soprannome aramaico che Gesù diede a lui e al fratello Giacomo: Boanèrghes, «figli del tuono». I due figli di Zebedeo, prima di conoscere il Signore e lasciare tutto per seguirlo, facevano i pescatori in società con Pietro e Andrea. Proprio con Andrea, Giovanni era stato discepolo del Battista fino al giorno in cui il Precursore, vedendo passare Gesù, richiamò la loro attenzione esclamando: «Ecco l’Agnello di Dio!», e i due, sentendolo parlare così, andarono per seguire Gesù, che voltandosi disse: «Che cercate?». Dopo quella domanda al cuore dell’esistenza di ogni uomo, si fermarono per quel giorno con il Maestro che avevano appena conosciuto; il fatto stravolse a tal punto le loro vite che Giovanni, scrivendo a distanza di decenni, non solo ritenne opportuno raccontare l’incontro ma ne ricordò anche l’ora: «Era circa l’ora decima», cioè le quattro del pomeriggio.
Giovanni è tra gli apostoli più intimi di Gesù (con Giacomo e Pietro) e presenti nei misteri più grandi della sua vita, come nell’episodio della risurrezione della figlia di Giairo, la trasfigurazione sul Tabor, la preghiera nel Getsemani. Nel giorno della Risurrezione di Cristo, sono lui e Pietro i primi apostoli, avvisati da una sconvolta Maria di Magdala, a correre verso il sepolcro vuoto; l’evangelista «corse più veloce» e arrivò prima di Pietro, ma entrò solo dopo di lui: constatando le bende a terra e il sudario in una posizione unica, «vide e credette». Quasi a non voler lasciar dubbi sulla volontà del Signore di fondare la Chiesa su Pietro, già esplicitata nei sinottici e specialmente in Matteo, è il discepolo prediletto, già anziano e con il Principe degli apostoli già martirizzato, a riportare alla fine del Vangelo il dialogo tra Cristo e il suo vicario, quando Pietro, come riparando definitivamente al triplice rinnegamento, rispose con una triplice offerta d’amore a Gesù Risorto, che per tre volte gli disse: «Pasci le mie pecorelle».
Prima di quel momento avevamo ritrovato Giovanni ai piedi della croce, accanto a Maria, nell’istante solenne in cui Gesù affidò il discepolo alla Madre («Donna, ecco il tuo figlio!») e la Madre al discepolo («Ecco la tua madre!»), che «la prese nella sua casa». L’apostolo vergine e prediletto assieme alla Beata Vergine e «piena di grazia», nel segno di una predilezione che doveva continuare dopo la fine della missione terrena di Gesù ed estesa a tutto il genere umano, affidato alla maternità spirituale di Maria.
Dopo la Pentecoste e gli eventi narrati negli Atti degli Apostoli, dove Giovanni è spesso nominato assieme a Pietro nelle fasi più importanti della Chiesa nascente, predicò nell’Anatolia e in particolare a Efeso. Qui, nel secolo scorso, le ricerche archeologiche, svolte in seguito alle rivelazioni della beata Anna Caterina Emmerick, hanno consentito di ritrovare l’umile casa in cui l’apostolo visse assieme a Maria. E qui Giovanni - insieme il più longevo e unico apostolo a non avere il titolo di martire - morì in tardissima età dopo un esilio temporaneo sull’isola di Patmos (conseguente alla persecuzione patita sotto Domiziano), dove scrisse l’Apocalisse, il libro ultimo in cui Cristo dice di Sé: «Io sono l’Alfa e l’Omega».
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