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IL QUADRO

San Felice da Cantalice e san Filippo Neri, amicizia unita in Cristo

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Il pittore Domenico Malpiedi ritrae l'amicizia fra San Filippo Neri e San Felice da Cantalice. Due uomini con esperienze molto differenti, ma uniti nell'amicizia in Cristo.

Cultura 18_05_2024
L'incontro tra San Filippo e San Felice

I quadri sono tesori del passato che riescono a parlare come fossero delle moderne istantanee: sono fotografie di episodi trascritti nelle pagine indelebili della Storia. Un volto, le linee su una tela, uno sfondo ben definito, in pochi secondi riescono molto spesso a dirci tanto. Magari a raccontarci anche una storia. Una di queste storie riguarda l’affascinante amicizia tra due grandi santi del ‘500: il francescano san Felice da Cantalice (del quale oggi ricorre la memoria liturgica) e il giocoso e gioioso san Filippo Neri. Il pittore Domenico Malpiedi, in un dipinto datato 1651 e conservato nella Chiesa di Santa Maria delle Grazie di Montefortino (in provincia di Fermo), ci presenta le due figure di santità colte in un abbraccio fraterno, vivo e vero. Sono due amici che s’incontrano: le braccia tese; i due sguardi che s’incrociano; i due abiti religiosi che sembrano, pur nella loro diversità, quasi confondersi.

Eppure i due religiosi provenivano da esperienze personali molto diverse. E per comprendere quanto fossero differenti fra loro è necessario partire da lontanto: da quando il piccolo Felice si trova nella sua città d’origine, Cantalice, comune della provincia di Rieti, dove nasce tra il 1513 e il 1515. Ci troviamo in quella che viene comunemente chiamata “campagna laziale”: alberi e fusti fanno da fondale alla sua fanciullezza. La sua, una fede semplice: poca letteratura e tanta preghiera. Tra il 1543 e il 1544 entra nell’ordine dei Frati Minori Cappuccini. Nel 1547 viene chiamato dal convento di San Bonaventura a Roma dove rimarrà fino alla morte avvenuta il 18 maggio 1587.

Altra storia, invece, per san Filippo Neri. In questo caso, a fare da scenografia alla sua giovinezza è la ricca Firenze del 1500, culla del Rinascimento italiano. In questa città Filippo rimarrà fino ai 18 anni, assorbendo tutta la cultura dell’epoca. Sarà poi Roma il centro della sua missione, del suo apostolato, dove vivrà dal 1543 al 1595, anno della sua morte. In sintesi, ci troviamo davvero di fronte a due esistenze assai differenti: l’uno, san Felice da Cantalice, originario della campagna laziale; l’altro, san Filippo Neri, cresciuto in quella che all’epoca poteva considerarsi una vera e propria “metropoli” rinascimentale.

È stata Roma, dunque, a rappresentare il centro in cui sono confluite le loro così diverse esistenze: una città profondamente piagata dalla povertà e dalla miseria. Ed è in mezzo ai poveri, ai derelitti, ai bisognosi che i due santi vivranno la loro missione. Il loro servizio a Dio, ai poveri, è stato il centro della loro unione. Della loro particolare amicizia.

«Aveva il Beato servo di Cristo (Felice da Cantalice, N.d.R) una singolare dimestichezza e cordiale amicizia con San Filippo Neri allora vivente, famoso per la santità e i doni di Dio. E San Filippo con scambievole affetto amava teneramente il Beato Felice da lui conosciuto per uno dei maggiori Santi, come soleva dire, e a Dio più cari, che avesse in quel tempo il Mondo Cattolico. Questi due grandi Lumi, ed esemplari di giustizia si comunicavano insieme i divini favori, s’accendevano insieme con celestiali ragionamenti nell’amore di Dio, ed emulando l’uno le pratiche virtuose dell’altro», così ci racconta fra Angelo Maria de Rossi da Voltaggio, uno dei più antichi biografi del religoso cappuccino, nella sua Vita del Beato Felice da Cantalice Religioso Capuccino della Provincia Romana, dato alle stampe nel 1712. L’autore di questo interessante volume ci narra inoltre di come la loro amicizia fosse profonda e soprattutto quotidiana: «Nel visitarsi, o incontrarsi per la Città facevano a gara d’essere ognuno il primo ad inchinarsi al’altro, ed ambedue genuflessi non s’alzava Felice, se non lo benediceva Filippo, né partiva Filippo, se non era benedetto da Felice».

Il racconto che ci dona uno dei primi biografi del santo francescano è ricco di episodi curiosi. Tra questi ve n’è uno che narra di uno scherzo che san Filippo Neri fece al religioso cappuccino. Un giorno, san Filippo Neri incontrò il frate in una strada di Roma. San Felice era intento a chiedere l’elemosina. Fu allora che per «sperimentare, o pur meglio, spiegare sugli occhi di Roma l’umiltà sopraffina e la perfetta mortificazione d’ogni umana alterigia, toltosi il suo cappello glielo mise in testa con dirgli: “Andatevene adesso così per tutto Banchi, Pellegrino, (note strade del centro di Roma, N.d.R.) con fare il vostro esercizio di mendicare”. E Felice, accettato senza ripugnanza il cappello, colla sua fronte al solito onestamente gioconda seguitò per quelle contrade le sue faccende. La gente intanto al vederlo con quella stravaganza per Roma, formavano di ciò mille diversi giudizi».

I due santi poi si rincontrarono. E fu allora che san Filippo gli disse: «“Bell’esempio che avete dato questa mattina alla Città di Roma! Vituperio del vostro Ordine! Voglio andare io stesso dai vostri Superiori perché vi carichino, per tale sproposito, d’una memorabile penitenza!”. E Felice tutto contento umilmente rispose: “Io veramente per le mie colpe la merito e l’accetterò e farò volentieri per l’amore di Dio”». Era questa una maniera per sperimentare l’umiltà del santo francescano. Le pagine di questa biografia sono ricche di episodi del genere: era, infatti, consuetudine fra i due santi sperimentare a vicenda la loro umiltà.

Pensare alla levatura spirituale, alla spinta apostolica di questi due santi; entrare nel vivo della loro amicizia, ci offre la possibilità di carpire uno dei segreti della strada da percorrere per raggiungere la santità: essere cristiani santi vuol dire anche vivere l’amicizia con cuore generoso e pieno. «Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici. Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi comando», così Gesù ci esorta nel Vangelo di Giovanni al quindicesimo capitolo. San Felice da Cantalice e san Filippo Neri hanno incarnato profondamente questo comandamento e lo hanno vissuto in quel reciproco affetto che si vive nell’amicizia. Ma soprattutto hanno vissuto questa bellissima amicizia al servzio dei fratelli ascoltando la voce di Dio.