RITAGLI
San Cirillo Exterminator
Il Gr2 descrive il santo vescovo di Alessandria vissuto nel V secolo «responsabile di stragi e persecuzioni». Un'altra, recente, leggenda nera...
Ritagli
10_01_2011
Gr2 delle 7.30, va in onda un servizio sulle parole del Papa che il 9 gennaio invitava a dare nomi cristiani ai figli. Servizio “di colore” che nota una certa mania italiana per nomi strani (Chanel, Sue Ellen e così via), ma rileva che anche nel martirologio cristiano ci sono nomi non esattamente comuni, come Oceano. Per poi finire in modo sconcertante, invitando a fare attenzione anche con i nomi cristiani, perché alcuni santi avevano “un carattere poco raccomandabile, come Cirillo di Alessandria, che fu responsabile di stragi e persecuzioni”. Cirillo di Alessandria, vescovo santo e dottore della Chiesa, “responsabile di stragi e persecuzioni”?
Ora, a parte il fatto che la eventuale responsabilità in stragi e persecuzioni ben difficilmente potrebbe essere attribuita a questioni caratteriali, persino a chi non frequenta abitualmente la messa domenicale risulta quantomeno strano apprendere che la Chiesa ha non solo dichiarato santo, ma addirittura Dottore della Chiesa, qualcuno che per efferatezza e ferocia potrebbe essere accomunato a un Hitler o a uno Stalin. Da dove nasce allora l’affermazione della giornalista del Gr2? Probabilmente dalla recente “leggenda” di Ipazia, personaggio reso ultimamente celebre da libri e film, in cui si parla di questa «affascinante filosofa pagana di Alessandria uccisa dai cristiani per ordine del vescovo s. Cirillo nel 415».
Per chi volesse sapere come mai il vescovo Cirillo di Alessandria è santo e dottore della Chiesa, consigliamo questa catechesi del mercoledì che papa Benedetto XVI gli ha dedicato il 3 ottobre 2007.
Mentre per cercare di ricostruire la vicenda di Ipazia riprendiamo ampi stralci da un articolo di Rino Cammilleri per il Timone (no.87, novembre 2009):
"I cercatori professionisti di scheletri nell’armadio cristiano ogni tanto tirano fuori l’episodio e, ovviamente, lo adattano al politicamente corretto corrente. Fino all’Illuminismo nessuno sapeva neanche chi fosse, questa Ipazia. Poi, il positivista John Toland nel 1720 e il solito Voltaire nel 1736 aprono le danze sulla progressista Ipazia vittima dell’oscurantismo clericale. Nel 1776 l’inglese Edward Gibbon consolida il mito nella sua celebre opera sulla caduta (per colpa del cristianesimo) dell’Impero romano. Nel secolo seguente tocca ai romantici: Ipazia è bellissima ed è l’ultima rappresentante del mondo antico (dipinto come un’arcadia tutta ninfe, zefiri, pastorelle e satiri) trucidata dal fanatismo papista. Naturalmente, nel Novecento, Ipazia, veterofemminista, diventa la preda della misoginia cattolica.
L’unica voce un po’ fuori coro è quella di Mario Luzi, che le dedica un dramma nel 1978. Adesso, il film (e il cinema, forma di arte totale, si imprime nelle menti con una forza che la parola scritta neanche si sogna): la scienza contro la religione, la tolleranza contro il fideismo.
E indovinate chi sono i buoni e chi i cattivi. Roba da Odifreddi. Dunque, rassegniamoci al solito minestrone politicamente corretto. E non contate su una cinematografia contraria perchè non esiste: Martinelli e il suo Barbarossa sono stati presentati come «leghisti» su tutti i media, così che il pubblico è rimasto a casa.
Coi nostri limitati mezzi, dunque, ecco la verità sul «caso Ipazia». Innanzitutto bellissima lo sarà stata, forse, da giovane, visto che nel 415 la filosofa aveva sui sessant’anni (in un’epoca in cui già a quaranta pochi avevano ancora denti in bocca). Il suo fu un omicidio politico e la religione non c’entrava affatto.
Ipazia, figlia di un filosofo – Teone – molto addentro nell’ermetismo e nell’orfismo, era una neoplatonica che teneva scuola ad Alessandria. Una scuola tra le tante, in quella capitale della cultura antica. La parola scuola, tuttavia, non tragga in inganno: si trattava di cenacoli per selezionati adepti. Di lei non è rimasta alcuna opera. Quel che si sa lo si deve ai suoi discepoli. Tra i quali c’erano parecchi cristiani. Uno di questi, Sinesio di Cirene, divenne addirittura vescovo.
Secondo il metodo platonico (derivato a sua volta da quello pitagorico) i discepoli apprendevano «misteri» che non dovevano essere divulgati, perchè non tutti erano in grado di comprendere. Ipazia non era affatto «pagana» nel senso di adoratrice di Giove, Giunone e Mercurio; anzi, come neoplatonica era più vicina al cristianesimo che al paganesimo.
Infatti, lodava virtù come la verginità (non si sposò mai) e la modestia nel vestire.
Ma, come i pitagorici e i platonici, sosteneva che i filosofi, essendo i più sapienti, dovevano occuparsi di politica, anche solo come consiglieri del principe. Infatti, ai suoi consigli ricorreva spesso il cristiano Oreste, prefetto di Alessandria.
Oreste, da buon funzionario bizantino, aveva la classica visione cesaropapista dei rapporti con l’autorità religiosa, mentre il patriarca Cirillo cercava di salvaguardare l’indipendenza della Chiesa rispetto al potere politico. Nel 414 il contrasto tra i due divenne plateale; Cirillo cercò un compromesso ma Oreste rimase fermo sulle sue posizioni.
Si formarono, al solito, due partiti (cosa normalissima nell’antichità; s. Ambrogio di Milano ne sapeva qualcosa). Tra i partigiani del patriarca, però, c’erano i cosiddetti parabolani, cristiani in odore di eresia per la loro ricerca fanatica del martirio: si consacravano con giuramento alla cura degli appestati, sperando in tal modo di morire per Cristo. Li chiamavano così in ricordo degli antichi gladiatori (aboliti da Teodosio) che affrontavano i leoni nel circo.
Cirillo cercava di tenerli sotto il suo controllo ma la città era turbolenta: nel 361 un vescovo imposto da Costantinopoli, Giorgio di Cappadocia, era stato linciato; sette anni dopo la morte di Ipazia stessa sorte era toccata al nuovo prefetto; nel 457 venne ucciso a furor di popolo un altro vescovo di nomina imperiale, Proterio.
Fu in questo ambiente e in questo clima che la colpa dell’intransigenza di Oreste venne attribuita a Ipazia e ai suoi consigli. Si sparse la voce che i «misteri» della sua scuola riguardavano pratiche magiche e negromantiche. La donna venne assalita da un gruppo di esagitati mentre gli schiavi la portavano a passeggio in lettiga, tirata giù e trucidata. Oreste e Cirillo, messi di fronte al fatto compiuto (e impressionati dalla piega che aveva preso la loro disputa), si riconciliarono. Il prefetto lasciò Alessandria, forse per fare rapporto alla capitale; comunque, forse sostituito, non tornò più.
Un’altra cosa da chiarire: Cirillo non aveva niente contro il paganesimo, sia perché ormai minoritario e praticamente ininfluente, sia perchè la sua preoccupazione principale era costituita, semmai, dalle eresie cristiane, che a quel tempo spuntavano al ritmo di quasi una al giorno. Il neoplatonismo, col suo desiderio di attingere il divino tramite la filosofia e la pratica delle virtù, continuò ad avere Alessandria come suo centro fino all’invasione islamica. Tra l’altro, quest’ultima fu enormemente facilitata dall’astio accumulato dall’Africa romana contro Bisanzio, la sua gravosa tassazione (in parte giustificata dalle guerre quasi continue contro i persiani, i bulgari, gli avari e infine gli arabi) e la sua politica della mano pesante contro le eresie (che in quelle zone avevano sempre trovato terreno fertile).
Naturalmente, ai cantori del politicamente corretto (il quale, come abbiamo visto, varia di epoca in epoca) tutto questo non interessa.
Così, il mondo pagano viene immaginato (e rappresentato) come un’epoca d’oro di scienza e tolleranza, dove la gente viveva in armonia con la natura, un mondo che, ahimé, è stato distrutto dalle religioni monoteistiche, in particolare l’odiato cristianesimo. Quel mondo in realtà disperato in cui pochi campavano alle spalle di milioni di schiavi, sconvolto continuamente da guerre scatenate dalla personale ambizione di uno, quel mondo che accolse con sollievo la religione dell’amore del prossimo e della dignità umana, non è mai esistito per gli intellettuali, gli artisti, i registi e gli scrittori che, fiutato dove tira il vento, si allineano supini al Potere del momento".