Samantha, una nuova Eluana vicina all’eutanasia
La vicenda di Samantha D’Incà, 31 anni, in coma: il giudice tutelare autorizza a staccarle la spina, assecondando la richiesta dei genitori. Il Corsera intervista la madre facendo uno spot al referendum dei Radicali, che però non c’entra nulla con il caso. E senza dire una parola sulle migliaia di famiglie che assistono i propri cari fino alla loro morte naturale.
12 novembre 2020. Samantha D’Incà, allora trentenne, esce di corsa per andare al lavoro e inciampa. Si rompe un femore. La madre di Samantha, Genzianella Dal Zot, così commenta: «Un incidente banale, una tragica fatalità cui è seguita l’operazione a Belluno, il ritorno a casa per la riabilitazione e poi un inspiegabile crollo, una polmonite bilaterale estranea al Covid, il collasso dei polmoni, l’ipossia cerebrale, la tremenda peregrinazione tra gli ospedali di Feltre, Belluno e Treviso culminata nel coma da cui Samantha non ha mai fatto ritorno, nonostante le cure di luminari veneti e altoatesini». Samantha da quasi un anno non è più cosciente.
Il Corriere della Sera naturalmente non racconta mai le vicende di quelle migliaia di famiglie che non vogliono la morte dei propri cari, ma decidono di stare loro accanto finché spireranno in modo naturale, bensì solo le storie di genitori, figli, coniugi che desiderano staccare la spina ai loro congiunti. E così raccoglie la testimonianza della madre, la quale, con comprensibilissimo sconforto, ammette: «Quel giorno, a Treviso, grazie alla macchina che “esclude il corpo” la scienza e la medicina hanno salvato mia figlia. Ma quello stesso giorno è iniziato il suo e il nostro calvario. Sono sua madre: ho sperato fino all’ultimo che si risvegliasse; ma se potessi tornare indietro, dopo aver vissuto ciò che ho vissuto, vorrei un epilogo diverso». L’epilogo diverso si chiama eutanasia. Il Corsera allora confeziona un’intervista che è un vero e proprio spottone per il referendum dei Radicali che però, come vedremo tra un attimo, non c’entra nulla con questa dolorosa vicenda.
Giorgio D’Incà, il padre della giovane donna, è stato nominato amministratore di sostegno. Secondo la legge 219/2017 è il rappresentante legale dell’incapace che ha diritto di vita e di morte sul suo assistito. E il padre è intenzionato a chiedere l’eutanasia per sua figlia. Il giudice tutelare Umberto Giacomelli ha fatto sapere che questa decisione del padre corrisponde alla stessa volontà di Samantha, così ricostruita da famigliari e amici, dato che la giovane non ha redatto le Dat. «Mia figlia - riferisce la madre - non avrebbe mai voluto vivere così, ricordo le sue parole quando in tivù scorrevano le immagini di Eluana e Dj Fabo». Basta poco per finire al Creatore: un commento buttato lì quando si guarda la Tv potrà esserci fatale. Per vendere casa occorrono notai, rogiti, bolli e controbolli, firme e controfirme e, invece, per dar via la propria vita bastano alcuni semplici ricordi di amici e parenti. E poco importa verificare se nello stato attuale Samantha potrebbe aver cambiato idea. Ma in realtà dal punto di vista giuridico le volontà reali o presunte della donna sono irrilevanti. Il giudice ha specificato che staccare la spina sarebbe il desiderio di Samantha, ma ciò non è richiesto dalla legge. E infatti il rappresentante legale può decidere anche in assenza di volontà espresse per iscritto o ricostruite del futuro de cuius (l. 219/17, art. 3 c. 3).
Sempre la madre poi aggiunge in merito alla decisione di ricorrere all’eutanasia realizzata tramite l’interruzione dei presidi vitali: «Finalmente ci hanno creduto e ci concedono questo atto d’amore». Il giornalista chiede perché parli di concessione. La risposta: «Perché questo è, così vuole la legge. È stato devastante ed umiliante vedere in questi mesi che davanti al letto di Samantha tutti potevano decidere di lei, i medici, gli avvocati, i giudici, tutti tranne noi». Ma la legge non applica una concessione, bensì assegna un vero e proprio ius vitae ac necis, un vero e proprio diritto di vita o di morte in capo ai rappresentanti legali, ovviamente nel rispetto di alcune tempistiche. Dunque è il padre il soggetto principale a cui spetta la decisione, non i medici, gli avvocati e i giudici.
Poi il giornalista chiede se la legge 219 vada cambiata. «Sì, per questo sono stata tra i primi a Belluno a firmare il referendum per l’eutanasia legale. E come me hanno fatto Giorgio, Manuel, la mia terza figlia Pamela, che ha due anni più di Samantha, tanti parenti, molti amici». Ma il referendum voluto dai Radicali non c’entra nulla con il caso di Samantha. Il referendum è volto a permettere di depenalizzare l’omicidio del consenziente ex art. 579 Cp. Nel caso di Samantha il consenso non si potrebbe ottenere in alcun modo e quindi l’art. 579 non c’entra nulla. Anzi, passato il referendum, chi uccidesse una persona che, come la giovane donna, non potrebbe esprimere un consenso valido finirebbe in carcere per omicidio. Per le persone che versano nelle condizioni di Samantha, qualora si volesse optare per l’eutanasia, c’è proprio la legge 219, quella che la madre della donna vorrebbe cambiare, che permette di interrompere qualsiasi presidio vitale. Quindi grande confusione sugli aspetti giuridici. Ma poco importa, l’essenziale è lanciare il messaggio che in Italia l’eutanasia non è permessa, il resto sono solo sottigliezze da giuristi.
Nel racconto confezionato dal Corsera ovviamente non mancano i soliti cliché. Chi è contro l’eutanasia è una persona fredda e indifferente. Ancora la madre: «Oltre al medico c’è l’uomo e qui, accanto a persone in grado di dire una parola buona, comprensiva, ce ne sono state altre fredde come il ghiaccio, trasudavano indifferenza. Non accettavano la nostra scelta e non hanno fatto nulla per nasconderlo». Non solo i medici pro vita sono da criticare, ma anche i politici pro vita che comunque in questa vicenda non sono intervenuti, un’assenza benedetta dalla madre di Samantha: «Meglio così, avendo visto certe scene da voltastomaco di cui alcuni politici si sono resi protagonisti con Eluana. Ancora ricordo con ribrezzo quello che disse che avrebbe potuto avere figli…».
Infine una domanda, anzi, la domanda: «Lei crede in Dio?». La risposta: «Non più. Al di là, c’è il nulla. Pura fantascienza». A noi invece pare fantascienza volere la morte della propria figlia, anche quando il cuore è in frantumi.