Salvini, da secessionista a nazionalista
La rapida ascesa di Matteo Salvini, da consigliere comunale a principale leader dell'opposizione, ha un unico esito politico: ha trasformato la Lega da partito del Nord a movimento nazionalista. Non solo "ruspa", ma anche il think tank di Logos che elabora programmi. E il federalismo? Forse ci pensa Brunetta a ereditarlo.
E’ evidente che non c’è nulla di spontaneo nella mobilitazione di piazza contro le incursioni di Matteo Salvini a Napoli, ma non è questo il nocciolo della questione. Un capitano di ventura, Matteo Salvini, tenta di entrare nel territorio di un altro capitano di ventura, Luigi De Magistris, e quest’ultimo reagisce facendo scendere in campo le sue milizie. Per dirla con le parole di Machiavelli il primo sta tentando di diventare il Principe, mentre l’altro non può nemmeno sperarlo, ma nel suo territorio è forte quanto basta per rovinargli la festa.
Subisce perciò una battuta d’arresto un progetto politico cui Salvini mise mano nel 2015: la spregiudicata trasformazione della Lega Nord in un partito nazionale, anzi neo-nazionalista, largamente ispirato al modello francese del Front National di Marine Le Pen. Uomo dominato da una smisurata ambizione, Salvini valuta evidentemente che la Lega abbia già raccolto tutti i consensi possibili per un partito del genere, e che per andare oltre occorra cambiare strada. Oggi la sua bandiera è “Noi con Salvini”, Ncs, poi si vedrà. L’importante per lui non è tanto la bandiera quanto tenere l’asta della bandiera, quale che sia, ben salda nelle sue mani. Magari poi con gli anni diventerà più serio e saggio, ma per adesso è così.
Nato a Milano nel 1973, diploma liceale e poi studi universitari presto interrotti, Salvini è un tipico politico di professione. Dopo un breve apprendistato come cronista de La Padania, diviene consigliere comunale e quindi approda al ricco porto dell’Europarlamento da cui più non si muove. Giunto al vertice della Lega Nord nel 2013, quando il partito fondato da Umberto Bossi sembra irreparabilmente sulla via del declino, riesce a farlo riprendere.
Nessuno arriva alla prima fila della ribalta politica se non sa giocare bene le proprie carte, e ciò vale ovviamente anche per lui. Con abilità e senza scrupoli Salvini punta a raccogliere il consenso dell’elettorato che fa al caso suo. E se per questo va bene un linguaggio da bullo e uno stile da curva nord va bene così; di non piacere al resto del mondo, che intanto non vota per lui, non gliene importa nulla. Un suo tipico argomento è la ruspa, che secondo i casi egli indica come lo strumento più adatto per liberare le città italiane dai campi dei rom oppure per liberare l’Italia da Matteo Renzi. Rendendosi però conto che brandendo la ruspa si raccolgono i consensi di un certo elettorato ma poi si rischia di non andare oltre, Salvini si è dotato anche di un “think tank” e di una rivista di riflessione politica che sin dal suo nome, Logos (= ragione, ragionamento), segna una forte distanza da quella filosofia della ruspa di cui si diceva. Coordinato da Giuseppe Valditara, ordinario di diritto romano all’università di Torino, il “think tank” è composto di circa quaranta professori universitari e di altri autorevoli esperti. A Valditara e agli altri intellettuali raccolti attorno a Logos è affidato il non facile compito di fornire a Salvini armi diverse dalla ruspa, con l’ardua speranza che poi ne faccia uso.
E’ questo il gruppo chiamato a lavorare nel “cantiere" per la stesura del programma di «Noi con Salvini», definito “Un progetto efficace e concreto fondato sul rilancio dell’economia, sulle politiche occupazionali e di sviluppo per il Paese” con specifica attenzione “alle esigenze territoriali, all’efficientamento degli enti locali, allo snellimento della burocrazia e al rilancio del made in Italy”. La specifica attenzione “alle esigenze territoriali” è tutto quel che resta del progetto, prima indipendentista e poi federalista, della Lega di Umberto Bossi.
Frattanto la bandiera dell’autonomia e del federalismo abbandonata da Salvini sembra venire sorprendentemente raccolta da Forza Italia. In un’intervista apparsa sul Corriere della Sera di lunedì scorso 13 marzo Renato Brunetta, capogruppo di Forza Italia alla Camera, si schiera a favore dei referendum di autonomia della Lombardia e del Veneto, che dovrebbero aver luogo nel prossimo autunno. Secondo lui Forza Italia non solo dovrebbe sostenerli a tutta forza ma anche fare “di questa campagna un luogo di aggregazione del centrodestra”. Anzi, aggiunge Brunetta, sullo spunto di essi “dovremmo intestarci una battaglia molto più grande (…) Quella per un federalismo responsabile” da condurre tramite referendum consultivi in tutte le Regioni (…) c’è un Nord in cui lo Stato è invadente e un Sud dove è assente, e una regolamentazione omogenea grida vendetta”. Sarà vero? Sarà possibile? Sarà all’insegna della sussidiarietà e non del micro-statalismo? Solo il tempo ce lo saprà dire.