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CONSEGUENZE

Sagre e congressi: la Cei si adegua all'irrazionalità

La Cei recepisce senza commentare il decreto che impone il green pass per congressi e soprattutto sagre. L'illogicità di una situazione che consentirà ai non vaccinati di assistere alla Messa del patrono, ma non alla festa conseguente. Segno evidente di un asservimento acritico della Chiesa ai diktat del governo. 

Editoriali 01_08_2021

Non è certo il caso di tirare un sospiro di sollievo se, almeno per ora, non sarà richiesto un green pass per partecipare alle Sante Messe e alle processioni. Il chiarimento diramato dalla Cei attraverso la lettera ai vescovi offre, infatti, una semplice ricezione del decreto legge del 23 luglio, ma non interviene nel merito. Si prende atto sic et simpliciter che la certificazione non è richiesta per partecipare alle celebrazioni eucaristiche, ma ci sono altri ambiti nei quali invece il green pass è richiesto e verrà introdotto anche negli ambienti ecclesiali.

A Bologna e a Brescia, ad esempio il concetto è già stato recepito. Nel capoluogo emiliano, infatti, il 3 ottobre prossimo, si svolgerà il congresso diocesano e l’ufficio catechistico sotto le due torri ha già messo nero su bianco che «secondo la recente normativa, coloro che parteciperanno in presenza al Congresso Diocesano dovranno essere in possesso di green pass valido, che verrà controllato all’ingresso insieme all’iscrizione». Idem a Brescia dove il 13 e 14 settembre per poter partecipare al convegno del clero diocesano sarà necessario presentare il green pass.

È una reazione consequenziale al decreto che parla genericamente di congressi e convegni tra le attività che dal 6 agosto abbisogneranno del pass.

Ma l’elenco non si limita solo ai consessi pubblici svoltisi dentro le mura di canoniche, diocesi o centri ecclesiali. La voce sagre messa dal governo indica anche un altro ambito nel quale sarà indispensabile avere le carte in regola.

In molte città del centro sud, quando si parla di sagra si intendono speciali feste di tipo commerciale che in estate esplodono in paesini e quartieri per celebrare questa o quella specialità culinaria: dalla sagra te lu purpu in Salento in cui vengono arrostiti succulenti polipi a quella del Fusillo cilentano passando per la sagra della lenticchia a Norcia a quella del cous cous nel trapanese fino a quella dell’arrosticino a Sulmona.

Ma la sagra è primariamente una festa patronale, quindi nasce come festa religiosa e includerla negli eventi da green pass limiterà fortemente la libertà dei fedeli i quali, per poter partecipare alla festa del loro patrono dovranno farlo con le carte pandemiche in regola. Curioso che nello stesso giorno i non vaccinati potranno partecipare alla Messa di Sant’Antonio, per esempio, ma non all’estrazione della lotteria che si svolge di solito al termine della festa. O alla cena comunitaria della parrocchia dopo la messa se non avranno il magico certificato. La logica? Non c’è. La razionalità? Nemmeno.

Queste misure costringeranno i fedeli a essere vaccinati per poter partecipare pienamente a tutta la vita ecclesiale, non solo al culto. E i preti a doversi vaccinare non per escludere primariamente una infezione da covid 19, ma per poter assistere alla relazione del vicario generale all’assemblea diocesana o per poter assaggiare i tortelli fatti dalle donne della parrocchia per finanziare i lavori di restauro della chiesa.

Un altro esempio di una Chiesa sempre più asservita all’illogicità irrazionale di un governo che ormai sta disponendo del culto e delle attività ecclesiali a piacimento.