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APPROPRIAZIONE INDEBITA

Russia, l'eterno dissidio del Cremlino

La Russia è da sempre un enigma, oggi non meno di ieri. Divisa tra sacro e profano, sempre in lotta anche con se stessa, il suo passato non passa mai definitivamente e del futuro vero ha costante nostalgia. Tutto è ben scritto e spiegato nell'imponente
e importante volume di Giovanni Codevilla, Chiesa e impero in Russia. Dalla Rus’ di Kiev alla Federazione russa (Jaca Book)

Profondo studioso di diritto e del mondo russo (indagato dagli anni ’70 con saggi dedicati ai ruoli di Stato e Chiesa nell’Urss, poi, di recente, nella Federazione Russa), Giovanni Codevilla presenta una documentatissima storia delle relazioni tra potere spirituale e temporale in Russia, subito mostrandoci come l’idea della “sinfonia dei poteri” cioè di quella ribadita armonia tra Sacerdotium e Imperium (altare e trono), si sia verificata solo per periodi brevi, e come invece l’Imperium sia stato via via predominante sul Sacerdotium: un dato evidente ai tempi di Ivan il Terribile, Pietro il Grande o Caterina II, ma pure cifra di altri periodi della storia russa.

Sono quattro le parti in cui si articola il volume, da oggi in libreria, prefato da Sante Graciotti: Chiesa e impero in Russia. Dalla Rus’ di Kiev alla Federazione russa (Jaca Book, pagine 684, euro 29). Quattro ere di una storia religiosa e civile dove mai si perdono di vista con i fatti le strutture normative, con le idee i dibattiti dottrinari e l’evoluzione del pensiero politico tra componenti slavofile e occidentaliste.

E che dalle origini (incisivamente dal ’400, con la formazione di uno Stato centralizzato attorno a Mosca, diventata sede di una metropolia e di un granducato sempre più vasto), arriva ad oggi. Ai giorni di una Chiesa ortodossa rinata, consapevole del rinnovamento che attende parti del suo clero bianco (quello dei sacerdoti secolari calati nel mondo) e del suo clero nero (quello dei monaci e degli starcy immersi nella preghiera), nonché dei laici credenti, ma pure riesposta all’antica tentazione di imporsi con l’aiuto dello Stato.

Risulta qui chiaro come il dato religioso attraversi tutta la storia russa. Dalle origini (dove già si staglia il ruolo rilevante dei monasteri ed è la fede ortodossa -più che la lingua - a formare la nazione) sino alla fine del XVII secolo, ecco la prima parte del libro concentrarsi sull’ascesa di Mosca, l’autonomia della Chiesa russa e la divisione in due metropolie, sull’istituzione del Patriarcato di Mosca a dilatare autorità della Chiesa e dello zar (anche in contrapposizione al mondo cattolico).

Non solo. Codevilla insegue qui l’idea dellaTerza Roma nel segno di un’aspirazione universalista e della sua negazione, espressa poi con l’Unione di Brest da cui nasce la Chiesa greco-cattolica (poi letta come il paradigma di un complotto occidentale), per fermarsi sul grande scisma dei Vecchi Credenti e la frattura dell’unità religiosa.

Tutta dedicata al “periodo sinodale” la seconda parte che si apre, tra XVII e XVIII secolo con Pietro il Grande (che rimpiazza il Patriarcato con il Santo Sinodo riducendo la Chiesa a dicastero statale, che perseguita i vecchi credenti ma pure emana il primo decreto di tolleranza religiosa) per continuare con la politica ecclesiastica dei suoi successori sino alla fine dell’ ’800, registratasi nel frattempo l’aggregazione coatta della Chiesa greco-cattolica all’ortodossia e rafforzatasi la tutela giuridica della Chiesa ortodossa russa contro i rischi di apostasia. Il tempo di vedere il decreto del 1905 sulla tolleranza religiosa, mentre il clima politico di inizio secolo indica esigenze di cambiamento nella Chiesa e nello Stato,ed ecco di lì a poco il sovvertimento bolscevico.

Si è dentro la terza parte della ricostruzione - il periodo sovietico - quando la religione viene considerata un fenomeno dannoso, da estirpare a vantaggio del partito e dell’internazionalismo proletario. E qui si spazia in ogni dove. Dalle prime ostilità del bolscevismo verso la Chiesa ortodossa, tra profanazione di reliquie e requisizione di beni ecclesiastici all’annientamento della gerarchia cattolica; dai processi di ateizzazione forzata alla repressione degli anni ’30; dalla costituzione e dalla “Nep” staliniana al Concilio locale della Chiesa ortodossa del ’45; dal nuovo Regolamento della Chiesa ortodossa all’eliminazione della Chiesa greco-cattolica, dalla svolta antiecclesiastica del ’48 alla politica antireligiosa con Chrušcëv. E poi il Concilio dei vescovi del 1961 e quello locale del ’71.

La Costituzione brežneviana del ’77, il Rapporto Furov, il dissenso religioso, gli anni ’80 .Temi ben noti all’autore che qui analizza gli strumenti legali o amministrativi usati dal regime nella sua lotta antireligiosa, comprese leggi non scritte sovente mezzi di arbitrio illegale (risoluzioni del partito, ordinanze dei commissari del Popolo, del Comitato centrale, circolari di organi statali). Fino a Gorbacëv, ai Concili locali dell’ ’88 e ’90. Sino alla proclamazione della norme nuove sulla libertà religiosa.

Tema quest’ultimo che occupa largo spazio della quarta parte, la “Nuova Russia”: gli ultimi vent’anni fra laicità dello Stato e separatismo, conflitti fra le chiese ortodosse e territorio canonico, attività missionaria e proselitismo, ed altro. In particolare l’autore, dalla Costituzione della Federazione Russa del ’93 (che proclama la separazione del poter civile da quello ecclesiastico), sposta il riflettore sul preambolo della Legge federale del ’97,dove si contraddice al principio di uguaglianza delle religioni di fronte alla legge, accordandosi “speciale benevolenza” a quelle “tradizionali” della Russia e collocando in ordine di valore decrescente cattolicesimo e protestantesimo, islam, buddismo, ebraismo. Inutili, a suo tempo, i rilievi di Boris Elzin, formulati dal consigliere Anatolij Krasikov, sui palesi contrasti con la Costituzione.

E si arriva, con i patriarchi più recenti Aleksij II e Kirill, e con gli inquilini del Cremlino Putin e Medvedev, al tempo presente. Che poi pare quello più antico. Sacro e profano si mescolano. Già: attualità di Mosca Terza Roma o ritorno della Russia al passato?

Da Avvenire del 4 novembre 2011