Russia e Nato, nulla di fatto. Continua l'escalation
Il Regno Unito invia armi anti-carro all'Ucraina. La Russia non smobilita ai confini ucraini. È il segno tangibile del fallimento dei colloqui fra la Russia e la Nato. Non si può raggiungere l'accordo perché le richieste russe all'Alleanza implicherebbero una sconfitta strategica. Al tempo stesso, la Nato è divisa, sul gas russo e sulla risposta da dare.
Ieri dal Regno Unito è partito un aereo da trasporto C17 con un carico di armi anti-carro destinato all’Ucraina. Curiosamente, l’aereo britannico non ha sorvolato la Germania, ma ha percorso una rotta più lunga, passando sulla Danimarca, per poi fare rotta sull’Ucraina attraverso lo spazio aereo polacco. Nel frattempo non si vede alcun cenno di ritiro da parte della Russia, che mantiene ai confini orientali ucraini circa 100mila uomini, con armi ed equipaggiamento pesanti, come se una campagna invernale dovesse partire da un momento all’altro. Questi fatti, più ancora che le dichiarazioni dei leader coinvolti, dimostrano come i colloqui fra Russia e Usa, fra Russia e Nato e infine fra Russia e Osce, tenutisi la settimana scorsa, si siano conclusi con un nulla di fatto. Nessun compromesso, almeno finora, appare possibile.
La prima condizione posta da Mosca alla Nato, infatti, è quella di interrompere gli aiuti militari all’Ucraina. Il primo carico britannico di armi anti-carro, dimostra che neanche su questo primo punto si è raggiunto un accordo. La prima condizione della Nato è la fine delle manovre russe ai confini ucraini. E anche qui niente da fare. «Abbiamo deciso di fornire all’Ucraina armi leggere anti-carro – ha dichiarato ieri il segretario alla Difesa britannico Ben Wallace al Parlamento – Non si tratta di armi strategiche, non costituiscono alcuna minaccia per Mosca, sono armi per l’auto-difesa». Si tratta comunque di un chiaro segnale di vicinanza alla causa dell’Ucraina da parte della Nato, che comunque non interverrebbe militarmente in caso di conflitto, stando a quel che ha dichiarato lo stesso governo britannico. Il Segretario Generale dell’Alleanza Atlantica, Jens Stoltenberg, alla conclusione dei colloqui dichiarava che la Russia sta ottenendo il contrario di quel che vorrebbe. Chiede, come condizione, una frontiera orientale della Nato parzialmente demilitarizzata, ma ottiene un suo rafforzamento. Così era avvenuto nel 2014, dopo l’annessione della Crimea: preoccupati che il prossimo colpo di mano russo potesse avvenire anche sul loro territorio, i Paesi Baltici avevano chiesto una maggior presenza di truppe, aerei e navi degli Alleati. Ora potrebbe accadere lo stesso.
Anche il volo cargo di ieri, comunque, dimostra tutte le divisioni interne alla Nato. Al di là delle giustificazioni tecniche, è abbastanza chiaro che Germania e Regno Unito (e Paesi Baltici e Polonia) non giocano la stessa partita. La Germania ha appena finito di legarsi a doppio spago con la Russia, con il gasdotto Nord Stream 2, il raddoppio della rotta baltica sottomarina che rifornisce di gas i tedeschi direttamente dal territorio russo, saltando a piè pari Ucraina e Polonia. Berlino, con il suo nuovo governo di sinistra rosso-giallo-verde, ha ereditato dal precedente cancellierato Merkel una posizione difficile, ricattabile. Non può più permettersi una minaccia di sanzioni economiche gravi, tantomeno una guerra alle porte. Lo stesso problema riguarda tutta l’Europa continentale: un terzo del gas naturale arriva dalla Russia. Anche l’amministrazione Biden, contrariamente al predecessore Trump, si oppone alle sanzioni sul Nord Stream 2. Non tanto come mossa di appeasement nei confronti della Russia, ma soprattutto per riallacciare buoni rapporti con la Germania, rapporti che nell’amministrazione precedente avevano raggiunto il minimo storico.
Vladimir Putin può sfruttare queste divisioni e contare sull’eventuale ricatto energetico per evitare le sanzioni economiche più gravi. Ma a cosa mira, realmente? Ufficialmente ad un cambiamento di rapporti di forza nell’Europa orientale. Le richieste russe, se accettate dalla controparte, priverebbero Paesi Baltici e Polonia di parte delle loro difese, isolerebbero l’Ucraina e trasformerebbero in un impegno legalmente vincolante la promessa di non espandere l’Alleanza ulteriormente a Est. In poche parole, Putin vuole consolidare una sfera di influenza, entro la quale rientra anche l’Ucraina. Se la Nato accettasse, sarebbe una sconfitta strategica dell’Alleanza. Dovrebbe infatti accettare l’interferenza russa in uno Stato indipendente, sovrano e partner, quale è l’Ucraina, impedendole di optare, anche in futuro, per la sua libera adesione all’Alleanza. Non solo: i membri orientali della Nato si vedrebbero dettare regole dalla Russia sulla loro difesa.
Benché le proposte principali siano state respinte al Consiglio Nato-Russia, gli Alleati e gli Usa in particolare, si sono comunque dimostrati disponibili a trattare su una maggior trasparenza riguardo ai movimenti militari, il controllo degli armamenti e a discutere anche, per la prima volta, sulla creazione di aree “off limits” nel Mar Nero. E in generale sulla riduzione, nelle dimensioni e nello scopo, delle esercitazioni militari.