Runner, furbetti, no-vax, quante cacce ai nemici del popolo
I non vaccinati, volontari o involontari, sono i nuovi nemici del popolo. Ma prima di loro toccava ai runner, poi ai furbetti della mascherina, poi ai ragazzi della movida e anche ai furbetti del vaccino (l'opposto dei no vax). I nostri governi cercano capri espiatori, dividono il popolo, invece che unirlo. Un copione già visto nei regimi comunisti.
I non vaccinati, volontari o involontari, sono i nuovi nemici del popolo e, con il green pass obbligatorio, lo Stato sta cercando di ghettizzarli, limitando al massimo le loro interazioni col pubblico. Macron ha tracciato la via e l’Italia l’ha seguita con una prontezza incredibile. Anche se la Francia, dopo le massicce proteste dello scorso fine settimana ha fatto una parziale marcia indietro, l’Italia va avanti, obbligando i gestori e i proprietari di molti servizi pubblici, come cinema, teatri, palestre, piscine, ristoranti al chiuso, discoteche, grandi eventi, mezzi di trasporto nelle tratte a lunga percorrenza (l’elenco è ancora in via di elaborazione, mentre questo articolo va online) a richiedere il certificato verde. O si è vaccinati (entro i 9 mesi), o si è fatto il tampone (entro 48 ore), o si è guariti dal Covid (entro 6 mesi), altrimenti si resta fuori, in compagnia dei cani.
Il consenso per queste nuove misure, attorno al 73% secondo gli ultimi sondaggi, è comprensibile: si è ormai diffusa l’idea che la colpa per le nuove varianti sia da attribuire ai non vaccinati. Il virus circola là dove la gente non si vaccina, soprattutto i giovani, può mutare e mutando mettere in pericolo anche quelli che sono vaccinati. Quindi i giovani, in particolar modo, ma anche quei pochi milioni di ultra-60enni che non vogliono, o non possono, vaccinarsi, sono visti semplicemente come: i nuovi untori. Né più né meno. Quindi, invece del campanaccio come i lebbrosi (proposta della pagina Facebook di Feudalesimo e Libertà), è stato introdotto l’obbligo di green pass per escluderli, fra gli applausi del popolo.
L’idea alla base di questo ragionamento, apparentemente inoppugnabile, è invece alquanto superficiale. Non solo c’è il dubbio che le varianti siano prodotte dal vaccino stesso, ma è indubbio che l’Italia non può isolarsi dal resto del mondo. E nel resto del mondo, in Cina, India, in Africa, ci sono miliardi di individui ancora non vaccinati. Il 26,6% della popolazione mondiale ha ricevuto almeno una dose e appena il 13,2% è vaccinata. Quindi quasi l’87% della popolazione mondiale (6 miliardi 960 milioni di individui) non è vaccinata. Fra questi quasi 7 miliardi di abitanti il virus può ancora circolare. E mutare. E non c’è modo di prevenire il suo arrivo in Italia. Spesso la scoperta di varianti, come quella inglese, indiana o sudafricana, avviene dopo che è già presente nel nostro Paese. Quando guardiamo il nostro vicino di casa come un untore, perché non vuol vaccinarsi, forse non ci rendiamo neppure conto in che pianeta viviamo. Additare un capro espiatorio, in casa propria soprattutto, è un approccio irrazionale al problema.
Però non è affatto la prima volta che il popolo viene invitato a odiare un nemico comune. La prima volta toccò ai runner. Allora si credeva che, con il rispetto rigoroso delle regole del lockdown, il virus avrebbe smesso di circolare. Se invece girava ancora, era per colpa di chi correva fuori casa, per fare sport. Il “runner” divenne la categoria più odiata e braccata dalle forze dell’ordine. Pochi li difesero. A volte, se insultati dalle finestre, si vendicarono in malo modo. Ma comunque rimasero la categoria più odiata, accusata di egoismo, edonismo e incoscienza. Col senno di poi, oggi sarebbe ridicolo affermare che una persona che corre, da sola, possa mettere altri a rischio di contagio. Ma allora si ragionava così, anche con un argomento un po’ forzato e molto moralistico: “se tutti corressero, non sarebbe più possibile mantenere il lockdown”.
Dopo il lockdown, fu la volta del furbetti della mascherina. Già a partire da maggio, quando si poteva uscire di casa, ma molti esercizi pubblici erano ancora chiusi, era già partita la caccia delle forze dell’ordine a chi non portava, o portava male (sotto il naso, sotto il mento, al gomito) la mascherina, all’aperto e al chiuso. A molti trasgressori, questa disattenzione costò molto cara. Ma comunque il no mask, quasi mai un militante di una causa, quasi sempre una persona rea solo della sua disattenzione alla regola, divenne il nuovo nemico del popolo. Fu un esempio di grande volubilità del potere. Fino al mese precedente, infatti, il capo della Protezione Civile stesso affermava di non portare la mascherina. Chi la portava era considerato un ossessionato e veniva preso in giro da simpatici cartoni animati di YouTuber scanzonati.
Non appena tornò il caldo e finirono le scuole, toccò ai ragazzi della movida. In quei giorni di inizio estate 2020, i fotografi riscoprirono l’uso dello zoom: sui grandi quotidiani venivano sempre pubblicate con grande rilievo foto di masse fittissime, merito soprattutto della prospettiva schiacciata. I Navigli a Milano e altre piazze in Italia divennero il nuovo bersaglio di tutte le polemiche. Il messaggio era inequivocabile: affollandovi, state facendo tornare il virus. Il professor Lopalco, fra gli altri, avvertiva che la spensieratezza dei giovani avrebbe provocato una nuova ondata fra i loro incolpevoli genitori. Il culmine della polemica toccò alle discoteche, in particolar modo al Billionaire di Briatore.
A estate finita una seconda ondata colpì l’Italia. A ottobre. Un po’ difficile attribuire la sua origine alla spensieratezza di chi andò a divertirsi all’aperto a giugno, luglio e agosto. Ma per il virologo Massimo Galli, questo fu l’argomento principe per “non ripetere gli errori dell’estate” e tenere chiuso nelle vacanze di Natale, che infatti fu uno dei più blindati di sempre. Anche in inverno, però, si trovò il capro espiatorio: lo sciatore evasore. Non evasore fiscale, in questo caso, ma evasore dai patrii confini, per andare a divertirsi sulle piste in Svizzera, unica nazione a portata di mano con gli impianti funzionanti. All’affollamento degli impianti in Svizzera fu poi attribuita, senza troppe prove, la causa della variante inglese (la cui origine, però, precedeva l’inverno 2020-21). Oggi sappiamo che in Svizzera vi sono stati molto meno morti e contagi dei Paesi europei confinanti.
Con l’introduzione del vaccino, pareva che la costante ricerca di categorie di untori finisse. Invece no. Ci sono i no vax, in questi giorni. Ma prima di loro, i nemici del popolo erano i “furbetti del vaccino”, cioè il contrario esatto dei no vax: quelli che volevano vaccinarsi il prima possibile, saltando la fila. I tempi di attesa erano lunghi e anche persone che non erano anziane e non facevano parte del personale sanitario preferivano vaccinarsi appena possibile, magari perché nel loro centro vaccinale avanzava qualche fiala di troppo e un infermiere amico preferiva non sprecarle. Contro i furbetti del vaccino, comunque, le autorità promettevano il pugno duro. Così come oggi lo promettono contro chi, al contrario, non si vaccina.
Sono tutti argomenti irrazionali, appunto. E la frequenza stessa con cui il furore popolare cambia bersaglio, anche più volte al mese, dovrebbe suggerire di non dar troppo retta a queste campagne di odio. Il problema vero è che, attraverso i grandi media, sono incoraggiate dalle istituzioni stesse. Invece di unire, lo Stato sta dividendo i suoi cittadini. La strategia di lockdown è stata perfetta per raggiungere questo scopo: lo Stato ti ordina di stare a casa, sta a te trasgredire. Se qualcosa va male, è colpa tua. Idem dicasi per l’obbligo delle mascherine all’aperto, per i divieti di spostamenti e per il green pass: se qualcosa va male, è colpa del trasgressore. La politica si lava le mani delle sue responsabilità, in compenso il cittadino comune è spronato a diventare delatore e poliziotto, a punire e denunciare, a dar la caccia al trasgressore e a scaricare su di lui la colpa dei lutti che ci circondano ancora. Questo metodo ha un nome: comunismo. I regimi comunisti davano per scontato che lo Stato-partito potesse fare niente altro che il bene della collettività. Se i loro piani andavano male, la colpa era dei “sabotatori”. Tutti i cittadini dovevano essere custodi della linea del Partito, il bravo cittadino doveva anche essere un bravo delatore. La pena prevista per i sabotatori e gli altri elementi anti-sociali, prima ancora che la morte, era la rieducazione. E a partire dagli anni 60, in Urss, anche la cura psichiatrica coatta. Furono crimini contro l’umanità, riconosciuti internazionalmente. Pare impossibile che si ricominci a ricorrere a certi metodi, dietro suggerimento anche delle migliori menti del nostro ambiente intellettuale.