«RS deve morire»: la Corte europea sta con Londra
Neanche l'intervento del governo polacco salva la vita a un suo cittadino in stato vegetativo, ostaggio di un ospedale britannico. La Corte Europea dei Diritti Umani dà ragione a Londra, supporto vitale già sospeso. Ricorso d'urgenza all'ONU, ma le speranze sono pochissime.
Notizia triste ma prevedibile da Strasburgo. La Corte europea dei diritti dell'uomo (CEDU) ha rigettato l'appello urgente del governo polacco per salvare la vita di un suo cittadino nel Regno Unito che medici e giudici hanno deciso di lasciare morire essendo in stato vegetativo. Fonti di informazione polacche affermano che l'ospedale ora intende prelevare i suoi organi per il trapianto – nel Regno Unito vale il principio del silenzio-assenso - accelerando così la morte del paziente già imminente a causa del ritiro del supporto vitale.
Secondo Christian Concern, «la decisione della CEDU toglie alla famiglia l'ultima speranza di salvare la vita di RS» e costituisce anche «un affronto al governo della Polonia che aveva inviato una richiesta formale urgente al ministro degli Esteri britannico Dominic Raab, chiedendo collaborazione per il rimpatrio di RS in Polonia».
Il cittadino polacco, identificato solo come "RS", aveva subito un attacco di cuore lo scorso novembre, con conseguenti danni cerebrali che i medici britannici hanno definito "gravi e irreversibili" (clicca qui). Il 15 dicembre, il giudice Cohen aveva stabilito che "non era nel migliore interesse di RS" ricevere il supporto vitale, che quindi "potrebbe essere legalmente interrotto". Il giudice aveva anche affermato che a RS avrebbero dovuto essere fornite cure palliative per assicurarsi che "conservasse la massima dignità e soffrisse il minimo disagio fino al momento in cui la sua vita giungerà al termine". Alimentazione e idratazione erano stati però ripresi dopo che governo polacco e famiglia biologica si erano appellati alla CEDU alla fine di dicembre.
Ora, però con la sentenza della CEDU i medici ritengono chiusa la partita e il supporto vitale è stato già rimosso, anche se i legali della famiglia hanno un’ultima, seppur tenue, speranza. In una corsa disperata contro il tempo, l'Ordo luris Institute for Legal Culture ha fatto appello urgente al Comitato delle Nazioni Unite per i Diritti delle Persone con Disabilità. Agendo per conto della famiglia biologica del paziente chiede la ripresa di alimentazione e idratazione per RS mentre viene chiamato a valutare l’eventuale violazione dei suoi diritti. Si sta aspettando una risposta.
Filip Furman di Ordo Iuris ha dichiarato a LifeSiteNews che «ci siamo appellati al Comitato delle Nazioni Unite sui Diritti delle Persone con Disabilità perché riteniamo che le azioni dell'ospedale e il rigetto dell'appello da parte del tribunale britannico violino l'articolo 10 della Convenzione sui diritti delle persone con disabilità». «L'articolo 10 – prosegue Furman - si riferisce al diritto alla vita e questo articolo non differenzia la qualità della vita. Protegge la vita in generale». Non solo: «L'articolo 15 vieta la crudeltà. Ebbene, credo che la fame fatta soffrire al paziente sia un esempio di crudeltà. L'articolo 22 riguarda la dignità della persona. L'articolo 25 dice che la persona disabile dovrebbe avere il più alto standard di salute, che dovrebbe essere eseguita la migliore riabilitazione possibile. Ebbene, anche questi articoli potrebbero essere stati violati».
Visti i precedenti le speranze non sono molte. Del resto la Corte britannica, in questo come nei casi precedenti di fine vita, si è dimostrata coerente nella sua intransigenza. Anche in questa vicenda ogni richiesta della famiglia è stata negata. Come ad esempio la richiesta di far deporre il neurologo Patrick Pullicino, che in un parere scritto ha osservato che i video di RS ripresi (senza autorizzazione) in ospedale dalla famiglia mostrano «una chiara risposta emotiva alla presenza dei membri della famiglia», e potrebbero indicare che le prospettive di recupero di RS fossero migliori di quanto suggerito dall'ospedale. Pullicino ha perciò raccomandato ulteriori test che potrebbero aiutare a diagnosticare le condizioni di RS. Le sue prove e il parere medico sono stati respinti dalla corte.
Allo stesso modo è stata respinta la richiesta congiunta di famiglia e governo polacco di rimpatriare RS in Polonia per cure. Il rappresentante dell’ospedale ha ritenuto «piuttosto offensivo suggerire che [RS] dovrebbe essere trasferito in un altro paese, dove potrebbe morire durante il transito lontano dalla sua famiglia». Il giudice ha dato ragione ai sanitari.
Da ultimo, la famiglia non può neanche opporsi all’eventuale prelievo degli organi di RS. La legge britannica sulla donazione di organi (Deemed Consent), entrata in vigore il 15 marzo 2019, presume che un individuo cerebralmente morto sia un donatore di organi a meno che non abbia ufficialmente espresso volontà contraria.
Oltre alle questioni sul diritto alla vita già sollevate in casi analoghi, la vicenda di RS apre il vaso di Pandora per i diritti dei malati all'estero. Quanto sta accadendo attorno al caso di RS significa che i cittadini che si ammalano gravemente o hanno un incidente invalidante mentre sono all'estero possono essere tenuti in ostaggio in un ospedale straniero, messi a morte e vedere gli organi espiantati se la legislazione di quel paese lo prevede. Del resto, quante persone pensano alle leggi sul fine vita quando viaggiano all'estero per soggiorni brevi o lunghi periodi?