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Il punto

Rotta la tregua con Hamas, Israele torna a bombardare Gaza

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Sono ripresi massicciamente i bombardamenti di Israele sulla Striscia di Gaza: oltre 400 le vittime dalla rottura della tregua con il gruppo terroristico Hamas. Netanyahu giustifica l’attacco. Ma non tutti in Israele condividono le sue scelte, a partire dai familiari degli ostaggi.

Esteri 19_03_2025
18 marzo 2025 a Gaza, dopo raid israeliani (Ap/LaPresse)

La tregua è stata interrotta. “Forza e spada” è il nome in codice della nuova e violenta operazione lanciata da Israele contro Gaza. Un attacco su vasta scala. I bombardamenti aerei sono ripresi massicciamente. Colpiti obiettivi "militari" e in particolare strutture civili. Le vittime sono oltre 400, di cui 130 bambini e 28 donne; oltre cinquecento i feriti, molti dei quali versano in gravi condizioni. Drammatica la testimonianza, su X, del dottor Mohammad Qishta di Medici senza Frontiere, dall’ospedale Nasser di Gaza: «Noi medici abbiamo pianto per l’intensità e la difficoltà della situazione. Ci sono casi gravi: ustioni, amputazioni, ferite alla testa e al torace. Il pronto soccorso è in condizioni disastrose. Abbiamo corpi mutilati, per lo più di bambini e di donne. C’è tanta confusione nella popolazione. Molte persone sono giunte in ospedale solamente per cercare protezione».

Yacoub Farah è uno dei pochi infermieri ancora rimasti nell'ospedale. Nonostante l'amputazione di un braccio continua a prestare la sua opera. Lo raggiungiamo tramite WhatsApp. Singhiozza: «Perché continuare ad ammazzare donne e bambini. Forse i figli dei palestinesi sono diversi da quelli degli israeliani?». Ma non può trattenersi, e chiede di interrompere la conversazione. Innocenti ammazzati per il solo fatto di essere palestinesi.

Il primo ministro Netanyahu si è giustificato dichiarando che l'attacco, sferrato in pieno accordo e coordinamento con Washington, è stato provocato per due motivi: il rifiuto di Hamas di rilasciare nuovi ostaggi e la bocciatura della proposta degli Stati Uniti; dimenticando, però, di menzionare il rifiuto israeliano di abbandonare, come previsto dagli accordi, il Corridoio Filadelfia, e di iniziare un altrettanto graduale ritiro definitivo delle forze israeliane dalle aree più popolate della Striscia. L'iniziativa militare di Israele è un chiaro segno che non si vuole protrarre l'accordo di tregua entrato in vigore lo scorso 19 gennaio.

Un alto funzionario del gruppo di Hamas ha affermato ai media arabi che sussiste ancora una grande distanza con le proposte presentate da Israele per la seconda fase. Tel Aviv, invece, ribadisce la sua posizione: prima devono essere liberati dieci ostaggi vivi, dopodiché incominceranno le trattative per la seconda fase. Hamas era disposto a rilasciare solo il militare ebreo-americano, Idan Alexander, e a restituire quattro salme con doppia cittadinanza, a patto che si passasse alla fase due dell’intesa sul cessate il fuoco. Un portavoce del gruppo terroristico ha inoltre dichiarato: «Si proseguirà nelle trattative solamente se Israele procederà nell’accordo di cessate il fuoco. Con il sostegno politico e militare illimitato del presidente americano Donald Trump, l’occupazione israeliana ha la piena responsabilità dei massacri e dell’uccisione di donne e bambini a Gaza».

Sono trascorsi 526 giorni dall'inizio di questa assurda guerra e un reale spiraglio di pace, purtroppo, non si intravede. Netanyahu non intende indietreggiare di un passo e lancia la sfida dando il via libera ai bombardamenti sulla Striscia. L’attacco violento contro Gaza è un messaggio anche per i mediatori, in particolar modo per l’Egitto. Israele si oppone al fatto che Hamas rimanga come organismo governativo o militare nella Striscia, “il giorno dopo” la firma della tregua definitiva, auspicando una fuoriuscita di massa dei palestinesi; l’Egitto teme che centinaia di migliaia di abitanti di Gaza, rifugiatisi a Rafah, entrino nella penisola del Sinai, provocando forti contraccolpi in termini economici e di sicurezza nazionale. In una nota diffusa dall'esercito israeliano su Telegram si sottolinea che gli obiettivi colpiti nelle ultime ore includono cellule terroristiche, postazioni di lancio, depositi di armi e infrastrutture militari supplementari adoperate dalle organizzazioni terroristiche per programmare e compiere attacchi contro civili e soldati israeliani.

L'Autorità nazionale palestinese, in una nota pubblicata su X, accusa Israele di venir meno ai suoi obblighi di porre fine alla guerra di genocidio e sfollamento e di bloccare gli sforzi internazionali a sostegno del piano di ricostruzione e di unificazione delle due parti e della creazione dello Stato palestinese. Anche il ministero degli Esteri del Qatar, paese mediatore, ha accusato Israele per la ripresa degli attacchi che finiranno per incendiare la regione e minarne la sicurezza e la stabilità. La Turchia, con il suo ministro degli Esteri, ha dichiarato che con l’ultima offensiva militare Israele sta violando il diritto internazionale e i valori universali nel modo più grave. «Il massacro di centinaia di palestinesi negli attacchi a Gaza – ha detto – dimostra che la politica di genocidio del governo Netanyahu è entrata in una nuova fase».

Il primo ministro israeliano, nel frattempo, ha aperto anche un fronte interno. L'obiettivo è chiaro: ottenere il controllo completo dell’esercito e della magistratura, per assicurarsi, così, la piena impunità e il mantenimento, senza ostacoli, del potere. Ma non tutti in Israele condividono le scelte di Netanyahu. Le piazze sono ritornate a riempirsi. Si sono verificate proteste a Gerusalemme, vicino alla Knesset. Si contestano i recenti attacchi israeliani che hanno colpito la Striscia e si chiede la liberazione degli ostaggi ancora nelle mani di Hamas.

Ma la pressione militare mette in pericolo ostaggi e soldati. «Cinquantanove persone sono segregate nei tunnel di Gaza. Netanyahu, rivolgi lo sguardo verso i nostri occhi, guarda negli occhi di un genitore a cui hai decretato una condanna. Vuoi sacrificare i nostri figli per questioni di potere», ha dichiarato il padre di Yair, l’ostaggio rilasciato nelle scorse settimane, e di Eitan, tuttora prigioniero a Gaza. E ancora: «Perché vi siete tirati indietro da un accordo che avrebbe potuto riportare tutti a casa?».

Il Forum delle famiglie degli ostaggi ha anche chiesto al primo ministro, al ministro della Difesa e ai responsabili della Sicurezza di incontrare i familiari per spiegare come saranno garantiti gli ostaggi dalla ripresa della pressione militare e come il governo intenda riportarli indietro.