Romania, la rivolta della diaspora contro la corruzione
In questo caldo fine settimana di metà agosto, i rumeni scendono in piazza. E' una delle proteste più drammatiche in un paese membro dell’Ue, negli ultimi tempi, con centinaia di feriti. A manifestare, contro la corruzione, sono soprattutto i rumeni della diaspora, gli espatriati.
In questo caldo fine settimana di metà agosto, i rumeni non vanno in vacanza, ma scendono in piazza a protestare. Si è trattato, a dire il vero, di una delle proteste più drammatiche in un paese membro dell’Ue, negli ultimi tempi, con centinaia di feriti, soprattutto manifestanti colpiti dalla polizia. La ragione della protesta è la corruzione del governo socialdemocratico e i suoi tentativi di colpi di spugna. Ma ancor più interessante è chi protesta: sono soprattutto i rumeni espatriati, quelli che normalmente vivono tra noi, o in altri paesi europei, e che si sentono le prime vittime della corruzione del governo di Bucarest.
Nelle proteste di questo fine settimana sono state coinvolte dalle 50mila alle 80mila persone a Bucarest. Si è manifestato anche in altre città: Cluj, Sibiu, Iasi e Timisoara, che molti ricorderanno come epicentro della rivoluzione contro il regime comunista. Le ultime dimostrazioni sono state ordinate e pacifiche. Ma si sono tenute come risposta alla violenza che si era scatenata venerdì. Quel giorno, infatti, i cortei hanno provato a forzare il blocco per arrivare alla sede del governo. La polizia lo ha impedito e i più estremisti fra i manifestanti hanno iniziato a tirare bottiglie e altri oggetti contundenti contro gli agenti, ferendone alcuni. La risposta delle forze dell’ordine non si è fatta attendere: fra spray urticanti, lacrimogeni, idranti e cariche, il corteo è stato disperso e 440 persone sono rimaste ferite. In ospedale, con ferite più gravi, sono finite 65 persone, fra cui 9 agenti anti-sommossa. La sproporzione delle perdite è abbastanza eclatante: sul totale dei 440 feriti, solo poche decine sono poliziotti.
Vista la reazione di sdegno all’azione delle forze dell’ordine, il presidente Klaus Iohannis si è sentito in dovere di intervenire pubblicamente, affermando che l’uso della forza da parte degli agenti è stato “sproporzionato”. “Condanno fermamente l’intervento brutale della polizia anti-sommossa – ha dichiarato il presidente Iohannis – fortemente sproporzionato rispetto alle azioni della maggioranza della gente”. La manifestazione del venerdì scorso chiedeva le dimissioni del governo, formato soprattutto dal Partito Socialdemocratico. Lo scorso luglio, il presidente Iohannis è stato costretto da un ordine della Corte Suprema (a suo dire, anche dalla pressione del governo) a licenziare Laura Cadruta Kovesi, autorità contro la corruzione nelle istituzioni. Iohannis, che ha dichiarato tutta la sua stima per la ex commissaria, ha lasciato intendere che vi sia uno scontro istituzionale in corso, di essere oggetto di pressioni indebite da parte del governo. Ed è soprattutto questa legittimazione presidenziale che ha dato il là alla piazza.
Non è la prima volta che accade. L’anno scorso, erano scesi in piazza in circa 150mila, sempre contro lo stesso governo socialdemocratico, contro il suo tentativo di “colpo di spugna”: un indulto per chi era stato arrestato con condanne per corruzione. Una forma di garantismo a corrente alternata, da parte del governo, che non era stata gradita né in patria né all’estero. Anche in quella occasione, il presidente Iohannis, la Commissione Europea e persino il Dipartimento di Stato americano avevano contestato la proposta di legge, affermando che avrebbe fatto deragliare lo Stato di diritto.
A protestare contro il governo, in questi giorni, sono, appunto, soprattutto i rumeni della diaspora. Quelli che sono emigrati, anche decenni fa, per lavorare all’estero. Dovrebbero essere i meno interessati alle vicende del loro paese, invece sono quelli che hanno più motivi per essere indignati. Stando alle numerose testimonianze che hanno rilasciato alla stampa durante le proteste, dicono soprattutto di essere stati indotti a emigrare a causa della mancanza di opportunità. Una mancanza di opportunità che è causata soprattutto da un governo, erede del vecchio regime, che non accetta troppo le riforme, si trincera nelle sue posizioni di rendita ed è corrotto. Gli espatriati hanno esperienze di lavoro in paesi in cui la “cosa pubblica” è più pulita, possono fare il confronto quando tornano in patria e rimanerne doppiamente scandalizzati. La diaspora rumena è una massa di manovra considerevole: 3 milioni di espatriati, con un apporto di circa 4,3 miliardi di euro di rimesse.