Ritorno al secolo d’oro degli Estensi a Ferrara
A partire dal 1492 Ferrara raddoppiò la sua estensione e fu al centro di un grande fermento edilizio, artistico e letterario, in cui svettano i nomi di Ludovico Ariosto e Torquato Tasso. La magnifica città cinquecentesca è però anche frutto di quella medievale, testimoniata da Palazzo Schifanoia e dalla Cattedrale di San Giorgio.
D’Annunzio l’aveva collocata tra le città del silenzio, tra quei centri che un tempo, nei secoli XV e XVI, erano stati grandi e luminosi fari del Rinascimento italiano, e che poi, nella modernità, erano decaduti. Aveva scritto di lei, come si può scrivere di una donna, lodandone la sua «deserta bellezza», la sua malinconia che ritorna con la mente alla felicità perduta di un tempo. Aveva lodato anche i conventi della città e i lunghi viali silenziosi «che conducono all’infinito». Ne aveva ricordato anche le nobildonne importanti che l’avevano abitata alludendo ad una in particolare che l’aveva colpito (chissà chi? Eleonora d’Este o Isabella o un’altra ancora). Aveva rammentato un grande genio letterario che in quella città aveva composto un capolavoro della poesia mondiale (nell’«usignuolo / ebro furente» dobbiamo forse riconoscere l’identità di Tasso?).
La città di Ferrara visse la sua età dell’oro dalla fine del XV secolo fino al 1598, quando perse nuovamente la sua autonomia, perché il quinto duca Alfonso II d’Este non lasciò figli legittimi e la città ritornò sotto la sovranità dello Stato pontificio. Quando parliamo della Ferrara del Cinquecento, non intendiamo, in realtà, una semplice città, ma un ducato.
Dal 1492 il duca Ercole I aveva avviato un’intensa attività di pianificazione edilizia, ampliando la città grazie al contributo di grandi artisti: per tanti anni decine e decine di cantieri civili e religiosi resero Ferrara una delle città più moderne del continente. L’architetto Biagio Rossetti coordinò i lavori. Realizzò il Palazzo dei diamanti, residenza di Sigismondo d’Este, fratello del duca Ercole I, posto all’incrocio chiamato «quadrivio degli Angeli», uno degli edifici più celebri di Ferrara, che si stampa nella memoria dei visitatori per il bugnato che ha la forma della pietra preziosa: più di ottomila blocchi di marmo ci ricordano come la civiltà del Rinascimento italiano amasse la bellezza e l’armonia. Dal 1492 al 1505 (anno della morte del duca Ercole I) la città di Ferrara raddoppiò la sua estensione: l’operazione venne chiamata “addizione erculea” (dal nome del duca di Ferrara che la volle). Ad Ercole I successe il figlio Alfonso I.
La città era divenuta centro indiscusso dell’attività letteraria già nei decenni precedenti: Matteo Maria Boiardo (1441-1494) vi si era stabilito e aveva iniziato a stendere il poema Orlando innamorato, rimasto incompiuto per la sua morte.
Alle dipendenze del cardinale Ippolito d’Este, fratello del duca Alfonso I, fu Ludovico Ariosto. Il poeta gli dedicò l’Orlando furioso già nella prima edizione (1516). Quando il cardinale si trasferì a Buda nel 1517, Ariosto non lo seguì. Preferì rimanere nella sua amata città, dove si era legato sentimentalmente con Alessandra Benucci. Nell’area di Contrada del Mirasole Ariosto acquistò nel 1526 una casa da Bartolomeo Cavalieri. Un’epigrafe sulla facciata, preesistente all’acquisto, descrive bene la filosofia di vita del poeta: «Parva, sed apta mihi, sed nulli obnoxia, sed non sordida, parta meo, sed tamen aere domus» ovvero «La casa è piccola, ma adatta a me, pulita, non è gravata da canoni, ma comprata solo con i miei soldi». Ariosto si accontentava di una vita semplice, basata su affetti e passioni, non aspirava a grandi carriere, ma cercava il suo angulus, se vogliamo usare un termine caro al poeta latino Orazio, un luogo protettivo, appartato, dove potesse scrivere, leggere, frequentare amici e affetti cari.
Non è un caso che Ariosto venne soprannominato Ludovicus tranquillitatis, anche se il poeta seppe dimostrare il suo temperamento e la sua determinazione in molte circostanze, come quando gli fu affidato il governo della Garfagnana per alcuni anni dal duca Alfonso I d’Este, sotto la cui protezione Ariosto passò quando si rifiutò di seguire il cardinale in Ungheria.
La visita alla casa di Ariosto è, quindi, una tappa d’obbligo, come del resto lo è la visita del Castello degli Estensi, la cui prima pietra fu posata nel 1385, centro della vita politica, artistica, culturale della città, luogo che Ariosto frequentò fin da subito, proprio per i compiti che svolgeva a corte, sia al servizio del cardinale Ippolito che del duca Alfonso I. Nella città estense Ariosto visse fino alla morte (1533) e lì è ancora oggi sepolto, in una tomba collocata all’interno della Biblioteca Ariostea.
Quarant’anni dopo la morte di Ariosto entrò nella corte degli Estensi un altro gigante del Cinquecento: Torquato Tasso. Gli anni felici alle dipendenze del duca Alfonso II durarono, però, poco. Il poeta venne rinchiuso dapprima in un convento nel 1577 (dopo che accoltellò un servo da cui si sentiva spiato) e, più tardi, nel 1579 nell’ospedale di Sant’Anna (quando andò in escandescenza nel frangente delle nozze del duca Alfonso II con Margherita Gonzaga). La cella nei sotterranei dell’ex-ospedale Sant’Anna di Ferrara è stata ricostruita ed è visitabile. Tasso fu liberato solo dopo sette anni. Continuò le sue peregrinazioni per l’Italia fino a quando morì a Roma nel 1595. Per questo è sepolto nella Chiesa di Sant'Onofrio al Gianicolo. La tomba di Tasso fu il monumento che più commosse Leopardi quando visitò per la prima volta la città.
Tante vie di Ferrara sono dedicate ai duchi, ai letterati, agli artisti che vissero in città tra Quattrocento e Cinquecento. Pensiamo a corso Ercole I d’Este, definita dall’UNESCO come la via più bella del mondo, vero e proprio cuore dell’addizione erculea, che conserva ancora l’aspetto rinascimentale, non essendo stata in alcun modo occupata da negozi. Vi si trova il palazzo di Giulio d’Este, figlio illegittimo del duca Ercole I. Il bel Giulio, grande conquistatore di donne, destò la rivalità amorosa del cardinale Ippolito, che si era innamorato della dama Angela Borgia (senza successo) e che progettò un agguato da cui il fratellastro uscì accecato ad un occhio. Per vendetta Giulio si alleò col fratello Ferrante (secondogenito del duca Ercole I) e tramò una congiura. I due finirono in carcere prima che potessero attuarla: se Ferrante finì la sua vita in prigione, Giulio fu scarcerato a ottantun anni. Nell’Orlando furioso ci lascia memoria di questa triste pagina della storia estense anche Ariosto, la cui statua si erge ora in Piazza Ariostea, un tempo chiamata Piazza Nova (all’interno dell’addizione erculea).
La magnifica Ferrara non è solo frutto del Rinascimento, è l’esito di una storia artistica in cui si possono ancora riconoscere chiaramente i cambiamenti di gusto e, nel contempo, il desiderio costante di realizzare una città bella e a misura d’uomo. Non è nostro intento delineare itinerari di visita che siano comprensivi della ricchezza delle città presentate. Basti l’esempio dello splendore della Ferrara medioevale, documentato da via delle volte, da Palazzo Schifanoia (con i magnifici affreschi dedicati ai mesi), dalla cattedrale di San Giorgio.