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L'EDITORIALE

Ritornare alla normalità per rilanciare la crescita

Non sarà facile, ma è indispensabile. Si tratta di voltare pagina dopo l'approvazione in Parlamento (con il voto di fiducia) della manovra voluta dal Governo. Un voltare pagina che significa tornare un paese normale. Ecco come.

Editoriali 16_09_2011
parlamento

Non sarà facile, ma è indispensabile. Si tratta di voltare pagina dopo le scelte compiute dal Governo nelle ultime settimane e culminate nella “manovra” approvata nei giorni scorsi dal Parlamento con il voto fiducia (cioè senza alcuna discussione di merito). Una manovra, come abbiamo già scritto, elaborata tenendo conto solo degli equilibri politici dei partiti di Governo, fortemente sbilanciata sul fronte delle entrate e quindi con un pericoloso aumento della pressione fiscale, priva di qualunque elemento capace di sostenere quella crescita dell’economia tanto lontana, quanto necessaria.


Ora bisogna comunque guardare in avanti e cercare di rispondere alla crisi internazionale almeno senza aggiungere ulteriori elementi interni che aumentino le difficoltà. E’ vero che l’ultima manovra ha come ambizioso obiettivo il pareggio di bilancio dal 2013, ma è altrettanto vero che le scelte attuate deprimono ancora di più i consumi, non aiutano l’occupazione, frenano la competitività delle imprese, riducono l’efficienza (già scarsa) della pubblica amministrazione, non sostengono le famiglie e i giovani.


Si tratta quindi di rimediare agli effetti negativi e cercare di rilanciare quella fiducia che è l’elemento fondamentale della crescita economica e sociale. Si tratta in pratica di ritornare alla normalità, di cercare di fare dell’Italia un Paese “normale”. Che cosa vuol dire?


Normalità è un Parlamento che fa le leggi e un Governo che le applica. E in un Paese normale le leggi nascono dopo un‘ampia consultazione con gli esperti, le parti sociali interessate, i gruppi politici in modo da rispondere ai reali interessi del Paese. E il Parlamento discute liberamente senza che sia uno scandalo accettare proposte di modifica che vengano dall’opposizione. Nei Paesi normali il voto di fiducia non esiste e sono i Parlamenti a decidere i compiti del Governo e non viceversa.


Normalità è adeguare la legislazione ai cambiamenti economici e sociali. Ci sono settori, come la previdenza, che hanno bisogno di una continua “manutenzione” proprio per garantire che il sistema resti in equilibrio e tenga conto dell’innalzamento della speranza di vita e dei cambiamenti nel mondo del lavoro.


Normalità è non dimenticare le regole basilari dell’economia. Che dicono che se continuano ad aumentare le tasse e si tagliano nello stesso tempo i servizi pubblici un Paese non può che diventare più povero. Che se non si taglia la spesa pubblica improduttiva si tolgono risorse alla più efficiente produzione di beni e servizi e quindi cresce la disoccupazione. Che con i mercati finanziari non si scherza soprattutto se in mano agli investitori esteri ci sono oltre 900 miliardi di euro di titoli pubblici italiani.


Normalità è una classe politica responsabile e capace di ottenere credibilità internazionale. L’esatto contrario di ministri che pagano l’affitto in nero o di presidenti del Consiglio che passano buste rigonfie di contanti a personaggi non certo al di sopra di ogni sospetto. L’Europa è ormai guidata dall’alleanza franco-tedesca tra Nicolas Sarkozy e Angela Merkel, con l’Italia che in passato giocava il ruolo di grande paese fondatore ed ora è considerata tra i paesi poco affidabili e più a rischio.


Normalità è avere una classe dirigente capace di difendere i propri valori e non solo i propri interessi, è avere forze sociali responsabili capaci di condividere le difficoltà e di accettare i cambiamenti, è avere la possibilità di considerare la politica come un’espressione della volontà popolare e non come un potere lontano e talvolta nemico.

Con i cattolici che hanno una responsabilità in più: quella di non fare i portatori d’acqua alla maggioranza o all’opposizione, riconquistando invece la capacità di costruire una società basata sulla famiglia, la partecipazione, la sussidiarietà e combattendo lo statalismo invadente e arrogante che accomuna troppo spesso la destra e la sinistra. E con la capacità di riscoprire che la dottrina sociale della Chiesa ha già dato della risposte chiare: rimettendo al centro la persona, la vera qualità della vita, la solidarietà, i beni reali, il lavoro, il denaro come strumento e non come fine.


Normalità è guardare in avanti senza avere gli occhi rivolti al passato. Avere la capacità di costruire e di cambiare, di abolire i privilegi, di rottamare le corporazioni (certo, cominciando dall’Ordine dei giornalisti), di contrastare la corruzione, di rispettare il valore profondo della legalità e del rispetto delle regole.


Un Paese normale è quello che sa valorizzare e premiare il merito, la capacità, la passione.


Un Paese normale non è l’Italia di questi ultimi anni. Purtroppo sia per il Governo, sia (pur nella diversità dei ruoli) per l’opposizione.