Rita da Cascia: la rosa e la spina, segni della Passione
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Il "prodigio" del Venerdì Santo 1432 e un desiderio, apparentemente assurdo, espresso durante la malattia: due episodi miracolosi che si manifestano nei due simboli che rinviano ai dolori di Cristo e tuttora caratterizzano l'iconografia ritiana.
Le rose, fiori gentili, così come l’animo di santa Rita da Cascia della quale oggi ricorre la memoria liturgica. Santa Rita, una delle figure di santità più belle e importanti della Chiesa.
Una delle sante più acclamate dal popolo dei fedeli: non c’è chiesa, infatti, che non abbia al suo interno una statua della santa di Cascia. E proprio riguardo alla sua iconografia, non può che destare attenzione un particolare: in ogni immagine che vede ritratta la santa umbra sono presenti le rose, sempre; e il suo volto è segnato da una spina sulla fronte. È questa la “fotografia” che tutti abbiamo in mente quando pensiamo a questa “colonna” della fede, a questa forte donna, perseverante nella preghiera e nella carità.
Ma da dove nasce questa immagine? I due segni sono, dunque: uno, la rosa; l’altro, la spina che non ha nulla a che vedere con il celeberrimo fiore – è bene precisare – perché trattasi bensì di una spina della corona di Cristo crocifisso. Iniziamo, allora, questo viaggio nell’iconografia ritiana proprio da quest’ultimo segno, la spina, che nasce da uno degli episodi più conosciuti della sua biografia. Rita, dopo la morte del marito e dei suoi due figli, diviene monaca agostiniana presso il monastero di Santa Maria Maddalena di Cascia, il monastero che poi recherà il suo stesso nome. La giovane religiosa passa ininterrotte ore in preghiera, in contemplazione soprattutto della Passione di Cristo.
Ed è proprio durante il periodo liturgico incentrato sulla Passione di Cristo, il Triduo pasquale, che avviene quello che per tutti rimarrà come “il prodigio della spina”: secondo la tradizione, la sera del 18 aprile 1432, Venerdì Santo, la santa si ritira in preghiera dopo la predica di san Giacomo della Marca, dell’Ordine dei Frati Minori. In questo momento di profonda orazione, desiderando ardentemente di rivivere nella propria carne i segni della Passione, santa Rita riceve un segno della vicinanza di Cristo: una spina della corona del Crocifisso davanti al quale sta pregando si stacca e giunge sulla sua fronte, entrando così nella sua carne.
La piaga prodotta rimarrà da quel momento in poi sul viso, fino alla sua morte, così come è narrato dai testimoni del processo di beatificazione del 1462; così come è stato riscontrato nel suo corpo dopo una delle ultime ricognizioni avvenuta nel 1972 ad opera del dottor Osvaldo Zucchi, che nella sua relazione finale osservava: «Possiamo constatare che si presenta la superficie cranica liscia, eccetto una piccola zona che appare un poco rugosa e precisamente nel lato interno della parte convessa dell'osso frontale. Si nota abbastanza marcato un piccolo tramite lineare lungo venticinque millimetri, largo mezzo millimetro e profondo fino alla volta del cranio».
Ma l’altro avvenimento straordinario che ha reso famosa santa Rita da Cascia e che ancora oggi rivive nella tradizionale benedizione delle rose, immancabile rito nel giorno della sua festa, è quello accaduto al fine della sua vita terrena: è il cosiddetto “prodigio delle rose”. Anche questo evento prodigioso è stato narrato da diverse testimonianze raccolte nel processo per la beatificazione nel 1626. Il famoso episodio risale al 1457: Rita è a letto da diverso tempo a causa di una malattia che la prova profondamente nel corpo ma non certo nello spirito; la santa all’epoca aveva 76 anni. Le forze ormai le mancano, e in quel delicato momento esprime un desiderio: prima di salire al Cielo vuole rivedere sua cugina. Ed è proprio a lei che farà una richiesta particolare: le chiede, infatti, di portarle due fichi e una rosa dall’orto della casa paterna di Roccaporena, località umbra vicino Cascia. A tale richiesta, sul viso della cugina, si dipinge un sentimento di stupore visto che è pieno inverno. Tuttavia la parente l’asseconda pensando che la religiosa stia parlando presa dal delirio della malattia. Ma al Signore tutto è possibile: una volta tornata a casa, nell’orto ricoperto di neve, troverà proprio ciò che la cugina le aveva richiesto.
Ecco una rosa rossa spuntare dal gelido manto di neve; ci sono anche i due fichi, belli, verdeggianti. Stupefatta torna allora a Cascia per portare la rosa e i due fichi a Rita. Da allora, il gentile fiore è diventato il simbolo, per eccellenza, dell’amore intramontabile di Santa Rita che diffonde il suo profumo ovunque.
Il 30 ottobre 1526 la Commissione per la Causa di beatificazione si reca presso l’orticello di Rita a Roccaporena: qui, davanti ad alcuni testimoni, trova l’albero di fico del prodigio. L’Orto del miracolo, così è ormai conosciuto da tutti, è situato in un piccolo spazio di terra fertile colmo di cespugli di rose. Dal 1941 è stata inserita al suo interno una statua in bronzo, opera dello scultore romano Rodolfo Maleci: sono rappresentate le figure della santa gravemente malata con la cugina china su di lei. Entrati in questo piccolo orto, sembra ancora riecheggiare quel suo ultimo desiderio: «Portami una rosa e due fichi dal mio orticello di Roccaporena!».
Ma oltre a questo orticello è possibile trovare un altro segno di questo racconto miracoloso: è il fiorente roseto nel monastero di Cascia dove la santa ha trascorso quarant’anni della sua vita. Questo particolare giardino è stato creato – trapiantando alcune rose dell’orto di Roccaporena – intorno al 1900, in ricordo del miracoloso evento.
«In forma dunque di candida rosa / mi si mostrava la milizia santa / che nel suo sangue Cristo fece sposa»: sono versi del XXXI canto del Paradiso della Divina Commedia. In queste rime dantesche potrebbe ritrovarsi idealmente il senso di quella rosa. Una rosa: il sangue di Cristo e la milizia santa. Una rosa, fiore dai petali rossi, così come rosso è il sangue di Cristo sulla Croce. Una rosa profumata dalla fragranza di santità che ancora oggi emana dolcemente il suo effluvio.