Ripubblicato il capolavoro di Pomilio, il Borges cattolico
Uno studioso viene a sapere dell'esistenza di un Quinto Vangelo. Dedica la sua vita alla ricerca del misterioso libro, per scoprire, alla fine, che è solo un grande errore. E' la trama del romanzo-capolavoro di Mario Pomilio, Il Quinto Evangelio, scritto quarant'anni fa e ora ripubblicato.
Peter Bergin, uno studioso americano, inviato a Colonia al termine della Seconda Guerra Mondiale come ufficiale di collegamento viene alloggiato nella canonica di una chiesa, tra i pochi edifici risparmiati dai bombardamenti. Qui s’imbatte in alcuni scritti che fanno riferimento a un misterioso “quinto vangelo” di cui si è persa traccia. Tornato al proprio lavoro di docente, dedicherà il resto della propria esistenza alla ricerca di questo fantomatico volume, raccogliendo in un dossier tutte le testimonianze rinvenute: lettere risalenti al Medioevo, verbali di processi inquisitori, resoconti rinascimentali, autobiografie settecentesche e saggi scientifici contemporanei, praticamente ogni testo che Bergin e i suoi collaboratori hanno scovato trent’anni di ricerche nelle biblioteche e negli archivi di mezza Europa. Una ricerca che da freddamente storica e documentaria si è trasformata a mano a mano in un’avventura esistenziale, portata avanti anche al di là di ogni concreta speranza di successo.
Quello di cui parliamo non è un saggio, bensì un romanzo dello scrittore abruzzese-napoletano Mario Pomilio (1921-1990), pubblicato esattamente quarant’anni fa da Rusconi e riproposto in una curatissima edizione dalla casa editrice L’Orma (Roma 2015, p. 498), che affianca al testo originale due saggi (di Gabriele Frasca e Wanda Santini) e varie considerazioni dello stesso Pomilio su quello che è considerato il suo capolavoro e che rappresenta il punto di arrivo della sua piena conversione al cattolicesimo.
Alcuni critici hanno paragonato Il quinto evangelio a Finzioni di Borges, sottolineando come lo scrittore nostrano non sfiguri affatto di fronte al suo collega argentino; la raffinatezza nel proporre documenti verosimili, fittizi ma perfettamente ricostruiti, dona al lettore un profondo piacere che lo ripaga pienamente della pressoché totale mancanza di azione. Un romanzo destinato ad un pubblico colto che, essendo incentrato su una tematica religiosa, si scontrò con la freddezza della critica, che non vedeva di buon occhio uno scritto tanto profondamente cattolico.
Infatti, pur essendo Mario Pomilio considerato un cattolico “progressista” (etichetta necessaria per superare, da cattolico, le barriere della critica di sinistra), il suo romanzo rimane perfettamente ortodosso: si apprezza la volontà di effettuare, da parte di una equipe formata da studiosi agnostici, la ricerca di un testo religioso, ma si considera il preteso quinto vangelo come una forzatura, realizzata traducendo – male – i testi degli altri Vangeli. Così scrive l’autore, dando voce a un abate duecentesco: «Noi però abbiamo l’impressione che il libro al quale accenni debba essere piuttosto una specie d’epitome che combina tra loro l’uno e l’altro Evangelista secondo un’intenzione, si direbbe, più terrena. […] Ma ciò che più fa sembrare diverse quelle pagine dipende certamente dal modo usato nel tradurle. Chi l’ha fatto o non è esperto in simil genere di lavori, oppure tende a compierli in modo tendenzioso, o è cioè poco avveduto, o molto prevenuto» (p. 132).
Insomma, al di là dell’elegante gioco letterario, si denuncia come ogni tentativo di scoprire (o meglio di “creare”) un nuovo Vangelo e quindi una nuovo “annunzio” nasconda un errore – commesso in buona o in mala fede, ma pur sempre un errore – di interpretazione.
Perciò Pomilio, prima di precisare, al termine del suo romanzo, che la sua era «un’opera d’invenzione e che le stesse fonti che si menzionano o sono immaginarie (e la più parte sono tali), o sono adottate con la massima libertà» (precisazione forse superflua quarant’anni fa, ma necessaria oggi, dopo le devastazioni di Dan Brown) chiude il suo scritto con una frase che compendia lo spirito del suo libro: «Un uomo andava pellegrino cercando il quinto evangelio. Lo venne a sapere un santo vescovo e, per l’affetto d’averlo veduto vecchio e stanco, gli mandò a dire queste parole: “Procura d’incontrare il Cristo e avrai trovato il quinto evangelio”».