Riforma scuola: nelle critiche laiciste, il rifiuto della storia
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Il disegno di riforma degli studi medi, presentato dal ministro Valditara, è oggetto di critiche ideologiche da parte di chi ha una concezione marxista della storia. E rigetta il contributo del cristianesimo e della storia tout court per comprendere il presente.
L’articolo di Ernesto Galli della Loggia, apparso sul Corriere della Sera di sabato 18 gennaio con il titolo “Il valore della nostra storia”, è stato un intelligente tentativo di rispondere, come coordinatore della commissione che ha preparato alcune linee di riforma degli studi medi della scuola italiana, alle ingiustificate (e perciò solo ideologiche) critiche di tutta una parte della cultura e della politica. Una parte che ha visto, nella proposta, un “attentato” ad una certa egemonia culturale, non inclusiva né dialogante.
È da precisare, innanzitutto, che si tratta solo di un disegno di riforma, presentato dal ministro Giuseppe Valditara al Consiglio dei Ministri, il 14 gennaio scorso. Dunque nulla è ancora deciso e men che meno disposto, ma, ça va sans dire, le reazioni sono state energiche ed immediate, senza nemmeno aver letto il testo ufficiale della proposta.
Tutto il “contendere” non è, come molti hanno indicato, nell’includere lo studio della Bibbia, quale “codice culturale” della nostra attuale società. Pochissimi sanno, infatti, che la cosa è già prevista dalle attuali linee guida per le superiori e che lo studio del libro più venduto (ma meno conosciuto) al mondo è “a discrezione” degli insegnanti, come probabilmente sarà anche nel testo di riforma.
La vera posta in gioco è nella comprensione del presente e nel concetto di Storia che ne deriva. Posto il generale fallimento dell’insegnamento della geo-storia, si tratta di capire se aveva ragione Marx, per il quale il presente si comprende solo a partire dalla “storia recente”, o se piuttosto sia impossibile comprendere il presente, prescindendo dalla storia remota o dalla storia tout-court.
L’argomento acquista poi una rilevanza straordinaria se applicato alla nostra Italia, la cui attualità è assolutamente incomprensibile partendo unicamente dalla storia recente. Le nuove linee guida ci pare riguardino esattamente la scuola italiana! Come comprendere la differenza tra Siracusa e Bolzano, senza nulla sapere della Magna Grecia? Come comprendere il semplice proverbio: “Tutte le strade portano a Roma”, senza distinguere la via Appia dalla via Emilia o la Flaminia dalla Tiburtina?
L’Italia, quella vera, fatta di carne e non di idee, di persone e di comunità, non di individui e di territorio, è incomprensibile senza la propria storia, e senza la Storia remota, che può anche includere i Poemi mitologici di Omero e Virgilio o gli elementi eziologici della Bibbia, che certamente, a prescindere dalla fede, sono decisamente più edificanti e strutturanti la personalità di un video di TikTok!
Oltre alla concezione della storia, nel dibattito, emerge anche quale concetto si abbia di laicità. Una sana laicità afferma che lo Stato non può imporre ai cittadini alcun credo (ovviamente), ma, nel contempo, non può mai affermare che l’elemento religioso, che appartiene alla struttura antropologica dell’uomo, debba essere espulso dalla realtà! Questo sarebbe laicismo aggressivo alla francese, non laicità! L’Italia, nella sua arte, nella sua musica, nella sua conformazione sociale e perfino nei suoi costumi e nella cucina, sarebbe semplicemente incomprensibile senza il cristianesimo! A meno che si vogliano abolire perfino le zeppole di San Giuseppe, perché “troppo confessionali”.
Infine, ma non meno importante, un plauso al progetto di riforma va fatto per la parte riguardante la lettura dei testi e lo studio della grammatica. I primi indispensabili per nutrire la fantasia e la creatività, la seconda indispensabile per risparmiare ai docenti universitari (parlo per esperienza personale!) il calvario di dover correggere l’ortografia nelle tesi di laurea, anche magistrale.
Le riforme non si fanno con le leggi, ma con la cultura; ma anche la cultura può giovarsi di buone riforme, per riacquisire quella dignità, quella efficacia e quel significato che forse troppo spesso ha perduto.
* Sacerdote e teologo, presidente di Logos e Persona