Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
LA NON-EMERGENZA

Rifiuti a Napoli, una storia sporca

Parla l'esperto Franco Ortolani: «Quello dei rifiuti è un sistema ben congegnato per guadagnare milioni
di euro al di fuori delle leggi».

Attualità 28_06_2011
napoli

“A Napoli non c’è nessuna emergenza rifiuti, ma un’operazione ben pianificata per guadagnare parassitariamente denaro pubblico al di fuori di ogni controllo”. A dare questo giudizio netto sul caos dei rifiuti a Napoli è Franco Ortolani, geologo, direttore del Dipartimento di Pianificazione e Scienza del Territorio dell’Università Federico II di Napoli. Il professor Ortolani da anni si interessa alla vicenda rifiuti in qualità di esperto: ha infatti svolto numerose perizie tecniche per la valutazione di impatto ambientale dei siti individuati per le discariche e per gli impianti di lavorazione dei rifiuti.

Professor Ortolani, perché lei dice che non c’è un’emergenza?
Io dico che c’è un interesse a mantenere lo stato di emergenza per poter fare circolare milioni e milioni di euro al di fuori di ogni controllo. E’ un’operazione congegnata in maniera mirabile. Ma bisogna dire con chiarezza che per i rifiuti non possiamo parlare di emergenza.

Si spieghi meglio.
Guardi, tutto l’inghippo comincia con la legge no. 225 del 1992, che istituisce il servizio di Protezione civile nazionale in Italia. E’ a questa legge che si fa sempre riferimento in ogni ordinanza emessa dal 1994, l’anno in cui per la prima volta il presidente del Consiglio Ciampi decretò lo stato d’emergenza per il problema rifiuti a Napoli. In particolare si fa riferimento all’articolo 5, secondo cui in caso di situazioni di emergenza dovute a fatti naturali - alluvioni, terremoti, ecc. - il presidente del Consiglio può fare ricorso alla nomina di un commissario straordinario, a cui può attribuire poteri speciali. Basta determinare il tempo e le leggi a cui derogare. Ma la legge non dice quanto tempo in totale può durare lo stato di emergenza per un singolo evento. Così è da 17 anni che si proroga questo sistema per il problema dei rifiuti, che peraltro non c’entrerebbero niente con la Protezione civile.

Perché no?
Perché per il problema dei rifiuti non si può parlare di stato di emergenza analogamente ad alluvioni e terremoti. L’emergenza di cui si deve occupare la Protezione civile riguarda eventi naturali imprevisti che sovvertono l’ordine di un territorio: ieri la vita scorreva normale, oggi un terremoto ha raso al suolo le case. In questo caso c’è una situazione d'emergenza che si protrae alcuni mesi: il tempo dei soccorsi, il recupero dei feriti, lo spostamento delle macerie, la messa a disposizione di alloggi di fortuna per quanti sono rimasti senzatetto. Finita l’emergenza, inizia poi l’opera di ricostruzione e il ritorno alla normalità del territorio. Per i rifiuti le cose stanno diversamente, non c’è nessun evento improvviso e imprevisto: tu sai strada per strada, mese per mese, qual è la produzione di rifiuti, quindi non puoi trovarti in situazione di emergenza. Tu sai quanti rifiuti avrai e quindi hai bisogno di una organizzazione che preveda come fare, nella raccolta, nella differenziazione, nell’incenerimento, nelle discariche. Parlare di emergenza nel settore dei rifiuti è un assurdo. Se arriviamo a questa emergenza, non è una calamità naturale, ma un fatto voluto: incapacità di governo o dolo, perché si vuole avere la possibilità di intervento con leggi speciali.

E cosa ci si guadagna?
Il problema è che questa legge concede la possibilità di derogare alle normali procedure per la spesa del denaro pubblico, quindi non si deve seguire tutto l’iter che segue un sindaco per fare gli appalti. Si va a procedure molto più spedite, i milioni di euro in ballo sono tantissimi, e quindi si possono fare un sacco di “piaceri”. E’ questo l’aspetto più interessante per chi ruota attorno all’affare rifiuti, perché in tutti questi anni ha consentito la spesa di miliardi di euro al di fuori delle leggi che regolamentano la spesa pubblica. E tutti i presidenti del Consiglio che si sono succeduti dal 1994 ad oggi hanno reiterato continuamente lo stato di emergenza senza mai andare a vedere perché questo problema non si risolve. Siamo davanti a una struttura pubblica deviata, parallela, che fa spendere soldi.

E tutti stanno al gioco? Amministrazioni locali e governi ci sono stati di ogni colore in questi anni.
Certo, non è un problema di schieramenti e partiti. E’ un sistema molto articolato, non ci deve essere opposizione, nessuno deve rompere le scatole, per cui tutti hanno una convenienza. Si nomina un commissario straordinario, il quale però non ha il compito di risolvere il problema, ma dimostrare a fine mandato che c’è ancora un’emergenza (rifiuti in strada, rivolte popolari) così da dover far ricorso alla solita legge sulla Protezione civile. Ma il gioco è comandato dalle lobby e dalle associazioni che sono grossi detentori di capitale, che riescono a comandare  il loro volere di volta in volta ai governi nazionali, poi a cascata fino agli enti locali.

E chi sono questi grossi detentori di capitali?
Basta vedere chi ci ha lavorato e ci ha guadagnato:  Impregilo (società della Fiat) è la prima, ma ci sono dietro anche le maggiori banche italiane. Se legge il libro-inchiesta di Paolo Rabitti, Ecoballe, troverà tutti i nomi coinvolti, il gotha del capitale italiano. Ma non si potrebbe portare avanti questo giochino per 17 anni senza concordare queste azioni con coloro che nell’illegalità vivono.  Così anche la criminalità organizzata ha la sua fetta. Basti pensare a cosa significhi portare i rifiuti fuori regione: un grande guadagno per chi organizza i trasporti, e il 90% è in mano alla malavita.

E le rivolte della gente? Tutto organizzato anche questo?
Per poter di chiarare lo stato d’emergenza hai bisogno che ci siano rivolte, sennò non c’è disordine. E le rivolte puoi ottenerle in due modi: Anzitutto annunciando l’apertura di impianti in siti sbagliati. Esempio tipico è quello di Pianura, dicembre 2007. Nello stesso periodo se ne proposero 6-7 irrealizzabili dal punto di vista tecnico, che ovviamente causarono una rivolta. Anche Terzigno, che è un pugno nello stomaco, area di massima protezione ambientale, per di più parco nazionale e poi il sito non è idoneo dal punto di vista geologico. E così via. E’ stato facile di volta in volta organizzare una opposizione, chi subisce questa scelta sbagliata si ribella. Il secondo modo è prezzolare, pagare bande di criminali che combinano guai e sobillano la popolazione. Ovunque ci sia stata questa ribellione è sempre stata dettata da motivi seri, i siti non idonei. Poi ovviamente in questo ci deve essere per forza la manovalanza della criminalità organizzata: quando c’è movimento si insinuano elementi che possono avere altre mire, altri scopi, aggravare gli scontri, un fatto normale che non riesci più a controllare.

Lei sta dicendo che la proposta di certi siti per le discariche è una “provocazione” consapevole.
Certamente, non può che essere così: ogni volta che c’è un decreto del governo non viene fatta prima una ricognizione del territorio, si indicano dei siti, quando già ci sono relazioni tecniche – alcune le ho fatte anch’io – che dicono chiaramente che questo o quel sito è inadatto. Ma non è il solo esempio che dimostra la volontà di non risolvere il problema. Quando l’ennesimo decreto ha stabilito di provincializzare lo smaltimento dei rifiuti, è stato ovvio che si voleva creare la guerra fra Napoli e le zone interne. L’area di Napoli è infatti inadatta ad avere discariche: l’acqua è superficiale in molte zone, ci sono aree protette. Chiaramente ci vuole una regia regionale se si vuole ottenere dei risultati positivi.

La vittoria di De Magistris a sindaco di Napoli ha cambiato qualcosa?
E’ vero che qualcosa sta cambiando, è stato eletto uno al di fuori dei partiti tradizionali. Almeno ha avuto il merito di prendere una posizione chiara, puntare sulla raccolta differenziata. Ma che ci riesca è un’altra cosa. Gli interlocutori, a livello locale e nazionale sono sempre gli stessi, quelli che da 17 anni dirigono il sistema. Creare difficoltà è facile, perché il problema non è solo la dialettica fra partiti: anche se hanno perso le elezioni, in questi anni sono state piazzate molte persone nei ruoli chiave dell’amministrazione e da qui si può tranquillamente porre ogni ostacolo possibile al cambiamento.