Riecco nonno Capanna, il Corriere corre a fargli le feste
Mario Capanna compie 70 anni ed è già pronto un altro suo libro. Per l'occasione, il Corriere della Sera gli fa una lunga intervista, ricordando gli anni formidabili quando il tipo spadroneghiava in università in attesa della rivoluzione. Oggi super Mario fa il bio agricoltore, ma non ha perso l'antico vizio: raccontare storie.
«Incontro scienziati, tengo convegni, scrivo..»: Mario Capanna tra pochi giorni compirà 70 anni, ma a leggere quel che dichiara al Corriere della Sera pare di risentire quell’impareggiabile: «mi muovo, faccio cose, vedo gente» nell’Ecce Bombo di morettina memoria. Qui siamo invece all’ecce book: il libro Storie di un impegnato, scritto da Romolo Perrotta che ne ricorda imprese, gesta, pensiero dell’eterno rivoluzionario e questo basta e avanza perché il Corrierone, una volta proprietà della sua cara amica Giulia Crespi, gli faccia una super marchetta coi fiocchi. Intervistona in apertura della pagina di cronaca, a metà tra il solito amarcord del “formidabili quegli anni, il chiacchiericcio da bar sport sull’attualità politica con scontatissino regret per una sinistra diventata neoliberista e la scoperta delle dolci gioie della vita bucolica.
Il settantenne Capanna vive in Umbria, in un casolare sulle colline di Città di Castello. Un tempo arruffapopolo di professione oggi felice scrittore, coltivatore diretto e filosofo (la specializzazione è quella) anti ogm. Non ha il telefonino («Fossi matto, ci tengo al mio equilibrio mentale») e come Tonino Di Pietro s’è comprato pure un trattore. Ai giovani che oggi hanno 18 anni, nonno Mario raccomanda: «Diffida del politico che non ha mai tenuto una vanga in mano». Giusto ma ve detto che l’ex sessantottino prima di imbracciare la vanga girava con la spranga e l’autostrada politica l’ha percorsa fino all’ultimo miglio, ben prima di decidersi di andare a zappare. Ma tant’è: che ne sanno i ragazzini del 2015 degli anni Settanta, della contestazione, degli scontri con la polizia, di Yasser Arafat e di Democrazia Prolelaria? Niente, ma è meglio così.
Perché oggi Capanna non è affatto pentito di quel che ha detto e fatto, anzi. Per lui vale la stessa querida presencia, la entreñable transparencia dei reduci della rivoluzione guevarista, marcusiana, leninista e anche un pochino maoista. L’”Impegnato” continua a evocare la lotta e le barricate, come se mezzo secolo non fosse mai passato, a rimpiangere la sue peggiore gioventù quando, sciarpa al collo e giacca a coste di velluto, faceva fuoco e fiamme (quelle delle molotov) alla Statale di Milano. Anni indimenticabili quando la violenza delle Volanti rosse dettava legge nelle università e la sinistra extraparlamentare unita dava la caccia ai ciellini. Si chiamava Movimento Studentesco, in realtà era un’efficiente Ghepeu bravissima a intimidire e processare gli avversari. Il braccio armato era quello dei Katanga, squadre di picchiatori sempre pronti a pestare il fascista, ma pure il sindacalista socialista e lo studente ebreo e cattolico.
Tuttavia, a lui i Settanta continuano a sembrare formidabili, favolosi, miracolosi, nebulosi forse ma inequivocabilmente famosi. I movimenti di massa, giura, torneranno sul palcoscenico della storia. «Il dieci per cento della popolazione detiene l’ottanta per cento delle ricchezze mondiali. Contestare è un dovere, oggi più di ieri». In Italia la situazione è un po’ moscia, «ma in Spagna e in Grecia qualcosa si muove e il contagio arriverà anche qui». Altre speranze, dottore? «Il Papa. Bergoglio su certi temi è molto più avanti della sinistra sedicente tale». Te pareva: mica poteva mancare l’obbligatorio bacio della pantofola a sua Santità.
Già, la politica non esiste più, Renzi è più a destra di Marchionne e, poi, occupare stanca. E allora, scrive l’entusiasta cronista del Corriere mandato a intervistarlo. «riannodando i fili delle storie escono frammenti di storia. O di una controstoria che vale la pena di raccontare». Letterale: chi ha capito è bravo, ma par di intendere che di carriera si tratti. Giacché Super Mario, una volta lasciata la tribù dei Katanga, poi non si è fatto mancare nulla. Dalle aule universitari agli scranni della politica, italiana ed europea (con relativa doppia pensione) fino agli scaffali delle librerie e alle nuove forme di liberazione. Non più del proletariato, ma, come Michelle Obama comanda, degli spinaci bio e della spremuta a freddo dell’olio extra vergine.
Tuttavia le combat capanneo (che allora non era che un début) oggi è una tigre di carta: non quella maoista ma del suo ventesimo (o giù di lì) libro cui il Corriere suona la fanfara e si mette devotamente in ginocchio al pacioso coltivatore che buttata la kefiah oggi produce miele e coltiva olive ogm free per le boutique bio-chic, graditissime dalle sciurette dell’upper class metropolitana e modaiola. O yes. Ma attenzione: pure se ha lasciato la piazza per il campo, il sessantottino sopravvive sempre al contadino: oggi la giusta rivoluzione è quella del cavolo. Insomma, dall’autogestione alla digestione, dalla lotta di masse al cesto di classe, dalla catena di montaggio alla paglia per lo stallaggio. In una parola: basta con il martello avanti con falce e pisello.
Insomma, se una volta nella Capanna di nonno Mario si sloganeggiava che lo Sato borghese si abbatte e non si cambia, oggi nella biofactory umbra ci si accontenta della fattura da scaricare sulla partita Iva. Perché è l’aratro che traccia il solco ma è la penna che lo difende, come diceva quello là. Capanna lo difende come presidente della Fondazione per i diritti genetici, una griffe che conta nel campo agricolo. Potente ma soprattutto furba, tanto che, qualche anno fa, riuscì nella non facile impresa di spillare allo Stato un po’ di milioni, più il comodato d’uso gratuito di un castello a Ladispoli, sede della fondazione. Allora al governo c’era Berlusconi, non esattamente quello che l’agit prop si augurava per l’Italia. Ma tant’è: per l’ex katanga della Statale, il colore dei soldi non ha più importanza. Lo ha scritto lui stesso: «Beneficiamo di contributi sia pubblici sia privati, provenienti dal centrodestra quanto dal centrosinistra». Chapeau, bravo super Mario: settanta e non li dimostra perché il suo gioco è sempre il solito, ma non invecchia mai. Storie di un impegnato? Certo, ma a far che cosa l’hanno capito tutti.