Ricordare il G8 di Genova senza assolvere i Black Bloc
Il G8 di Genova è una delle pagine più nere della nostra storia recente. In occasione del ventesimo anniversario si ricordano, giustamente, le violenze della polizia nella scuola Diaz e nella caserma Bolzaneto. Ma perché non si ricordano le violenze dei black bloc, che le provocarono? La polizia ha pagato tutto, gli antagonisti molto meno.
Le riletture unilaterali di pagine significative della storia di un popolo non fanno altro che ingigantire le responsabilità di qualcuno e minimizzare quelle di altri, creando una evidente disparità di valutazione e falsando l’interpretazione degli eventi.
E’ quanto sta accadendo in queste ore in occasione del ventesimo anniversario del G8 di Genova. La città, nel luglio 2001, fu invasa dal popolo no global, che contestava la riunione e contrastava i propositi dei giganti della terra riuniti nel capoluogo ligure. Negli scontri tra i manifestanti e le forze dell’ordine, nella cornice di una città completamente militarizzata, perse la vita Carlo Giuliani e si registrarono centinaia di feriti. Il carabiniere, in congedo dal 2005, che uccise Carlo Giuliani, uno dei manifestanti, è stato indagato per omicidio e poi prosciolto per legittima difesa e uso legittimo delle armi.
Mentre il vertice internazionale era in corso nella “Fortezza”, la città di Genova fu messa a soqquadro dai black bloc con veri e propri atti di guerriglia urbana. Nella notte ci fu prima l’irruzione delle forze dell’ordine nella scuola Diaz, poi le violenze della caserma di Bolzaneto. Le immagini del G8 di Seattle, messa a ferro e a fuoco due anni prima, rappresentavano un campanello d’allarme per l’ordine pubblico. Infatti il centro cittadino era stato blindato con una recinzione invalicabile, ribattezzata zona rossa, proprio per il fatto di risultare inaccessibile ai manifestanti.
Ma chi erano le 'tute nere', i cosiddetti black bloc, che distrussero vetrine, auto, statue e tanto altro in quei giorni, a Genova? Si trattava di antagonisti provenienti da tutta Europa, non solo dall’Italia. La caccia ai black bloc, responsabili di quelle orrende devastazioni, si scatenò un po’ ovunque. I poliziotti entrarono nella scuola Diaz e, dopo un violento pestaggio, che sarà definito durante il processo che seguì gli eventi "una macelleria messicana" dal vicequestore Michelangelo Fournier, tutte le 93 persone che dormivano all'interno della scuola vennero fermate e la maggior parte trasferite nella caserma di Bolzaneto. Dei 63 feriti, tre vennero ricoverati in prognosi riservata. Per questi fatti saranno condannati in via definitiva dalla Cassazione, con sentenza del 5 luglio 2012, 25 poliziotti. Nessuno degli imputati finirà in carcere per via della prescrizione, mentre alcuni dirigenti avranno la pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici per cinque anni per falso aggravato, dovuta ai diversi tentativi di depistaggio delle indagini, ad esempio con il finto ritrovamento all’interno della scuola di due molotov.
Sulla vicenda della Diaz c’è anche una sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo del 7 aprile 2015, secondo cui quella perpetrata nella scuola fu tortura. Le violenze continuarono nella caserma di Bolzaneto. Qui le persone prelevate dalla scuola Diaz vennero trattenute per uno o due giorni, a seconda dei casi, subendo violenze sia dalle forze di polizia che dal personale medico. Secondo i loro racconti, i detenuti furono umiliati, picchiati, minacciati e privati della possibilità di incontrare i loro legali, oltre ad aver subito altre forme di maltrattamento. Il 26 ottobre 2017 arriverà anche una sentenza della Cedu, che stabilì che anche i fatti di Bolzaneto sono atti di tortura, condannando l’Italia.
Certamente la drammaticità di quei pestaggi commessi dai poliziotti fu sconcertante e i tribunali si sono preoccupati di fare giustizia. Ma in poche ricostruzioni giornalistiche è stato sottolineato un punto cruciale: i black bloc hanno commesso reati, hanno violato leggi, hanno turbato l’ordine pubblico e la sicurezza dei cittadini, hanno provocato danni ingentissimi. Sembra quasi che le deplorevoli e inaccettabili vessazioni inflitte dai poliziotti ai no global abbiano abbuonato ogni responsabilità a chi ha manifestato in modo violento e irresponsabile, mettendo a rischio l’incolumità di centinaia di migliaia di persone. Peraltro ci sono danni oggettivi e quantificabili.
Le “invasioni barbariche” dei contrari al G8, fecero vivere alla città di Genova un vero e proprio martirio e costarono 25 milioni di euro. E chi ha pagato per quello? Solo dieci persone, tutti cittadini italiani, condannati in via definitiva con pene tra i 6 e i 15 anni (in applicazione dell’articolo 419 del codice penale) per devastazione e saccheggio. Peccato che a saccheggiare la città fossero stati almeno 400-500.000 estremisti. Al di là delle aggressioni alle forze dell’ordine con pietre e altri oggetti pericolosi, i manifestanti distrussero distributori di benzina, supermercati, bar, spaccarono vetrine, bancomat, auto private.
E perché fu possibile tutto questo, senza che la popolazione si indignasse e pretendesse un'adeguata condanna morale per i violenti di Genova? Anche per l’ambiguo atteggiamento dei portavoce del Genoa Social Forum, in particolare Vittorio Agnoletto e Luca Casarini, che denunciarono le presunte limitazioni alla libertà di manifestare e quindi un vulnus ai diritti costituzionali, ma senza mai ammettere il carattere assolutamente violento delle condotte dei black bloc.
I temi sono maturi per ristabilire la verità dei fatti e ricostruire correttamente una pagina buia della nostra storia, evitando di rileggerla sempre e solo attraverso le lenti deformanti dell’ideologia.