Richiedenti asilo trasferiti in Rwanda, un caso diplomatico
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In Gran Bretagna la Corte d'Appello rigetta l'iniziativa del governo di trasferire i richiedenti asilo in Rwanda. E il Rwanda se la prende con i giudici per essere stato definito un paese non sicuro.
La Gran Bretagna è determinata a dissuadere gli emigranti privi di documenti dall’intraprendere la traversata del Canale della Manica a bordo di piccole imbarcazioni partendo dalle coste della Francia. Come succede in Italia, in Grecia e in altri Stati, all’arrivo quasi tutti dichiarano di essere profughi in fuga da conflitti e persecuzione e chiedono asilo. Il diritto internazionale impone che la richiesta venga esaminata, che si verifichi se esistono le condizioni per offrire al richiedente lo status giuridico di rifugiato o eventualmente un’altra forma di protezione, anche quando sembra improbabile che possa essere accettata ad esempio perché nel paese di origine del richiedente non sono in corso conflitti e non risulta che il governo o altri soggetti perseguitino minoranze o altri gruppi sociali.
Come in Italia e in tutti paesi europei, la maggior parte delle richieste presentate in Gran Bretagna si rivelano infondate, circa l’80% nel 2022. Si tratta di persone che usano la richiesta di asilo come espediente per non essere respinte, consapevoli che non può essere ignorata. Nel 2022 le autorità britanniche hanno ricevuto quasi 75mila richieste di asilo, il numero più alto dal 2002. Anche gli sbarchi su piccole imbarcazioni viaggiando attraverso la Manica hanno raggiunto la cifra record di 45.756.
Perciò, allarmato ed esasperato, nel 2022 il governo britannico ha messo a punto un piano per fermare l’immigrazione illegale, elaborato durante il mandato del primo ministro Boris Johnson e in seguito pienamente recepito dall’attuale esecutivo guidato da Rishi Sunak. Il piano prevede tra l’altro che una parte dei richiedenti asilo siano trasferiti in un paese terzo e la scelta è caduta sul Rwanda. In base a un accordo stipulato con il governo del paese africano nell’aprile del 2022, è là che le loro richieste saranno esaminate. Nell’attesa, è previsto che i richiedenti asilo siano ospitati in strutture adeguate, liberi di uscirne e rientrarvi (non si tratterà quindi di campi profughi chiusi). I richiedenti che otterranno asilo riceveranno per cinque anni dal governo britannico aiuti economici e altre forme di sostegno affinché possano integrarsi nella vita economica e sociale del paese. Quelli le cui richieste saranno respinte potranno presentare domanda di rimanere in Rwanda ad altro titolo oppure saranno trasferiti nei rispettivi paesi di origine o in altri stati in cui abbiano diritto di risiedere.
Fin da subito il progetto è stato contestato da decine di organizzazioni non governative e associazioni che lo hanno definito “vergognosamente crudele”, condannato come contrario ai valori cristiani dall’arcivescovo di Canterbury, Justin Welby, e da altre autorità religiose, bocciato da Filippo Grandi, l’Alto commissario Onu per i rifugiati, secondo cui “esternalizzare o fare gestire ad altri paesi gli obblighi relativi all’asilo e alla protezione internazionale” equivale a eludere le responsabilità e violare la Convenzione di Ginevra sui rifugiati. L’iniziativa britannica – aveva detto – può costituire un precedente catastrofico perché altri governi potrebbero seguirne l’esempio.
La Corte europea per i diritti umani, all’annuncio del trasferimento di un primo gruppo di persone nel giugno del 2022, è intervenuta a impedirne la partenza denunciando il rischio che subissero violenza una volta consegnati al paese africano. Altri ostacoli legali sono intervenuti successivamente e finora nessuno è stato ancora trasferito. Il governo britannico tuttavia è irremovibile. Non intende rinunciare al piano, men che meno di fronte all’obiezione che la riallocazione di ogni richiedente asilo costerebbe troppo (circa 169mila sterline, mentre ospitarlo in Gran Bretagna ne costerebbe in media 106mila), perché quel che conta – replica – è l’effetto deterrente di quella che gli avversari del governo scandalizzati chiamano “deportazione di poveri disperati”.
D’altra parte anche chi più ostinatamente si oppone e protesta sa che in realtà il piano della Gran Bretagna non comporta di per sé nulla di “catastrofico” e tanto meno viola il diritto internazionale. La Convenzione di Ginevra vieta di espellere o respingere “un rifugiato verso i confini di territori in cui la sua vita o la sua libertà sarebbero minacciate a motivo della sua razza, della sua religione, della sua cittadinanza, della sua appartenenza a un gruppo sociale o delle sue opinioni politiche”.
Ma il 29 giugno è stata giocata una importante carta in favore degli emigranti illegali. I giudici della Corte d’appello inglese chiamati a pronunciarsi sull’iniziativa governativa, basandosi su documenti e prove addotti dall’Alto commissariato Onu per i rifugiati (Unhcr), pur ammettendo in linea di massima la legittimità di trasferire dei richiedenti asilo in un paese terzo, hanno decretato che il governo ha infranto la legge per aver dichiarato il Rwanda un paese sicuro, mentre non lo è sia per la sua situazione attuale sia perché c’è fondato motivo di temere che possa rimandare nei paesi di origine i richiedenti asilo. Il governo intende presentare ricorso contro la sentenza che intanto però sta diventando un caso diplomatico. Il governo del Rwanda infatti ha già protestato per il giudizio negativo espresso dall’Unhcr, sottoscritto inoltre dal Commissario Onu per i diritti umani Volker Turk. Il portavoce del governo rwandese Yvonne Makolo ha replicato dicendo che del suo paese sono state date informazioni distorte, false e incomplete e ha ricordato che il Rwanda ha sottoscritto la Convenzione di Ginevra, ospita già 140mila rifugiati e dal 2019 collabora con l’Unhcr per l’evacuazione di emigranti in pericolo in Libia. “Il Rwanda – ha dichiarato – è uno dei paesi più sicuri al mondo ed è stato apprezzato dall’Unhcr e da altri organismi internazionali per il modo esemplare in cui tratta i rifugiati”.
In effetti il giudizio critico dell’Unhcr nei confronti del Rwanda è davvero inaspettato. L’Alto Commissario Grandi non perde mai occasione di portare i paesi africani a esempio di accoglienza, poveri eppure generosi con i rifugiati, evidenziando per contro l’egoismo dei paesi ricchi.