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DOPO IL CASO COLOSSEO

Ricetta anti-sciopero: più turisti, più soldi in busta paga

La questione del Colosseo chiuso ai turisti in mondovisione venerdì 18 settembre è un’ennesima dimostrazione del triste teatrino della politica e dei sndacati in balia del gradimento. E allora ecco una proposta per evitare scioperi e assemblee selvagge: pagare i lavoratori del settore in percentuale sui biglietti venduti. 

Politica 22_09_2015
Colosseo chiuso, figuraccia mondiale

Non poteva che finire così, la democrazia di massa. A governare ci vanno personaggi bravi solo alla scalata; poi, una volta in cima, navigano a vista. Infatti, non si può saper fare l’uno e l’altro. Ogni tanto la storia, sì, sforna un Napoleone, ma si tratta di casi eccezionali. La regola ormai è un’altra: politici interessati solo a restare, costretti ad arraffare il voto e l’audience del momento, incapaci di (o insensibili alla) strategia e obbligati a cavalcare l’attimo fuggente. Oggi ci sono, domani chissà: uno che ragiona così, come volete che abbia una visione ampia e lungimirante? 

Si racconta che una volta Nikita Khruscev, nel ricevere una delegazione italiana di politici e grandi industriali, se ne uscì nel suo solito modo ruvido da contadino ucraino (celebre la scena in cui, all’Onu, si toglie una scarpa e la sbatte sul suo scranno), snobbando i primi («questi pagliacci non mi interessano», pare abbia detto) e incontrando solo i secondi. Sapeva, infatti, che in capo a qualche mese quei politici sarebbe stati sostituiti, mentre gli Agnelli sarebbero rimasti. La questione del Colosseo chiuso ai turisti in mondovisione venerdì 18 settembre è una ennesima dimostrazione del triste teatrino della politica in balia del gradimento. La velocità con cui musei e monumenti sono stati dichiarati servizio pubblico essenziale fa capire che si legifera sull’onda emotiva del momento. Non è una novità, certo: è così che ci siamo vietati il nucleare, tanto per dirne una. E si legifera in base a logiche di fazione: per un muro crollato a Pompei il predecessore berlusconiano dell’attuale ministro “culturale” dovette dimettersi. Per il resto, fumo negli occhi del popolo. 

Ciò che è stato regolato d’urgenza, includendo musei e monumenti, è la precettazione in caso di sciopero, mica le assemblee sindacali. E ciò che ha chiuso il Colosseo venerdì era appunto un’assemblea, mica uno sciopero. Tra l’altro, lo sciopero decurta il salario di chi sciopera, l’assemblea no. Da qui il proliferare di assemblee, ma anche di scioperi “bianchi” e di malattie di massa. Non solo ma, nel caso del Colosseo, magicamente gli arretrati ai dipendenti delle Soprintendenze sono stati sbloccati in concomitanza col decreto. Un colpo al cerchio… Infatti, qualcuno in Cgil se n’è accorto e ha osservato che alla fin fine l’agitazione è stata utile. D’altra parte, l’ingombranza dei sindacati in questo Paese è ancora intoccabile, tanto che una loro regolamentazione, pur prevista dalla Costituzione, non è mai stata fattibile. I sindacati? No, solo uno, anche se, da quando la potenza del suo referente politico è calata, pure la sua non è che stia tanto meglio. 

Ma torniamo all’espediente (perché questo è) di dichiarare “essenziale” il servizio ai beni cultural-turistici. É vero che il nostro Paese campa (anche) di turismo, ma di ”essenziale” c’è molto altro. I trasporti, per esempio. Nella sola Milano, un pugno di lavoratori della metro decide il destino di oltre un milione di persone. E non c’è solo il trasporto urbano, naturalmente. I trasporti, tra l’altro, incidono per definizione sul turismo, se proprio si vuol restare nell’ambito del “petrolio” italiano. L’elenco delle minoranze che possono mettere in ginocchio il Paese quando vogliono è lungo e va dai benzinai fino a quelli che decidono di manifestare in corteo in autostrada. Tuttavia, la distinzione vera è tra i lavoratori del settore privato e quelli il cui utente è il pubblico. Se gli operai bloccano la loro azienda, è il padrone a rimetterci. Se sono gli spazzini (pardon, operatori ecologici) a incrociare le braccia chi ne paga il fio è il contribuente. E due volte. Ma il problema è la mentalità statalista, continuamente propagandata da color che ci marciano: pubblico è bello & buono, privato è cattivo perché egoista. 

Questo giro mentale ci è talmente entrato in testa da aver convinto anche i preti a votare no al referendum sulla cosiddetta privatizzazione dell’acqua. Salvo, poi, far presente che “pubblico” non coincide con “statale” quando si tratta di scuole, e che è tutto da dimostrare che la politica sia solo altruismo & disinteresse. Per tornare al Colosseo (ma anche a Pompei, ai siti archeologici, ai musei etc.), la soluzione sarebbe semplicissima e non richiederebbe né Jobs Acts né inchini al sindacalismo: pagare i lavoratori del settore in percentuale sui biglietti venduti. So di quel che parlo, perché è così che mi guadagno da vivere io. E non ho mai sofferto la fame.